“Un’occasione perduta”: così Ezio Delfino, neo presidente di Disal (Dirigenti scuole autonome e libere) definisce il decreto Carrozza, ora convertito in legge. Molte le obiezioni dell’associazione, sia all’impianto di fondo, sia a singoli aspetti del decreto. Ilsussidiario.net ha fatto con Delfino un bilancio a tutto campo della nuova legge.
Dopo una lunga gestazione il decreto Carrozza ora è legge. Eppure, c’è chi ha lamentato che l’approvazione sia avvenuta con modalità che non hanno incoraggiato una serie di modifiche ritenute necessarie. Che ne pensa?
Apprezziamo la scelta di riprendere ad investire sull’istruzione, bene cruciale per lo sviluppo della nazione, anche se gli investimenti previsti sono proiettati principalmente agli anni scolastici futuri, se non addirittura al momento senza stanziamenti certi. Il dibattito alla Camera ed al Senato sul testo di conversione in legge del Dl 104/13 aveva suscitato nuove attese e lasciato intravedere “nobili intenzioni”. Il testo approvato in via definitiva, invece, non realizza le attese soluzioni concrete alle molteplici esigenze della scuola italiana, mantenendo in buona parte scelte del decreto originario che non hanno recepito, se non in minima parte le proposte innovative e semplificative proposte da molte associazioni professionali e dal mondo della scuola.
C’è chi, fin dall’inizio, ha rilevato come l’impianto complessivo del decreto fosse “sbilanciato” e lacunoso: si prescinde del tutto dalla legge 62/2000; la formazione tecnica e professionale sarebbero assenti. Si è ovviato a questi inconvenienti?
Il finanziamento del Wireless ed il divieto di fumo nelle aree di pertinenza sono le uniche attenzioni che il decreto riserva alle scuole non statali. Questo dimostra che tutto il testo è ispirato ad una logica che guarda solo alla scuola statale, dimenticando che la legge 62 ha introdotto in Italia, nel 2000, un sistema nazionale di istruzione di cui fan parte in pari dignità la scuola statale e quella non statale paritaria. Questo è grave pensando alla responsabilità dei parlamentari che lo hanno discusso e votato.
Questo per quanto riguarda la parità. E per la formazione tecnica e professionale?
È un’altra cenerentola del decreto. Sul piano della formazione tecnica e professionale, l’unica novità è l’imposizione nel biennio di un’ora di “geografia generale ed economica” con il risultato di un incremento orario e di una materia teorica in più da studiare, proprio in indirizzi in cui sarebbe stato necessario potenziare, anche con finanziamenti diretti alle scuole, modelli di sperimentazione laboratoriale, di stages, di percorsi alternanza e lavoro, certamente più motivanti e decisivi per gli studenti degli istituti tecnico-professionali.
Eppure, si investono ben 450 milioni e si assume nuovo personale scolastico: 16mila Ata, 42mila docenti curricolari, 27mila docenti di sostegno. Che ne pensa?
Proseguire nella linea della stabilizzazione dei docenti, degli insegnanti di sostegno e del personale non docente è sicuramente utile a migliorare il funzionamento delle scuole. Gli investimenti economici restano tuttavia a beneficio di un aumento di personale senza finalizzarlo a chiare scelte di qualità formativa, se si eccettua l’aumento dei docenti di sostegno.
Cosa dice della parte relativa alle nuove modalità di reclutamento dei dirigenti scolastici?
Si torna al centralismo statale, forse anche grazie al fallimento dell’ultimo concorso decentrato regionale, in molti casi mal organizzato e mal gestito. Sarà, infatti, un corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola nazionale dell’amministrazione a decidere chi diventerà dirigente, legando così la professione, inevitabilmente, ad una immagine di funzionario burocratico-amministrativo statale.
E il problema delle scuole in reggenza?
La legge sull’istruzione non prevede alcuna modalità immediata di assegnazione delle centinaia di scuole (che restano quindi affidate a mezzo tempo a presidi reggenti su due scuole) a dirigenti scolastici titolari, magari utilizzando quali presidi incaricati i docenti risultati idonei nell’ultimo concorso. Gli esoneri ai docenti vicari di cui all’art. 17, se premiano richieste sindacali, non risolvono il diritto di tutte le scuole ad una direzione stabile, rischiando di allontanare sempre più la professione del preside dal compito di direzione educativa dell’istituzione scolastica autonoma. Positiva è, invece, l’autorizzazione prevista per la assunzione, a decorrere dall’anno 2014, dei vincitori della procedura concorsuale a 145 posti di dirigente tecnico.
Una pagina discussa e controversa è quella della formazione obbligatoria dei docenti. Cosa ne pensa dell’impianto dell’articolo 16 e delle sue articolazioni?
Un articolo, peraltro immediatamente finanziato con 10 milioni di euro, dedicato alla formazione dei docenti (della sola scuola statale) indica un’attenzione da parte del mondo politico che non può che essere accolta con favore. L’obbligatorietà dell’aggiornamento per i docenti, ritenuta per molti versi necessaria, contrasta, però, con l’attuale contratto di lavoro del comparto scuola, che non prevede alcun obbligo. Al di là della questione, tuttavia, l’art.16 intercetta l’esigenza avvertita dai dirigenti scolastici e da molti docenti di investire in formazione ed i settori indicati dal decreto (nuovi modelli di apprendimento, organizzazione del sistema, processi di integrazione, competenze per percorsi scuola-lavoro e di innovazione tecnologica…) paiono tra quelli necessari per una riqualificazione del personale scolastico. Quello che è da auspicare è che i finanziamenti previsti siano dati direttamente alle scuole e a reti di scuole e non esclusivamente gestiti dagli Uffici scolastici e siano valorizzate, nei fatti, le associazioni professionali e culturali per la progettazione di percorsi di formazione dei docenti, anche promuovendo la circolazione delle numerose buone pratiche e modelli di formazione in atto nelle scuole.
Cosa pensa del fatto che le azioni per favorire l’alternanza scuola-lavoro trovino posto solo in questo punto del dispositivo?
Disal chiese l’inserimento di misure relative al tema del rapporto scuola-lavoro, assenti nel testo originario di conversione in legge. Il testo attuale si limita invece in tema di scuola-lavoro a preoccupazioni formali, accennando in proposito alla emanazione di un Regolamento “dei diritti e doveri degli studenti dell’ultimo biennio”, senza affrontare i nodi reali del tema come ad esempio le modalità di avvio dell’apprendistato in obbligo, l’aumento delle ore di tirocinio curricolare, gli obblighi delle imprese, gli incentivi alle stesse.
La dispersione scolastica è un altro problema grave. Le sembra adeguatamente affrontato nella nuova legge?
La legge individua nell’apertura pomeridiana della scuole (“prolungamento dell’orario scolastico per gruppi di studenti”, articolo 7) la via per contrastare la dispersione scolastica con l’auspicio che esse diventino “luoghi di coesione sociale”. Si sa, tuttavia, che spesso è proprio la scuola stessa “causa” di questo disagio; la soluzione potrebbe essere quella, prevista dalla legge, di incentivare i docenti in azioni curricolari che introducano elementi di novità metodologica, didattica, di impostazione organizzativa pagandoli con il Fondo dell’istituzione scolastica (Fis): la proposta diventa, però, pressoché impraticabile stante le sempre più esigue risorse del Fis per la copertura delle attività aggiuntive dei docenti.
E per quanto riguarda le collaborazioni da parte delle scuole con associazioni, fondazioni, cooperative di educatori e figure professionali ecc. previste?
Vanno accolte positivamente, perché capaci di riavvicinare i ragazzi ad una scuola che spesso sentono estranea. L’ importante è che il tutto non si riduca ad un semplice ampliamento dell’offerta formativa, ma corrisponda ad un modello educativo autonomamente impostato dalla singola scuola. E poi, a proposito di impegni di spesa, gli stanziamenti pluriennali individuati nell’articolato vanno confermati annualmente dalla legge di stabilità prima di poter essere effettivamente impegnati: perciò, per ora, potranno essere assegnate per la dispersione scolastica soltanto le cifre riguardanti il 2013, che, rapportate al numero di istituzioni scolastiche, arrivano ad una media di circa 200 euro a istituto…
L’orientamento le sembra adeguatamente affrontato nella nuova legge?
Valgono le osservazioni fatte per la dispersione scolastica: sono previste iniziative orientative da realizzarsi da parte dei docenti (sempre, però, a carico del già misero Fis!) o collaborazioni con enti ed associazioni esterne alle scuole “nell’ambito degli stanziamenti di bilancio ordinariamente disponibili o con proprie risorse” − quindi a carico delle scuole o delle associazioni medesime! La legge prevede, tuttavia, per il 2013 un investimento di 1,6 euro quale contributo per programmazione e realizzazione di attività orientative per alunni delle scuole secondarie di I e II grado: staremo a vedere come e quando queste risorse arriveranno alle singole scuole.
Si è osservato che la legge richiederà ben 32 decreti attuativi. Questo cosa significa?
Per diventare operativo a tutti gli effetti, il decreto legge 104 dovrà essere tradotto in provvedimenti amministrativi di vario genere − decreti, direttive e così via −. C’è spazio per annacquare il poco che già è contenuto nel decreto stesso. Speriamo che l’elefante non produca… dei topolini.
Mimmo Pantaleo (Cgil) ha dichiarato che “il decreto è insufficiente in termini di risorse impiegate”. I soldi però non ci sono, si sa. Qui si torna all’impianto del decreto. C’erano strade più economiche e alternative?
Il decreto avvia, almeno nelle intenzioni, una fase di investimenti sulla scuola e non più di tagli; l’impianto ne evidenzia però, ancora, anche nel fraseggio, una ispirazione statalista e centralistica fatta di regolamenti, direttive, linee guida, specifiche, modalità di attuazione dimenticando che le scuole hanno da molti anni autonomia di indirizzo, didattica, organizzativa e di spesa. Era l’occasione per promulgare un articolato più breve, con le linee di indirizzo, i campi di azione, poche procedure e la previsione di finanziamenti da assegnare direttamente alle autonomie scolastiche, secondo un vero principio sussidiario e di “fiducia” tra le parti. È di questa fiducia che c’è bisogno oggi. Il mondo della scuola la merita e la chiede. Ancora una volta è un’occasione perduta.