Le società occidentali hanno in comune la difficoltà ad accettare l’autorità delle istituzioni e delle leggi. Il rifiuto delle regole è alla base di comportamenti devianti, che scuola e società osservano sempre più spesso nei giovani.

Comportamenti violenti, atti di bullismo sono gesti di rottura del tessuto sociale ed esprimono un forte bisogno di appartenenza come base per la costruzione dell’identità sociale dell’adolescente. “Imparare il mestiere di vivere” è difficoltoso per un adolescente, ma non lo è meno per chi gli sta vicino, in quanto gli è richiesto di variare i moduli comportamentali in un momento storico connotato da globalità, rapidità e ambiguità. La globalità della nostra epoca è data dall’interdipendenza dagli altri e dalla incessante interazione con essi, la rapidità è relativa ai difficili processi bio-psico-sociali di adattamento, mentre l’ambiguità può poggiare, ad esempio, sulla componente tecnologica, capace di assumere valori differenti e contrastanti.



L’autorità educativa, che sia della famiglia o della scuola, per essere efficace deve diventare autorità orientativa. La relazione di autorità tende ad esaurirsi nel tempo, o comunque l’asimmetria del rapporto adulto-giovane, è portato a raggiungere una condizione in cui la parità valoriale delle singole persone coinvolte si coordina con la parità di stato e di maturità.



Ed è proprio il tema della relazione di autorità che, esaurendosi gradualmente, aiuta a coordinare la dipendenza con la conquista dell’autonomia.

Ecco allora costituirsi uno stato di reciprocità che ridimensiona quello di stretta dipendenza.

Theodor Adorno, in uno scritto relativo alla morale, definiva l’educatore autorevole “liberale genuino”, con un forte senso di autonomia e di indipendenza personale, dotato di coraggio morale, capace di andare al di là della sua valutazione razionale di una situazione.

L’autorità orientativa rifiuta la passività, privilegia la formazione di personalità critiche dotate del coraggio necessario per effettuare scelte di vita coerenti con i valori prescelti.



Allora la maturità del singolo procede parallelamente con la dialogicità dei rapporti intersoggettivi, aperti al confronto e quindi al progresso.

Utilizzando un linguaggio pascaliano, penso all’intelligenza del cuore come dote dell’educatore, e sintetizzo questa trilogia: all’autorità dell’adulto educatore, progressivamente segue l’autorità del diritto e della reciprocità delle regole, ed infine l’autorità dell’amore.

Pestalozzi, Frobel, Herbart, Aporti hanno sottolineato la funzione del sentimento e del cuore in campo educativo.

Penso alla “coincidentia oppositorum” di memoria cusaniana: ossia lo stabilirsi dell’unità paradossale dei contrari, un’unità che si ottiene attenuando uno dei termini, né per mera giustapposizione, ma scoprendo che ogni termine suppone l’altro e si poggia su di lui.

Maslow suggeriva che dobbiamo capire l’amore, essere capaci di insegnarlo, di crearlo, di predirlo: diversamente il mondo resta abbandonato all’inimicizia e al sospetto, alla sofferenza emotiva.

Ed è proprio la capacità di regolamentazione emotiva che viene coinvolta in un compito evolutivo essenziale per il giovane: la costruzione dell’immagine di sé e della propria identità.

La difficoltà nel modulare i propri stati emotivi, dati da una carenza in campo educativo, si associa a problematiche nello sviluppo dell’identità, alla difficoltà nel dare senso alla propria esperienza e coerenza narrativa alla propria vita.

Chissà se i bulli delle nostre scuole hanno trovato, lungo il loro cammino di crescita, educatori capaci di far percorrere la vita passando dall’autorità dei grandi, all’autorità del diritto e all’autorità dell’amore, con la consapevolezza che ogni giovane ha estremo bisogno di aggiungere vita ai giorni e non solo giorni alla vita.

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