Caro direttore,
premesso che siamo a diverso titolo in servizio e non “lontani dalle scuole”, come potrà confermare chiunque ci conosca, ringraziamo Labella per aver riconosciuto che, anche grazie al nostro intervento, si è aperto un dibattito di merito.

Su quanto osservato, non abbiamo mai condiviso l’idea che ogni tipo di sperimentazione fosse da considerare estinta con la “riforma Gelmini” e siamo anzi convinti che di innovazione ci sia più bisogno che mai. Come sarebbe possibile, altrimenti, rendere minimamente credibile l’apparato metodologico che accompagna positivamente il riordino del secondo ciclo e un utilizzo delle risorse umane diverso da quello che ancora oggi santifica l’organizzazione gentiliana della cultura e del lavoro? O si condivide l’idea che occorronno semplicemente “più” risorse, lasciando tutto come sta?



Siamo del parere che, proprio per la difficoltà dell’impresa, sia un bene che si parta con poche scuole, non solo paritarie, senza eccessive trafile burocratiche. Non tocca certo a noi dire se esse assicurino le condizioni di consenso interno, di apertura all’internazionalizzazione e alla flessibilità del curricolo che, pur non diffusissime,  per fortuna non sono assenti nel nostro sistema scolastico. Alcune le conosciamo e ci sembra di sì, di certo non sono le sole, ma siamo anche consapevoli che anni di tagli lineari hanno provocato delusione e scoraggiamento.



Proprio per questo il dibattito sulla sperimentazione deve avere la massima ampiezza e trasparenza, deve vertere sui processi avviati e sugli effettivi risultati, deve investire le organizzazioni sindacali per gli aspetti contrattuali che ne deriveranno. Ci sembrava di averlo detto con sufficiente chiarezza. Proprio in questa logica pensiamo che l’Andis possa contribuire al confronto, senza alcuna pregiudiziale di “schieramento”, come è sua tradizione.

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