Quando ho letto i dati Ocse che collocavano l’Italia all’ultimo posto tra i 23 paesi della classifica delle competenze alfabetiche, ho pensato che il sentimento di impoverimento che percepivo nella mia esperienza quotidiana di genitore e di sorella di un’insegnante era purtroppo una realtà tangibile. 



Sentire i racconti sulla scuola italiana di oggi è infatti un calvario senza fine. Continue rotazioni di insegnanti. Instabilità permanente del corpo docente con impatto diretto sulla continuità didattica. Inadeguatezza di personale e di metodi di insegnamento. Difficoltà oggettive e pratiche. Nelle scuole manca di tutto. Dalla carta igienica ai fondi per pagare i corsi di educazione fisica. In questo scenario, spesso apocalittico, le famiglie sono chiamate sempre più spesso ad intervenire direttamente, assicurando al plesso scolastico tutto quello che l’istituzione non può assicurare: fondi, computer, sapone per lavarsi le mani e via dicendo.



E allora perché stupirsi se siamo undici punti sotto la media Ocse per le competenze alfabetiche primarie, cinque punti sotto le competenze matematiche secondarie e sedici (sic!) per entrambe le voci per quanto riguarda i laureati? Inoltre, sempre secondo lo studio, soltanto il 30 percento della popolazione italiana possiede livelli di conoscenza che sono considerati il minimo per vivere e lavorare nel XXI secolo. Siamo distanti anni luce dal Giappone che guida la classifica, ma lontani anche da Estonia, Slovacchia e Cipro. Solo la Spagna è messa nelle nostre critiche condizioni, ma comunque ci precede. 



Negli stessi giorni in cui, con grande rammarico, leggevo questi dati, per una delle casualità che fanno parte della vita, passavo le serate fino alle due di notte a vedere i dvd delle Palladium Lectures, un ciclo di quattro incontri organizzati all’inizio del 2013 al teatro Palladium alla Garbatella di Roma da Alessandro Baricco. Quattro lezioni strepitose su argomenti diversissimi tra loro: Kate Moss sul gusto; Tucidide sulla giustizia; Luigi XVI sul tempo e Marcel Proust sulla scrittura. Era così elevato il coinvolgimento che spesso mi dimenticavo dello scorrere del tempo. E, guardando i volti dei presenti in sala, circa cinquecento persone a serata, capivo che il mio sentimento era stato il loro quando avevano presenziato, dal vivo, all’evento.

Quello cioè di lasciarsi affascinare da Tucidide che parla di ateniesi e spartani e che discetta di giustizia. Che bello immaginare una classe di studenti che si perdono nel racconto e che non vogliono più andare a casa nella speranza che il professore si fermi con loro fino alla fine. Per capire. Per imparare. Per emozionarsi. Ma come fare a trasportare questa realtà sui grandi numeri? 

Sono mancate le idee − racconta Alessandro Baricco nel libro che accompagna il dvd − perché sia da destra che da sinistra sono sempre mancate idee innovative sulla scuola. Lì bisogna mettersi con tanta pazienza e rifare tutto da capo; ma devo anche dire che probabilmente in sei mesi, mettendo insieme venti persone… due mesi passati ad ascoltare consulenti che possono venire anche dall’estero e quattro mesi a lavorare, in sei mesi tu rivolti la scuola italiana. Be’, magari lasci perdere le elementari, ma rivolti medie e superiori. E noi è lì che siamo in sofferenza. Soprattutto le medie. Che poi è il momento fondamentale per i ragazzi di oggi. C’è un buco nero“.

Un buco nero che richiede investimenti, una solida strategia, la volontà di vincere resistenze corporative e sindacali e un cambiamento di atteggiamento nei confronti dei docenti che vanno scelti finalmente con criteri meritocratici e di attitudine all’insegnamento e soprattutto retribuiti meglio. Ma probabilmente, seguendo le riflessioni di Baricco, andrebbe rivisto l’intero percorso formativo: “invece di pensare al sapere come a una sequenza lineare di step da percorrere tutti alla stessa velocità, si dovrebbe pensare al sapere come una mappa che i ragazzi esplorano ognuno partendo da dove vuole e facendo il percorso alla velocità che sceglie“. 

Sarebbe anche ora che la tecnologia entrasse in modo significativo nel progetto educativo e didattico. Perché non immaginare una scuola dove la lezione i ragazzi la seguono da casa, al computer, e poi i compiti li fanno in classe con i professori. “Allora, fra vent’anni − conclude Baricco − se mai riusciremo a fare tutto questo, qualcuno rivedrà le Palladium Lectures e sarà come vedere i primi modelli di automobile del 1903. C’è tutto: il volante, le ruote… se invece le cose andranno avanti così, le Palladium Lectures e Totem continueranno ad essere visti come delle cose pazzesche, fenomeni ingiustificabili“. 

Sogno di sedermi una sera d’inverno tra vent’anni accanto ai miei figli per fargli vedere il dvd di Baricco e di sentirmi dire: “Ma, mamma! Queste erano proprio cose dei tuoi tempi!”. Forse anche la classifica Ocse sarebbe meno severa. In fondo, forse, basterebbero sei mesi per cambiare le cose. Perché non provarci?