Mi capita sotto gli occhi uno dei testi di biologia in adozione presso la mia scuola. Il titolo è Biologia.blu, casa editrice Zanichelli, autori Curtis, Barnes, Schnek, Flores, la versione italiana è a cura di Laura Gandola e Roberto Odone. E mi capita di aprirlo alle pagine C212 e seguenti, laddove si tratta di “accoppiamento” e “fecondazione”.
È il libro su cui studia mia figlia, un libro moderno, attuale, nel quale si trovano contenuti che noi appartenenti all’età della pietra nemmeno ci sognavamo di affrontare. O meglio, cerchiamo di essere più precisi: anche noi si studiava la dinamica della fecondazione, solo che non avevamo il paragrafo di premessa, quello che titola “La contraccezione evita gravidanze indesiderate”. Magari non sai ancora bene cos’è ‘sta fecondazione, però ti preannunciano che può essere un male di cui liberarti. Ecco, qui il libro è davvero nuovo e al passo coi tempi. Politicamente corretto, direi.
Scorro le pagine e giungo alla C215, dove c’è davvero una grande novità. È il paragrafo conclusivo dell’unità didattica 9.3. Titolo: “L’identità di genere non sempre coincide con il corredo cromosomico”. Identità di genere? Questa è proprio nuova. Noi sapevamo che si nasce maschio e femmina e che l’identità umana andava insieme al sesso. Ma le cose, pare, non stanno più così. Si sono maledettamente complicate. C’è il “sesso biologico”, che ci fa “fisicamente” maschi e femmine. Poi c’è la misteriosa “identità di genere”, che “si riferisce alla convinzione interiore della persona” e che può non coincidere col sesso biologico. Ma non è finita: c’è anche “l’orientamento sessuale”, che si riferisce “all’attrazione affettiva ed erotica”, la quale può essere eterosessuale, omosessuale o bisessuale. Scopro che il “5-10% della popolazione” (numeri che non coincidono affatto con quello che vedo intorno a me quotidianamente, ma pazienza) supera la “netta divisione tra i due sessi” che è la più diffusa in natura.
Sì, noi eravamo davvero dei cavernicoli. Eravamo più… unitari. Nessuno ci aveva insegnato a sezionarci, a farci a pezzetti. La scienza, allora, si fermava ai dati constatabili, per cui un uomo era un uomo, una donna una donna. Poi c’erano altre situazioni che uscivano dalla norma, dalla dinamica naturale. Si diceva pane al pane e vino al vino. E se qualcuno “si sentiva” qualcos’altro (magari, che so, si “sentiva” perseguitato, mentre nessuno gli voleva male), lo si mandava in cura. Forse eravamo figli di una cultura malata, a sua volta figlia dell’ignoranza. Forse nel frattempo la scienza ha fatto tanti e tali progressi da giustificare queste strabilianti novità.
Continuo a leggere, per abbeverarmi alla fonte della biologia. Ma cosa scopro? Che la scienza non sa proprio niente!
Alla domanda “omosessuali si nasce o si diventa?”, cito il libro, “dal punto di vista scientifico non esiste una risposta semplice e univoca. (…) Sono stati condotti studi sia sul versante biologico sia sul versante psicologico, ma nessuna conclusione è attualmente condivisa dalla comunità scientifica”. Insomma, siamo ancora all’età della pietra (quella mia). Allora cos’è cambiato? Dal punto di vista scientifico niente. Il cambiamento è avvenuto dal punto di vista culturale e politico.
Infatti, con mio stupore ancor più grande, il libro continua così: “È invece ormai assodato che non si tratti in ogni caso di una patologia, così come non è una malattia essere mancini invece che destri, anche se diversi secoli fa i mancini correvano il rischio di essere accusati di stregoneria”.
Questo, se permettete, è un capolavoro di retorica. C’è da levarsi tanto di cappello di fronte agli autori che sono riusciti in un tale contorcimento sillogistico politicamente corretto. Attenzione, signori: la scienza si pone come un ostacolo a tutte le belle teorie enunciate in premessa. E allora che si fa? Oplà: si cancella la scienza: “È ormai assodato”.
Ma chi l’ha assodato? Boh! Ma sulla base di che? Boh! Ma la scienza non è arrivata a uno straccio di conclusione (affermazione tra l’altro piuttosto tendenziosa, perché ci sono studi molto convincenti proprio sul versante psicologico, dei quali però ci si guarda bene dal parlare)…
E chissenefrega! Noi diciamo che l’omosessualità non è una patologia, così, per definizione, per dogma di fede (o forse più semplicemente per non vedersi il libro ritirato dal mercato con la tremenda accusa di omofobia). Il politicamente corretto ha messo il bavaglio alla scienza (e in un libro di biologia!). E quel riferimento ai mancini? Ci arriva anche uno studente medio (se solo si mette a pensare sul serio) che essere mancino non ha lo stesso valore, lo stesso impatto che ha l’essere omosessuale. Ma lo studente medio non lo lasciano nemmeno pensare: gli buttano là subito quella storia delle streghe e il gioco è fatto. Dire che l’omosessualità è una patologia è essere degli oscurantisti medievali che ammazzano la gente innocente.
Risultato? L’omosessualità fluttua in una sorta di limbo. Un limbo gaio e protetto dal politicamente corretto, in merito al quale non si può dire niente. Cos’è cambiato rispetto a vent’anni fa? L’ideologia dominante, il potere culturale. Tutto qui. La scienza? Che stia zitta. E non azzardi a contraddire.