Caro direttore,
da qualche giorno leggo sui giornali cori di protesta contro una bozza di decreto che si prefigge di attuare la riforma del diritto allo studio universitario. È sinceramente una protesta che non riesco proprio a spiegarmi.

Si tratta invero di una buona riforma, annunciata ed attesa da più di un decennio. Il decreto andrà anzitutto a definire nuovi importi delle borse di studio, che potrebbero aumentare non solo per gli studenti fuori sede (da 4.900 euro a 5.500 euro), ma anche per gli universitari pendolari e in sede. Verranno inoltre previsti nuovi requisiti di merito e nuove soglie di reddito, diversificate tra Nord, Centro e Sud in base al diverso costo della vita. 



Si stima che grazie all’adozione di questo provvedimento si potrà passare da 114mila borsisti ad un totale di circa 140mila studenti a cui verrà garantito l’effettivo conseguimento di una borsa di studio. La novità più interessante, però, consisterebbe nell’adozione del principio di dare stabilità al sistema, anche nel medio-lungo periodo, fatto quanto mai auspicabile poiché fino ad oggi il numero di borse erogate dipendeva in ultima analisi dall’ammontare dei finanziamenti assegnati con la legge di stabilità. Questo decreto, in linea con la riforma complessiva, vorrebbe individuare quei livelli essenziali delle prestazioni che Stato e Regioni avranno l’obbligo giuridico di finanziare, rovesciando dunque il precedente meccanismo. In secondo luogo occorre evidenziare che con tale decreto verrebbero individuati soltanto i livelli minimi garantiti, ma ogni Regione, con risorse proprie, potrà decidere di aumentare il numero dei borsisti a piacimento, libera, quindi, di investire sullo studio dei propri giovani e sulla capacità attrattiva dei propri atenei.



Ieri avrebbe dovuto riunirsi il Consiglio nazionale degli studenti universitari (Cnsu), il massimo organo istituzionale di rappresentanza studentesca, composto da 30 membri eletti democraticamente due anni fa da oltre 200mila studenti di tutta Italia. Il punto principale all’ordine del giorno era l’espressione di parere obbligatorio non vincolante, necessario per la futura adozione del decreto. Il Cnsu non ha però potuto svolgere il proprio compito in quanto buona parte del gruppo Azione universitaria-studenti per le libertà e tutti i rappresentanti di Unione degli universitari (Udu) e Rete universitaria nazionale (Run) hanno deciso boicottare il funzionamento dell’organo, impedendo il raggiungimento del numero legale necessario per la costituzione della seduta. Con la loro grave assenza le citate componenti del Cnsu hanno impedito al massimo organo di rappresentanza studentesca non solo di avanzare proposte costruttive al ministro, per migliorare ulteriormente un testo già buono, ma, fatto ancor più grave, rischiano di impedire l’attuazione della riforma del siritto allo studio prima descritta. 



Come presidente del Cnsu non posso non esprimere amarezza per quanto accaduto. Come mai, proprio chi si propone come rappresentante degli studenti, avanzando pretese più o meno legittime, si sottrae, a discapito degli universitari stessi, alla possibilità di incidere positivamente sul testo del decreto? Proprio chi chiede di investire maggiormente nel diritto allo studio impedisce di riformarlo. Come mai il “sindacato degli studenti” è pronto a boicottare l’unico organo nazionale di rappresentanza studentesca per ottenere, di fatto, un qualche straccio di visibilità pubblica? La sinistra ha subito gridato allo scandalo per “salvare” gli studenti da un presunto colpo di mano del ministro Profumo. Questi i proclami. Altri, invece, i fatti: da quasi due anni al ministero si lavora a questo diritto allo studio, con il pieno coinvolgimento del Cnsu in tutte le sue componenti. Spero di sbagliarmi, ma l’impressione è che le citate associazioni, di destra e di sinistra, siano ormai entrati nel pieno della campagna elettorale. Ed è spiacevole a dirsi, perché, alla fine, a essere sconfitti sono sempre gli stessi.

Mattia Sogaro, presidente del Cnsu

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