Attività di orientamento per le scelte dei giovani impegnano sempre più energie a tutti i livelli. Qual è la reale efficacia di tutte le azioni attuate, considerando che sempre più giovani affrontano scelte determinanti per la propria vita condizionati dall’immagine di una professione o di un settore di studi che molto spesso non corrisponde alle reali potenzialità od aspettative dello studente? Prospettive di sicuri successi professionali ed economici di alcune professioni coltivano spesso false illusioni, sia nella scelta del corso di studi della scuola superiore che in quello delle facoltà universitarie. Scelte frequentemente operate in base alla prospettiva di facili guadagni o presunto prestigio sociale, considerando marginali le reali attitudini del giovane.



Un orientamento percepito come mercato della formazione, nell’ambito del quale si sceglie spesso  non valutando in modo efficace le  proprie attitudini ed interessi reali ma seguendo il prodotto meglio pubblicizzato, può funzionare per una reale crescita educativa, può orientare le future generazioni ad un individuale ed responsabile orientamento? Dubbi emergono dal riscontro di disorientamento e dalle reali difficoltà di numerosi studenti nell’affrontare, sin dalle fasi iniziali, percorsi di studi scelti in modo poco consapevole del reale impegno richiesto, del rigore operativo e di una necessaria passione all’apprendimento. Trascurati alcuni settori, incentivati con elevata frequenza altri. Affollamento dei percorsi liceali, abbandono delle scelte di percorsi professionali e tecnici e relative facoltà universitarie, se non caratterizzate da future sicurezze di riconoscimento sociale e da identificazione in altrui immagini di successo. 



Quali dovrebbero essere dunque gli obiettivi nell’attivare azioni di orientamento? È auspicabile formare giovani adeguatamente orientati nelle scelte di studio e professionali, ma anche culturalmente appassionati e preparati ad affrontare con consapevolezza contesti formativi e lavorativi, educati a sapere scegliere. Certamente non attività di orientamento forzato, troppo spesso delegate ed avulse da inserimenti didattici, come se l’orientamento non fosse azione intrinseca all’operare del docente nell’ideare e proporre percorsi nell’ambito delle proprie discipline. 



Una “didattica orientante” legittima il lavoro nell’ambito delle classi, ponendo discipline e studenti al centro dell’azione educativa come persone in cammino. Un cammino che grazie alla passione educativa, l’azione di sostegno di eventuali fragilità culturali e la coltivazione di eventuali talenti per alcune aree disciplinari, orienta in modo non superficiale a profonde e moderne conoscenze delle singole materie umanistiche, tecniche, scientifiche o professionali. Non creare false illusioni, ma un sicuro ed efficace orientamento disciplinare.

Crisi economica e cambiamenti nel mercato del lavoro rendono difficile prevedere futuri sviluppi occupazionali, le false certezze formative in funzione di un preciso lavoro rischiano dunque di creare in molti giovani aspettative non corrisposte. 

Una didattica innovativa, creativa, coinvolgente aperta al confronto con il mondo accademico e delle professioni, riabilita il ruolo di un docente professionista, guida e formatore nell’orientamento formativo dei giovani. Docenti aggiornati e competenti che trasmettendo passione educativa per le proprie discipline svolgono nelle scuole una prioritaria funzione di orientamento nella quotidianità del loro lavoro.

Occorre riflettere sull’importanza di significative figure carismatiche che nel passato hanno caratterizzato percorsi e scelte di numerosi scrittori, artisti, intellettuali e professionisti. Si ricordi quante scelte professionali, non delegate alla comunità, erano riconducibili all’azione di fascino educativo e culturale di docenti appassionati cultori delle proprie discipline, azioni di orientamento non consapevole, ma di reale significato. Non esperti dell’orientamento, ma modelli culturali ed educativi di fondamentale importanza per le nuove generazioni. 

Bisognerebbe dunque evitare il disorientamento da attività di “presunto orientamento”, attrattive che si rivelano di scarsa efficacia se svincolate dal reale percorso formativo per aree disciplinari effettuato dai singoli docenti durante le ore di lezione. Coltivare quindi non l’apparenza di alcune discipline o professioni, ma il reale contenuto delle stesse, promuovendo preparazione ed attitudine ad una costante applicazione in vista di una conoscenza approfondita. 

Perché questo avvenga nel migliore dei modi è essenziale l’idea di scuola che si possiede. Scuola come centro formativo dell’essere e non dell’apparire, dell’essere persona in grado di affrontare in modo critico e consapevole scelte motivate, non necessariamente condizionate da fattori esterni. È questo il luogo di una formazione di persone che vengono orientate alla scelta, che scelgono cercando di interpretare il reale in base ad una attenta valutazione delle proprie attitudini. Persone che scelgono con adeguata coerenza, non pensando che nella transizione tra un passaggio scolastico e quello successivo si annullino le richieste e le difficoltà di ogni disciplina. È essenziale, in questo, non consolidare l’illusione che il nuovo sia fonte di libertà operativa, privo di vincoli e regole rispetto a ciò che si è già affrontato e verificato, ma aiutandoli a percepire l’ appartenenza ad una realtà interconnessa e non frammentata. 

Una realtà che considera prioritario l’orientamento di giovani persone ad intraprendere un cammino culturale e professionale di profondo significato per sé, e di effettiva competenza per la comunità che dovrà accogliere le future professionalità.