È tempo di spending review al Miur, e in fretta, pena l’impossibilità a procedere ad assunzioni nel 2014. Lunedì scorso è stata presentata una bozza di riorganizzazione del ministero ai sindacati, al fine di ridurre il numero di direzioni generali. 

La proposta di riorganizzazione ha avuto una certa eco, scomodando anche due ex ministri di viale Trastevere, a causa della ventilata soppressione della direzione generale per l’Istruzione tecnica e professionale. I detrattori della proposta denunciano la totale contraddizione di questa scelta organizzativa con le intenzioni di rilancio del raccordo con il mondo del lavoro, dichiarato a più riprese una priorità politica di questo Governo, vedasi il Piano Youth Guarantee e (alcune) norme contenute nel decreto legge “l’istruzione riparte”, recentemente convertito in legge.



Cerchiamo di capire meglio i termini del problema. Su un aspetto i detrattori della proposta hanno certamente ragione. La riorganizzazione di un ministero non può essere considerata un mero atto amministrativo; essa implica e sottende una precisa visione del ruolo che lo Stato deve svolgere nel settore. Sarebbe (è) perciò un’occasione importante, anche se tutto origina dalla spending review e anche se siamo di fronte ad un provvedimento un po’ inflazionato, essendo la quarta (!) riorganizzazione in 10 anni. 



La riorganizzazione del Miur andrebbe disegnata applicando il principio costituzionale della sussidiarietà (verticale e orizzontale), il che significherebbe partire dalla rassegna di quanto fanno già oggi (e cosa sarebbero in grado di fare domani) tutti gli altri soggetti presenti nel campo dell’istruzione. Dal punto di vista della sussidiarietà orizzontale, si dovrebbero considerare le attività svolte dalle istituzioni scolastiche statali autonome, dalle scuole paritarie e dalle strutture formative accreditate dalle Regioni per l’Istruzione e formazione professionale (IeFP). 



Dal punto di vista della sussidiarietà verticale, invece, andrebbero considerate le Regioni (programmazione dell’offerta formativa, calendario scolastico, sistema di IeFP),  gli enti locali (edilizia, trasporti, mensa, ma anche anagrafi comunali, orientamento, Centri provinciali  per l’impiego), gli stessi uffici periferici del Miur (regionali e territoriali). Ma anche, in senso ascendente, andrebbero considerati i sempre più numerosi dispositivi comunitari in tema di certificazione delle competenze, trasparenza e trasferibilità dei titoli di studio (Eqf, Europass, Eqavet), nella prospettiva unitaria dell’apprendimento permanente.

In massima considerazione dovrebbe poi essere tenuta la regolamentazione delle connessioni con l’Invalsi e Indire, di recente trasformati in enti di ricerca, sottoposti alla vigilanza del ministero ma dotati di autonomia e designati dal Dpr 80/2013 quali soggetti costituenti il Servizio nazionale di valutazione (Snv), insieme al corpo ispettivo. Anche la recente sentenza del Tar Lazio circa il mancato rinnovo del Cnpi (massimo organismo nazionale di consultazione del ministero) offre spunti per una riflessione di carattere generale. 

Insomma, elementi per un approfondito ripensamento sul ruolo del ministero centrale per i prossimi anni ce n’erano (e ce ne sono) in abbondanza. La necessità di tagliare poltrone direttoriali, assolutamente doverosa, avrebbe potuto (potrebbe) costituire lo spunto per un ripensamento radicale del presidio amministrativo centrale dell’istruzione, invece che limitarsi a “tagliare” qualche direzione tra quelle oggi esistenti. 

La proposta di riorganizzazione presentata ai sindacati, invece, non pare essere stata elaborata sulla scorta di tale riflessione: a titolo esemplificativo, si potrebbero citare gli accorpamenti molto “ragionieristici” di 8 uffici scolastici regionali, la creazione di una direzione generale “per l’edilizia scolastica” (materia di competenza degli enti locali già dai tempi di Bassanini), la soppressione della Dd per gli affari internazionali, infine le connessioni con Invalsi e Indire ancora disciplinate nei termini (molto burocratici) di “controllo e vigilanza” e di “ripartizione annuale del fondo per gli Enti di Ricerca”. Ma, soprattutto, è stata confermata  la strutturazione per dipartimenti: il dipartimento, quale livello amministrativo gerarchico sovraordinato alle direzioni generali, allunga la catena di comando, spesso de-responsabilizzando i direttori generali (vs. l’approccio susssidiario sopra proposto), ed è indifendibile nell’attuale contesto di dimagrimento imposto dalla spending review (della serie: tagliamo le strutture di livello intermedio ma manteniamo tutte quelle apicali!). Mai come in questa occasione sarebbe stato opportuno e ragionevole passare dalla struttura dipartimentale a quella del “segretariato generale”.

È nella prospettiva sopra delineata che va valutata la collocazione delle competenze in materia di istruzione tecnica, di istruzione e formazione professionale e di raccordo scuola-lavoro, che la      proposta di riorganizzazione pone all’interno di una rinnovata direzione generale per gli ordinamenti scolastici, facendo confluire in essa tutte le competenze dell’attuale Dg per l’istruzione tecnica, che scomparirebbe come centro amministrativo autonomo. Gli oppositori parlano di “soppressione e accorpamento”, un occhio più distaccato indurrebbe a parlare di “riunificazione”. 

Dal punto di vista simbolico, cioè politico, non c’è dubbio che la scomparsa della Dg per l’istruzione tecnica appare in controtendenza al sempre più auspicato rilancio del settore e del raccordo con il mondo del lavoro. Dal punto di vista sostanziale, in realtà, la proposta di riorganizzazione “unificante” le tematiche della filiera liceale con quelle dell’istruzione tecnica e professionale non consente di prestabilire quali “rapporti di forza” verrebbero a crearsi tra le due filiere formative, ovvero se la proposta possa tradursi in una proficua commistione tra i due mondi, quello scolastico più tradizionale e quello tecnico-formativo, più orientato al mondo del lavoro e più in sintonia con i dispositivi comunitari. Del resto, il potenziamento del raccordo tra filiere formative e filiere produttive, così come l’enfasi sugli esiti di apprendimento, sono obiettivi preposti all’intero secondo ciclo, non solo all’istruzione tecnica. 

Sempre da un punto vista pragmatico, infine, se è vero che oggi la Dg Ordinamenti è strutturata su 10 uffici “contro” i 6 della Dg Ifts, è altrettanto vero che risultano in servizio lo stesso numero di dirigenti (soltanto 4 per ciascuna delle due): chi accorpa chi?

Va anche detto che l’attuale autonomia amministrativa della Dg Ifts non ha garantito – di per sé – maggiore capacità di incidenza in materia di istruzione tecnica-professionale. Negli ultimi anni, sono stati numerosi gli episodi di “isolamento” rispetto all’elaborazione della normativa e alla realizzazione delle attività del ministero, isolamento attribuibile in parte alla peculiarità dell’istruzione tecnica e professionale, ma in parte proprio all’attuale separazione organizzativa. Fa una certa impressione, inoltre, analizzare i bilanci dello Stato, e scoprire che le uniche risorse stanziate per le attività della direzione (missione n. 22, programma n. 15) sono quelle necessarie per il pagamento degli stipendi del personale in servizio ( una trentina di persone in tutto, meno di un Provveditorato di medie dimensioni!). Lo stanziamento di 14 milioni di euro per gli Istituti tecnici superiori, inaugurato nel 2013, non fa che rendere ancora più evidente, per contrasto, il clamoroso “zero” su tutte le altre attività (alternanza scuola-lavoro, istruzione tecnica e professionale, istruzione degli adulti, IeFP).  Così come sarebbe interessante sapere perché coloro che oggi si oppongono all’accorpamento della direzione, in nome dell’importanza strategica dell’istruzione tecnica-professionale, non hanno finora protestato per la mancanza di un direttore generale titolare, assenza che si protrae ormai da un anno. Gli aspetti simbolici sono importanti, ma non sufficienti: a cosa serve difendere l’autonomia di un direzione generale, ma lasciata priva di  risorse e persino di direttore?  

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