Ieri mattina, in contemporanea con altre otto città del mondo (tra cui Washington, Parigi, Oslo, Berlino), presso il Miur si è tenuta la conferenza stampa per presentare i primi risultati dell’indagine Ocse-Pisa (Programme for International Student Assesment), l’indagine triennale dell’Ocse per rilevare le competenze degli studenti quindicenni.



Nel pomeriggio, sempre a Roma, l’Invalsi ha organizzato un seminario di presentazione del “Rapporto Nazionale”, un’occasione per approfondire alcuni aspetti salienti che possono derivare dall’interpretazione della vasta mole di dati che l’indagine è in grado di raccogliere, focalizzando l’attenzione sulla realtà del nostro Paese.



È indubbio che l’aspetto che interessa di più gli osservatori, come è emerso già dalle prime indiscrezioni giornalistiche, è il ranking, la graduatoria tra i vari stati che partecipano all’indagine, per capire chi è “il primo della classe”, chi è migliorato e chi invece è retrocesso.

D’altro lato, ridurre Pisa ad una semplice competizione tra Stati è fortemente limitante: l’indagine ambisce a porsi come fonte di informazioni per ricercatori e decisori politici per cercare di fare luce sulle complesse relazioni che sussistono tra le diverse componenti dei sistemi scolastici. L’obiettivo non è quello di stilare interminabili graduatorie tra Stati e regioni, o di porre alla ribalta aspetti degni di menzione giornalistica, ma quello di ottenere indicatori aggiornati sul funzionamento dei sistemi scolastici nei diversi paesi del mondo. 



Come è noto, Pisa non si basa sulla rilevazione della padronanza dei contenuti disciplinari, quanto piuttosto sulla misura in cui gli studenti sono in grado di utilizzare competenze acquisite durante gli anni di scuola per affrontare compiti e problemi della vita quotidiana. Gli ambiti dell’indagine (tecnicamente definiti “literacy”) sono tre, lettura, matematica e scienze. Dalla prima indagine del 2000 si sono succedute cinque cicli di indagini. Ognuna rileva le competenze nei tre ambiti, ma ne approfondisce uno in particolare. Pisa 2012, come avvenuto in precedenza nel 2003, ha come ambito principale la matematica, chiudendo, appunto, un ciclo che si è aperto nove anni prima.

Nel corso degli anni si è assistito ad un notevole aumento dei paesi partecipanti, che ha raggiunto nel 2012 il numero di 66 partecipanti complessivi (di questi solo 34 sono paesi appartenenti all’Ocse).

Rispetto alle indagini precedenti, inoltre Pisa 2012 ha previsto:

Una ridefizione del framework in matematica ed il ritorno del problem solving;

La rilevazione delle competenze in ambito finanziario (la cosiddetta “financial literacy”);

La somministrazione di prove computerizzate su un campione di studenti per la matematica e lettura (si prevede nel 2015 l’adozione della sola modalità computerizzata, denominata Computer Based Assessment, Cba);

La rilevazione sulla familiarità degli studenti con le tecnologie dell’informazione e della comunicazione;

La rilevazione sul coinvolgimento dei genitori nello sviluppo della literacy matematica dei propri figli.

Il seminario romano, oltre ad una generale presentazione dei risultati conseguiti dell’Italia si è focalizzato su tre aspetti legati alla novità dell’indagine rispetto alle edizioni precedenti. Il primo ha riguardato una lettura parallela degli esiti dei risultati della prova cartacea e della prova Cba, il secondo un confronto con dati delle rilevazioni nazionali dell’Invalsi, ed il terzo un’analisi degli andamenti delle performance dei quindicenni italiani dal 2000 ad oggi.

Il primo dato che emerge è che, anche nel 2012, l’Italia mostra una performance peggiore della media dei paesi Ocse. Il nostro Paese, però, offre segnali di miglioramento, soprattutto tra il 2006 ed il 2009. Tale tendenza ha avuto poi conferma, anche se in misura minore, anche nel 2012. In una recente video-intervista ad Andreas Schleicher pubblicata sul sito del Corriere della Sera, lo studioso riconosce ed apprezza lo sforzo ed i risultati italiani, che si sono collocati in una fase storica di tagli senza precedenti al sistema di istruzione.

Ciò che affligge maggiormente il nostro sistema sono gli ampi divari territoriali, tra le Regioni del Nord e quelle del Sud, e l’ancora elevato grado di variabilità dei risultati tra le scuole e gli indirizzi di studio.

I risultati degli studenti in matematica si collocano significativamente al di sotto della media Ocse: (485 punti contro 494 di media Ocse), con una performance significativamente peggiore per le femmine rispetto ai maschi (anche questo è un dato ormai ampiamente riconosciuto dalla letteratura). Il Mezzogiorno ha risultati ancora peggiori ed una ancora maggiore variabilità interna. I valori più elevati (con risultati sensibilmente sopra la media internazionale) sono detenuti da Provincia autonoma di Trento, Friuli Venezia Giulia, Veneto e Lombardia. Calabria, Sicilia, Campania e Sardegna sono il fanalino di coda. Il Lazio, inaspettatamente, è al di sotto della media nazionale. Buoni risultati, al Sud, hanno conseguito Puglia ed Abruzzo.

Nelle regioni del Sud, inoltre, si concentra il maggior numero di studenti con un livello di competenze al di sotto di una soglia accettabile (si tratta di quindicenni che non raggiungono il livello 2 di competenza all’interno della scala a 6 livelli). Si tratta del 34% di studenti contro una media nazionale del 25% ed una media Ocse del 23%. Tale dato risulta particolarmente significativo per le regioni dell’obiettivo convergenza (Puglia, Calabria, Sicilia e Campania) perché tale indicatore rappresenta un benchmark delle politiche connesse con l’uso dei finanziamenti strutturali europei e pone l’esigenza di riflettere sull’efficacia dei finanziamenti europei.

Sensibilmente migliori (anche se sotto la media Ocse) sono i risultati in lettura e scienze, con valori rispettivamente di 490 e 494 a fronte delle media Ocse di 496 e 499. Si registra il divario di genere in lettura a favore delle ragazze, ma con una forbice ridotta rispetto a quello, simmetrico, per la matematica.

Un campione di studenti e studentesse hanno svolto anche prove tramite computer (Cba) per la matematica e la lettura. In entrambi i domini gli studenti italiani registrano risultati migliori rispetto ai colleghi che hanno svolto solo le prove cartacee. Questo non rappresenta una costante in tutti i paesi che hanno partecipato alla rilevazione. Da notare, inoltre, la perfetta sovrapponibilità tra le prove in formato cartaceo e quelle Cba.

Altrettanto interessante è il confronto delle evidenze di Ocse-Pisa con quelle delle rilevazioni nazionali dell’Invalsi. La popolazione delle due indagini non è perfettamente coincidente, dal momento che l’Snv ha come target gli studenti iscritti alla seconda classe della secondaria di secondo grado e l’Ocse-Pisa definisce la sua popolazione come la totalità dei quindicenni scolarizzati (compresi quelli inseriti nella formazione professionale, i ripetenti e gli anticipatari). Di fatto, la popolazione dell’indagine internazionale corrisponde al 75% a quella del Snv. Nonostante ciò, è possibile effettuare confronti tra le due rilevazioni, evidenziando, così, una perfetta assimilazione tra i risultati delle due indagini, legate da un fortissimo grado di correlazione statistica. Entrambi  gli studi evidenziano l’influenza sui risultati del background familiare e scolastico, della cittadinanza (con risultati peggiori per gli stranieri, soprattutto i migranti di prima generazione), del genere (con evidenze opposte in lettura e matematica), della tipologia di scuola e dell’area geografica. Ocse-Pisa, inoltre, da un lato conferma le differenze tra le regioni così come sono state rilevate dall’Invalsi, e riproduce lo stesso posizionamento delle scuole che hanno partecipato ad entrambe le rilevazioni.

Alla luce della perfetta sovrapponibilità dei due studi, a partire dal 2015 la rilevazione Pisa sarà condotta in Italia anche sulla stessa popolazione di studenti di II secondaria di secondo grado, e sarà possibile evitare il costoso sovra-campionamento per tutte le Regioni adottato dal 2006 al 2012 (basteranno i risultati dell’Invalsi per monitorare il sistema italiano).

Ultimo aspetto degno di nota è l’evidenziazione del miglioramento nel tempo della performance italiana. Come si è anticipato, tale evoluzione è stata particolarmente significativa tra il 2006 al 2009, mentre negli ultimi tre anni è stata modesta e statisticamente non significativa.

Tale fenomeno, però, non si riscontra omogeneo nelle varie realtà territoriali e nei vari ordini di scuole: è stato più marcato nel Mezzogiorno (ad esclusione di Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna), e meno nel Centro Italia. Esso si è concentrato negli istituti diversi dai licei, e soprattutto tra gli studenti con competenze meno elevate. Tale dato è stato accolto in modo positivo dal presidente dimissionario dell’Invalsi Paolo Sestito, insieme alla riduzione del grado di varianza tra scuole. Si è, però, ribadita la necessità di non cedere a facili entusiasmi: la vera equità non si raggiunge soltanto riducendo il livello di variabilità tra i gruppi, ma elevando anche il livello medio delle prestazioni portandolo a livelli sempre più elevati.

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