Il desiderio di comunicare a tutti – in particolare alle famiglie e agli alunni, ma anche ai diversi soggetti della società civile – che in Italia esistono scuole di qualità, attente alla crescita dei giovani, con una particolare cura della didattica e della formazione dei docenti, ha dato il via ad una campagna nazionale chiamata Open Day Insieme, promossa da CdO Opere Educative (520 scuole, più di 50mila alunni).
Open Day Insieme vuol essere un segnale concreto e un aiuto per le famiglie italiane a individuare con maggiore facilità (anche utilizzando il sito www.opendayinsieme.com) quelle scuole che, nella loro città, hanno preso sul serio l’impegno di essere un’impresa educativa responsabile, in grado di rispondere ai bisogni dei giovani e della società di oggi.
Comunicare a tutti l’esistenza di una offerta educativa/formativa di qualità, però, può non bastare, perché le famiglie sono spesso disorientate o confuse sui criteri di scelta.
Per questo, abbiamo voluto porre alcune domande su questo tema a persone che hanno una approfondita conoscenza del mondo della scuola e/o delle dinamiche familiari relative al rapporto genitori-figli, nella speranza di aprire un dibattito pubblico e di offrire qualche strumento in più per fare una scelta consapevole, ragionata e davvero utile alla crescita dei nostri ragazzi.
Rosario Mazzeo dirige da anni la scuola Aurora-Bachelet di Cernusco sul Naviglio, in provincia di Milano. Studioso dei processi e della metodologia dell’insegnamento-apprendimento, della valutazione formativa, dell’organizzazione scolastica, è formatore per conto di enti pubblici e privati in Italia e all’estero.
È tempo di iscrizioni. Prof. Mazzeo, è ancora importante per le famiglie scegliere la scuola “giusta”, o si tratta solo di un rito tutto sommato scarsamente incidente sulla crescita umana e culturale dei nostri ragazzi?
Può essere vissuto come un rito non solo stanco, ma soprattutto obbligato. Dovrebbe essere sempre un’occasione per ripensare alla compagnia che offriamo al figlio che sta crescendo nell’avventura della vita. Scegliere la scuola per un figlio è domandarci dove lo stiamo portando, cosa gli stiamo indicando, quale speranza desideriamo testimoniargli oggi e domani e, nello stesso tempo, quale contributo ci potrebbe dare questa o quella scuola. La risposta sincera a queste domande incrementa la consapevolezza di ciò che desideriamo veramente per nostri figli e noi stessi. L’esito è anche una riscoperta del proprio essere genitori e della funzione della scuola rispetto alla società e alla famiglia.
Cosa c’entra esattamente la scuola con il compito dei genitori?
È “giusta” per mio figlio quella scuola che mi aiuta a fare il mestiere di genitore fino in fondo perché vuole ed è capace di accompagnarlo, sostenerlo, motivarlo, orientarlo in quel cammino della conoscenza in cui lui si possa scoprire – direbbe Camus – “degno erede del mondo”.
In molti casi le famiglie sono disorientate nella scelta, dato che nel nostro paese ancora manca un sistema effettivo di valutazione delle scuole, oppure si finisce per privilegiare criteri di comodo, quali ad esempio la vicinanza da casa. Quali domande dovrebbe farsi una famiglia per inquadrare correttamente la questione della scelta?
La prima domanda che mi sono posto quando ho scelto la scuola per le mie figlie, e che ripropongo ancora oggi ai genitori che vengono nella mia scuola, è la seguente: “Questa scuola con i suoi insegnanti, la sua organizzazione (attività e tempo), con la sua offerta formativa promuove in mia figlia un metodo di studio e quindi il desiderio di imparare a stare al mondo proprio grazie alle cose che le vengono insegnate e fatte studiare?”. Ma altre due domande secondo me sono d’obbligo.
Prego.
“Questa scuola considera i genitori una controparte, dei rompiscatole da tenere lontani, dei galoppini per le sue iniziative oppure li vede come partner con un ruolo specifico nel perseguimento dello scopo della scuola che è quello di educare istruendo?” La terza domanda: “Cosa dicono le famiglie i cui figli frequentano questa scuola, come entrano ed escono dalle sue aule gli studenti, quale clima umano si respira nei suoi corridoi, quale idea di lavoro e di uomo traspare dai suoi muri?” Queste le domande.
E le risposte?
Le risposte le cerco ascoltando chi frequenta, interrogando anche gli abitanti vicini all’edificio della scuola, partecipando ad eventuali momenti pubblici che questa scuola propone non solo all’Open Day.
Ormai la maggioranza delle scuole, sia statali che paritarie, nel periodo novembre-gennaio attiva gli Open Day per richiamare l’attenzione su di sé e far incontrare alle famiglie e agli studenti la propria offerta. E’ davvero importante andare a vedere? Non si corre il rischio di imbattersi in “vetrine” senza un reale contenuto? Come si fa a capire cosa è davvero buono e vero?
È vero, ormai tutte le scuole fanno l’Open Day. Spesso è una semplice, legittima e, forse, doverosa operazione di marketing. A me piace l’Open Day in cui gli alunni sono davvero protagonisti e fanno vedere che amano la loro scuola, parlano bene di tutti gli insegnanti e mi fanno intuire un valore aggiunto nel loro impegno quotidiano. Diffido da quegli Open Day con un make-up tale da nascondere la “faccia” della scuola così come è nello scorrere dei giorni. Consiglio piuttosto di seguire i lavori in atto durante l’anno, di visitare il sito, di dialogare non solo con i dirigenti e referenti dell’orientamento, di partecipare alle normali manifestazioni scolastiche (tornei, incontri tematici, feste di inizio o fine anno, ecc). In altre parole, non mi interessa la scuola che apre ogni tanto (una o più volte l’anno), ma quella che si struttura e si offre come ambiente (spazio, tempo, trama di rapporti) aperto tutto l’anno, a tutti e a tutto.
L’iscrizione alle superiori è uno snodo particolarmente delicato, perché per la prima volta i ragazzi sono chiamati a individuare il percorso più adatto alle proprie inclinazioni e attitudini. In Italia assistiamo ancora al fenomeno della liceizzazione di massa, che va di pari passo con livelli piuttosto alti di dispersione scolastica. Come è possibile aiutare famiglie e studenti in questo delicato passaggio?
Il passaggio dalle medie alle superiori è molto delicato. Non va banalizzato e neppure drammatizzato. Scegliere per un liceo spesso è la cosa più facile, ma non sempre è una scelta argomentata e fondata. Le cause sono diverse. Ne ricordo due. La prima: un orientamento sbrigativo nella scuola media basato più sul voto che su una valutazione del cammino e delle attitudini dello studente, per cui, per esempio, chi ha dall’otto al dieci può fare qualsiasi scuola, chi sta tra il sette e l’otto deve accontentarsi del tecnico, chi staziona sotto il sette dovrebbe fare quello che capita, purché non sia liceo.
E la seconda?
La seconda causa del “cattivo” orientamento è il dualismo scuola-lavoro con il suo corteo di pregiudizi e gli slogan di quanti hanno ostacolata la riforma della scuola. Che cosa può fare un genitore, uno studente? Cercare, prima che l’indirizzo di studi, una scuola che sappia essere davvero ambiente di apprendimento significativo e critico, sappia promuovere percorsi personalizzati in un orizzonte culturale illuminato da un’ipotesi educativa. Un’ipotesi da verificare personalmente nello studio e mediante lo studio. Non è facile trovare una simile scuola o istituto, ma è possibile. Basta guardarsi attorno e rischiare con realismo e prudenza mettendo al centro la storia, la vocazione e il destino del figlio così come appare in questo tempo di iscrizioni.
(Marco Lepore)