A non fare niente, non si sbaglia mai, dice un detto della saggezza popolare, ma non è sempre così, nella pubblica amministrazione si sbaglia anche a non far niente.

Su decisione del ministero resa pubblica nella giornata di sabato 9 febbraio le prove scritte del concorsone previste per l’11 e il 12 sono state rinviate a data da destinarsi causa rischio neve.



Il ministero ha fatto bene: nel paese in cui quando inizia una procedura amministrativa non si sa mai quanti ricorsi e pronunciamenti di Tar e Consiglio di Stato essa si porterà appresso, devono valere princìpi di cautela.

Le prove sono previste solo nei capoluoghi di Regione e la gente si deve spostare. Per fare un esempio, in Lombardia, l’elenco dei candidati ammessi all’insieme di tutte le prove è lungo 340 pagine con 60 persone per pagina. Sì, ma l’allarme è stato eccessivo, si tratterà probabilmente di una giornata di ordinario maltempo invernale, si diceva ieri mattina. Peccato non averlo saputo sabato.



E se non fosse stato così? Se la perturbazione si fosse caricata e fermata da qualche parte? Se qualcuno non fosse stato in grado di raggiungere in orario la sede d’esame?

Il documento di accompagnamento all’elenco dice: “Ai fini delle operazioni di appello e di identificazione, i candidati dovranno presentarsi nella sede indicata alle ore 8,00 per la sessione mattutina e alle ore 14,00 per la sessione pomeridiana. La mancata presentazione nel giorno, luogo e ora stabiliti determina l’esclusione dal concorso”.

Se qualcuno fosse rimasto bloccato dal maltempo quanti ricorsi ci sarebbero stati? Se non fai niente, cioè se confermi le prove, ti becchi i ricorsi di chi non è potuto arrivare. Se fai, cioè se rimandi le prove, ti becchi le lamentazioni legate allo scarso preavviso, le lamentazioni sui costi di prenotazione di alberghi e mezzi di trasporto, le richieste delle associazioni dei consumatori che pensano alla solita class action.



Così va il mondo, o meglio così va l’Italia. Poi, l’annuncio di dimissioni del Papa ha spostato l’attenzione su questioni più serie.

Non sono certo tenero verso la gestione del pianeta scuola, sempre più nelle mani della burocrazia, ma almeno questa volta, visto che di decisione organizzativa si trattava, il ministero si è mosso bene: è stato lungimirante ed è stato efficiente. Le mail sono arrivate con tempestività e par di capire che la macchina, almeno per questi aspetti, abbia funzionato.

Giungono invece continue notizie legate alla difficoltà di costituzione delle commissioni (causa retribuzioni da cottimo di livello cinese) e alla pletora di ammessi con sentenza del Tar.

Sul primo punto bisognerebbe ricordare che una commissione competente, motivata e super partes è una condizione imprescindibile per la serietà di qualsiasi concorso e allora la si pianti con i 50 centesimi a compito. Questa è una faccenda che avrebbe dovuto essere assunta in proprio dal ministro. Ripescare gente che non aveva nemmeno fatto domanda, affidarsi alla chiara fama in un concorso pubblico non è bello e manda in vacca la scelta precedente della trasparenza e del sorteggio, oltre che mettere in affanno lo svolgimento delle prove.

Sul secondo punto: questa idea che il ministero, in sede di preselezione e mettendolo nel bando, non possa stabilire un suo criterio, ma debba attenersi al principio generale della sufficienza mi pare francamente allucinante. Liberi sindacati e sindacatini di ricorrere al Tar per acquisire iscritti e danaro, folle l’esistenza di una giustizia amministrativa che non vede e non concepisce l’interesse della amministrazione.