Nelle scuole c’è bisogno di un tutor per l’orientamento. Lo ha detto il ministro Carrozza, che pensa di assegnarne uno ad ogni scuola. In effetti il tema della scelta non è facile da affrontare, né per i genitori, molto facilmente inclini a vedere nei figli la proiezione di se stessi, né per gli studenti, sopratutto alla fine della scuola secondaria di primo grado, quando si tratta di scegliere come (e dove) proseguire. Medico e psicoanalista, Luigi Ballerini è dal 1995 membro di Studium Cartello, presidente Giacomo Contri. Scrittore per bambini/ragazzi e adulti, collabora con il Sole 24 Ore (Job24.it) e RaiRadioDue. Si occupa di tematiche relative all’infanzia e al mondo del lavoro, dal punto di vista delle dinamiche psicologiche relazionali. Ilsussdiario lo ha intervistato nell’ambito dell’iniziativa Open Day Insieme lanciata da CdO Opere Educative.



La scelta della scuola mette normalmente più in difficoltà gli adulti dei giovani. Siamo in tempo di iscrizioni scolastiche. Qual è l’approccio giusto?
La scuola certamente resta l’ambito privilegiato per la crescita dei bambini e dei ragazzi: la quantità di tempo che vi si trascorre e l’influenza formativa e culturale che esercita costituiscono i principali fattori di rilevanza per i minori. Per questo nessuna scuola può essere scelta a caso, ma è richiesto muoversi, cercare informazioni e referenze sugli istituti e sui loro professori, essere disposti ad abbattere eventuali pregiudizi che come genitori possiamo ritrovarci addosso.



In molti casi le famiglie sono disorientate. Cosa dovrebbe fare concretamente una famiglia per affrontare nel modo migliore la questione della scelta?
La scelta della scuola, proprio per la sua rilevanza, non può essere affidata a puri criteri di convenienza logistica e nemmeno liquidata con scontatezza, ad esempio ripetendo automaticamente scelte fatte in precedenza per i fratelli. Ogni ragazzo merita il lavoro di identificare la scuola migliore per lui. Dentro questo lavoro è necessario il progressivo coinvolgimento dello studente con l’avanzare della sua età. Evidentemente per la scelta delle medie e, in misura maggiore, della secondaria superiore occorre ascoltare che cosa il ragazzo ha da dire al riguardo e raccogliere il suo personale orientamento.



Mettiamoci per un attimo nei panni dei genitori.
La famiglia farebbe bene a considerare il fatto che dal percorso scolastico ci si attende l’acquisizione di conoscenze e competenze associate sempre a quella facoltà critica di giudizio del reale che orienti il soggetto nel suo moto e lo apra all’universo. La scuola da privilegiare quindi è quella che riesce a combinare questi due fattori. Una scuola che miri esclusivamente alle pure competenze, senza fare affidamento sul pensiero del ragazzo – trattandolo come otre vuoto da riempire di nozioni impersonali – e senza considerare come alleato il suo desiderio di soddisfazione e realizzazione, rischia di generare degli adulti cinici incapaci di trovare il nesso fra sé e il reale.

Cosa pensa degli open day organizzati dalle scuole? Dicono davvero qualcosa della scuola?

Gli open day sono una reale occasione per andare a vedere di persona la scuola sia come luogo fisico sia come luogo di lavoro, spesso con alcuni assaggi di quest’ultimo. Non bisogna, tuttavia, farsi incantare dai fuochi di artificio che a volte vengono proposti. Nel frequentare un open day è bene che abbiamo delle domande personali che ci facciano da bussola. Qual è la proposta reale che viene fatta ai ragazzi? Che tipo di sguardo sul reale è proposto? Come sono guardati i ragazzi? Quale modalità viene usata per metterli al lavoro e secondo quale prospettiva? Le informazioni raccolte negli open day è bene che poi vengano integrate con altre raccolte personalmente. La reputazione della scuola è importante, così come il parere di altri genitori e alunni. Fa la differenza anche le modalità che la scuola mette in atto nel caso di difficoltà da parte dello studente.

In che senso?
Troppe scuole “prestigiose” sono tali a scapito di un abbandono dei ragazzi con difficoltà, sia quelle già presenti prima dell’inizio del percorso, sia quelle che emergono magari temporaneamente. Una buona scuola non abbandona nessuno, ma cerca di sollecitare prima e allearsi poi al desiderio di ogni ragazzo di portare a casa dei successi.

L’iscrizione alle superiori è uno snodo particolarmente delicato. Altrettanto delicata e la scelta tra licei e istituti tecnici o formazione professionale… Come è possibile aiutare famiglie e studenti in questo delicato passaggio?
I ragazzi devono essere i protagonisti della scelta, affiancati e accompagnati da adulti capaci sia di ascoltare sia di proporre e accompagnare. Purtroppo negli ultimi anni abbiamo visto una crescente anticipazione del momento della scelta della scuola secondaria, scelta che genera preoccupazioni ed eccessive angosce nei genitori e talvolta nei ragazzi. Questo anticipo della scelta, ormai inevitabile, rischia di non considerare le possibilità di crescita del ragazzo nel corso dell’ultimo anno delle medie, crescita che potrebbe effettivamente cambiare il quadro. La licealizzazione, quasi forzata, cui assistiamo da tempo rappresenta un’altra stortura della nostra situazione. Per affrontare bene un percorso liceale occorrono almeno due precondizioni: una certa attitudine, o perlomeno una non obiezione, allo studio teorico e una buona disponibilità a spendere del tempo sui libri.

È vero, ma i genitori spesso fanno pressione o addirittura decidono per il liceo a prescindere, perché hanno in mente un modello…
Forzare un ragazzo a uno studio liceale, sulla base di un pregiudizio dell’adulto, senza che lo desideri e senza che ne sia disposto significa condannarlo a una serie di frustrazioni. Allo stesso modo non permetterglielo quando ne sussistano le condizioni rappresenta lo stesso errore, solo speculare. Qualora l’orientamento vada verso un istituto tecnico o professionale è necessario scegliere con ancora maggior cura la scuola, badando sia all’effettivo percorso proposto sia al clima generale dei rapporti. Più in generale perché la scelta venga fatta nel migliore dei modi è meglio sottrarla all’angoscia e all’inquietudine.

E se si sbaglia scelta, oppure, per una certa immaturità tipica dell’età, la scelta fatta non si traduce in un impegno adeguato? 

Diciamo subito che anche il peggiore dei casi, la bocciatura, in un clima di serenità si costituirebbe come un anno speso per capire meglio quale via è praticabile, un anno speso quindi, non perso. Un anno che sarebbe speso bene e foriero di un ritardo ininfluente nella prospettiva di una vita intera. Proprio per questo nella scelta delle superiori studenti, genitori e insegnanti devono allearsi e collaborare per raggiungere una visione realistica del presente che faccia da guida.

È molto di moda, in questi tempi, fare ricorso a test sui ragazzi che ne certifichino le qualità e le attitudini, come attendendo dalla scienza una risposta certa.
Personalmente ritengo che i desideri che i ragazzi mettono in campo, la conoscenza che ne hanno i loro genitori e i punti di forza e debolezza individuati dagli insegnanti negli anni di scuola siano i fattori che, una volta esaminati e analizzati insieme, aiutino quella scelta, che in sé contiene inevitabilmente un margine di rischio. Tale rischio è soprattutto legato alla buona imprevedibilità di come il ragazzo affronterà il suo percorso, di cui resterà protagonista giorno per giorno.

(Marco Lepore)

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