Ma che fine ha fatto il Tirocinio formativo attivo altrimenti detto Tfa? E i Pas (percorsi abilitanti speciali) e il cosiddetto concorsone?
Di questi tempi, essere informati sulle vicende legate alla formazione e assunzione dei giovani docenti, è un’impresa. Non solo perché i tre percorsi principali si sono svolti quasi in parallelo, ma anche perché ad un certo punto sono “scomparsi” dall’orizzonte, dando quasi l’impressione di essere defunti.
In realtà, ognuno di questi itinerari ha seguito il proprio iter burocratico con i tempi tipici dell’amministrazione: spesso lunghi o lunghissimi. Talvolta sono riapparsi, come da percorsi carsici: intanto, il torrente iniziale, carico di forza e di acqua, in alcuni casi ha perso energia, si è disperso in mille rivoli, ha acquistato acque da altri immissari. Alla fine è ricomparso, uguale… e diverso. Che cos’erano, infatti, e che cosa sono oggi i tre percorsi?
1. Il Tfa ordinario, dopo una lunghissima gestazione (il DM 249 è del 2010), ha iniziato il suo iter “pubblico” nell’estate 2012: quella famigerata della prova preselettiva con i test zeppi di errori, tanto che il Miur ha dovuto eliminarne un certo numero in fase di correzione. In molte facoltà, il numero dei docenti vincitori è risultato inferiore ai posti realmente disponibili (su 20mila circa posti disponibili, 11mila circa hanno superato le prove).
L’inizio effettivo del Tfa è stato altrettanto tormentato: il Miur attendeva l’espletamento delle prove di selezione dei diversi atenei per varare il decreto di semiesonero dei tutor coordinatori (precedentemente selezionati) così da far iniziare il tirocinio ai corsisti. Le università però – per diversi motivi – hanno adempiuto all’istanza in modi e tempi molto diversificati. Il tirocinio è potuto partire, negli atenei più zelanti, a febbraio-marzo 2013, in altri solo a maggio! Un vero tour de force per tirocinanti, tutor e università, per poter garantire ai corsisti l’iscrizione alle graduatorie d’istituto di II fascia: ma così non è stato. Le liste non sono state aperte e tutto è rimandato al prossimo anno.
Numerosi sono stati i tentativi per riconoscere lo sforzo profuso da questi primi “tieffini” ordinari, che – a conti fatti – non potranno beneficiare di alcun vantaggio rispetto ai prossimi abilitati Pas: per entrambi si apriranno le graduatorie di II fascia nel 2014, ma non le “famigerate” Gae (graduatorie ad esaurimento) che possono assicurare l’entrata in ruolo, anche senza il superamento del concorso. Anche con il DL 104/13 sull’istruzione, da poco convertito in legge, non sono stati presi provvedimenti operativi nei confronti degli abilitati del Tfa (se non una generica “raccomandazione” per il loro inserimento nelle Gae): sono stati solo accolti alcuni ordini del giorno che dovrebbero diventare (ma quando?) proposte di legge: tra cui quella per inserire i congelati Ssis (ovvero quei docenti che, superata l’ammissione alle vecchie Ssis, non hanno potuto completare il loro percorso a causa della chiusura delle stesse) nelle graduatorie ad esaurimento e quella riguardante una riforma organica del reclutamento, che contempli la forma del corso–concorso presso le scuole (ipotesi interessante, ma ancora molto vaga).
Peraltro, l’inserimento dei tieffini nelle Gae, che eviterebbe il superamento di un concorso, farebbe di fatto saltare la separazione tra abilitazione e reclutamento. E così, il Tfa, nato come strumento per un nuova modalità di formazione e assunzione dei giovani laureati, si sta tramutando in un percorso molto simile alle vecchie Ssis, contraddicendo le sue intenzioni iniziali.
2. Il secondo canale di accesso, i Percorsi abilitanti speciali, previsti nella prima modifica al decreto istitutivo del Tfa, sono sbucati dal percorso carsico al termine dello scorso anno scolastico (DDG 58/2013): per accedervi era necessario il possesso di tre anni lavorativi nella scuola tra il 1999/2000 e il 2012/2013. Non sono state previste prove selettive. La bozza di decreto per l’avvio dei Pas, discussa in questi giorni, prevede l’avvio a dicembre: ma i tempi sono molto stretti, visto che alcune università stanno ancora accertando la correttezza dei requisiti di ammissibilità.
Secondo il ministero il numero totale degli aspiranti è pari a 68.892 unità (23mila circa per abilitarsi all’insegnamento nella primaria e infanzia, 45mila circa per la secondaria). Un problema da sbrogliare è legato alla capacità ricettiva dei singoli atenei. Teniamo presente che le università hanno accolto circa 11mila corsisti per il Tfa – e la macchina è partita con una certa fatica –, ora il carico è sei volte tanto.
Per i prossimi anni, questo canale risulterà essere – probabilmente – quello privilegiato per la formazione dei neodocenti: si tratta comunque di un percorso “speciale” che non garantisce l’accesso dei più giovani. Per questo bisognerebbe far ripartire anche il Tfa ordinario, ma questo iter si è inabissato nei più profondi meandri carsici. Le ultime notizie sono ferme a un intervento del ministro (agosto 2013), che ha dichiarato di aver trasmesso la richiesta “di autorizzazione a bandire il prossimo ciclo di tirocinio formativo attivo ordinario per oltre 29mila posti”. Sarebbe veramente da auspicare che ciò avvenisse, ma se sommiamo i corsisti dei Pas e del Tfa, otteniamo un numero probabilmente superiore alle effettive capacità ricettive degli atenei.
Per ora, il Tirocinio formativo attivo, nato con l’intento di offrire un accesso stabile e ordinato ai giovani di talento, desiderosi di intraprendere la professione docente, si è inabissato: non ci è dato sapere se a causa di procedure burocratiche da assolvere o per mancata volontà politica.
Intanto i futuri abilitati con i Pas, essendo le Gae chiuse, potranno solo iscriversi nella II fascia (abilitati) delle graduatorie d’istituto per le supplenze, e partecipare ai concorsi a cattedra, se e quando saranno banditi: per ora se ne sono perse le tracce.
3. Così i giovani laureati non possono neppure sperare nel cosiddetto concorsone: non si parla più di un nuovo bando (nonostante l’ex ministro Profumo, che lo aveva voluto, ne avesse più volte annunciato l’avvio di un secondo per la primavera-estate 2013, per garantire l’accesso in ruolo ai futuri abilitati del Tfa).
Inoltre dei 326mila candidati ammessi alle prove di preselezione, poco più di un anno fa, solo 11mila lo hanno superato. Trattandosi infatti di un concorso a cattedra, il numero dei vincitori corrisponde a quello delle cattedre bandite, appunto 11mila circa. Ma di questi solo la metà circa avrà la cattedra, a causa di una serie di motivi “organizzativi”, ben evidenziati su questo stesso giornale da Giuliana Sandrone.
La conseguenza è che tanti vincitori di concorso non solo non verranno assunti, ma potrebbero decadere dell’elenco dei vincitori (le graduatorie sono biennali). Per questo – ha recentemente dichiarato il sottosegretario Toccafondi – l’amministrazione assumerà tutti i vincitori nel corso del prossimo triennio, evitando così sovrapposizioni con la prossima procedura concorsuale.
Questo significa, allora, che il concorso sarà bandito tra tre anni? Se così fosse, ancora una volta i più giovani, per i quali era stato pensato il nuovo percorso di formazione ed assunzione, si troverebbero sempre al palo.
Si torna quindi al punto di partenza. Il decreto Gelmini (249/2010) aveva previsto un tracciato innovativo (laurea magistrale quinquennale in Scienze della formazione per il 1° ciclo; laurea magistrale specifica con accesso programmato più un anno di Tfa, per la scuola secondaria).
Nei suoi innumerevoli inabissamenti carsici, il percorso ha subito molte deviazioni. Quello che compare è un quadro molto distante dagli obiettivi originari. Lo scopo dichiarato, ovvero il ricambio generazionale tra i docenti, la valorizzazione dei giovani neolaureati più motivati e preparati, attraverso un percorso di formazione di qualità (si veda quanto ha scritto su questo giornale Giuseppe Bertagna), sembra contraddire se stesso, in una strana eterogenesi dei fini: giacché, ora come ora, quello che è garantito è – quasi solo – il diritto di rimanere nella scuola, per chi a scuola già c’è.
Per i neolaureati rimane ben poco: solo una vaga speranza. Invece la scuola ha bisogno di interventi reali, fattivi, capaci di immettervi la passione dei giovani: questi sì, sono una speranza concreta per il Paese Italia!