Il 10 febbraio è il giorno del Ricordo e nelle scuole timidamente si sta affermando questa celebrazione spesso più per la richiesta degli studenti che non per la scelta degli insegnanti di parlarne. E questo deve far riflettere perché è il segnale di un approccio ideologico che ancora permane e che fa delle differenze sugli orrori della storia. Non che non ci siano delle differenze, e l’analisi può dettagliarle, ma c’è qualcosa prima di queste differenze, ed è lì che si deve radicare il ricordo. Ciò di cui far memoria oggi non sono solo gli orrori commessi dall’armata di Tito e poi giustificati dagli Alleati, si deve farla questa analisi e con la libertà dall’ideologia che la storia merita. Ma questo non basta! Il ricordo va più in là, è ricordo perché vuole affermare il sì alla vita, è ricordo perché impregnato di una certezza, la stessa che ha reso gli esuli istriani capaci di ricostruire in un’Italia che non li voleva, che li ha chiusi nei campi profughi. Giorno del ricordo non è solo giorno in cui riscrivere la verità di una storia che ci ha lacerato, quella della popolazione giuliano-dalmata, è prima di tutto giorno in cui riaffermare il valore imprescindibile di ogni persona. Questo giudica le foibe e l’esodo del popolo istriano, ancor di più dice il punto da cui ricostruire, la positività di ogni essere umano.