LIPSIA – Caro direttore,
di recente sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung (Faz) un articolo di Lena Schipper sulla scienza politica nelle università tedesche portava all’attenzione un problema che dovrebbe essere, secondo me, oggetto di indagine anche nel mondo della scuola.

C’è una tendenza utilitaristica nel mondo universitario (in modo particolare nell’università di Mannheim per quanto riguarda la scienza politica, mentre in quella di Francoforte sul Meno si tenta una vita di mediazione), che consiste nel presentare come significativi i risultati di uno studio solamente se questi sono basati su “modelli matematici”, e anche classici della scienza politica vengono considerati come obsoleti se non sono suscettibili di essere orientati verso questa prospettica quantitativa. Domande riguardanti questioni qualitative, come per esempio la questione della giustizia, vengono considerate piuttosto come inutili – cosa che però contraddice il desiderio degli studenti, secondo Lena Schipper, i quali trovano (ancora) questo tipo di domande molto importanti.



Nel mondo della scuola, in modo particolare nei licei, si ha la responsabilità di preparare gli studenti al mondo universitario. Significa questo che il mondo della scuola debba orientarsi anch’esso, a sua volta, verso questa prospettiva per cui il sapere è utile solamente se è immediatamente usabile, perché diagnosi senza terapia sarebbero inutili? Secondo questa idea di sapere le terapie stesse, in un mondo come il nostro, sarebbero solamente chiacchiere inutili se non fossero anc’esse basate su un metodo quantitativo verificabile.



Nella scuola in cui lavoro da ormai undici anni nella Sassonia-Anhalt (la scuola di san Cristoforo, liceo riconosciuto dallo Stato, in Droyssig) cerchiamo di fare un lavoro di mediazione tra l’esigenza utilitaristica, per esempio offrendo da una parte, come unica scuola nella nostra regione, un corso di economia bilingue (tedesco e inglese) e permettendo ai nostri scolari eccellenti di partecipare ai primi esami di economia dell’università già durante gli ultimi anni del liceo (il nostro liceo fa parte di un numero ristretto di licei, Prime Gymnasien, che in accordo con la Martin Luther Universität in Halle offre questa possibilità ai ragazzi eccellenti). Dall’altra parte, cercando di prendere sul serio l’intuizione del pastore protestante Arnold Dannenmann, che nel 1947 aveva fondato il villaggio cristiano della gioventù (CJD), di cui fa parte la nostra scuola, per offrire ai giovani lavoratori e studenti un luogo di esperienza e formazione cristiana vera. 



L’ipotesi di lavoro della nostra scuola è che anche valori come la solidarietà non si possono sostenere senza una solida educazione politica, economica e sociale che tenga conto del livello quantitativo, ma che senza un rafforzamento del profilo cristiano della scuola, senza un’attenzione specifica al fenomeno variegato degli studenti eccellenti, che a volte lo sono solo nella teoria ma non nella capacità di vivere le loro doti nel sistema della scuola tedesca, senza la filosofia come educazione a porre domande di senso, etc. avremo educato un ragazzo che forse saprà codificare tutti i possibili “modelli matematici” del mondo, ma che non savrà una reale cognizione di cosa sia un sistema politico ed economico giusto e non sarà in grado di porsi la domanda sul tipo di società in cui vogliamo vivere.

Sapere valutare, per fare un esempio attuale, quanti africani vogliono raggiungere l’Europa è certamente necessario per formare una politica realistica di asilo e di accoglienza di non europei in Europa, ma senza una risposta alla domanda “qualitativa” di cosa sia una “vergogna” o meno per l’uomo (questa è la parola usata da papa Francesco per ciò che è accaduto a Lampedusa) non avremmo nel futuro uomini in grado di affrontare la complessità del nostro mondo globale tenendo conto della realtà nella sua interezza.

Più precisamente, per rimandare ad un articolo importante del filosofo francese Rémi Brague sul fallimento dell’ateismo con la sua visione solo quantitativa e materiale e sulla necessità della religione, questa incapacità non consiste nel fatto che l’uomo non sappia comprendere come funzioni la società o la natura, ma che una volta che tutto sia spiegato con modelli matematici, rimane aperta la domanda se abbia un senso vivere in questo mondo quantitativamente spiegato (Cfr. Unsere neue Problemlage: Das Scheitern des Atheismus und die Notwendigkeit der Religion, Communio ed. tedesca, 2012, 279).

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