Uno dei segnali più evidenti del fatto che la scuola italiana sia, oggi più di ieri, senza un governo di sistema è la recente lettera del dg Istruzione del Miur Lucrezia Stellacci a proposito dei cosiddetti “contributi volontari”.
Non solo la circolare (593 del 7 marzo, ndr) dice che “subordinare l’iscrizione degli alunni al preventivo versamento del contributo non solo è illegittimo, ma si configura, per i soggetti che sono responsabili della gestione, come una grave violazione dei propri doveri d’ufficio”. Ma arriva anche la denuncia. Infatti, “ove dovessero pervenire a questo Dipartimento ulteriori segnalazioni di irregolarità, queste saranno trasmesse ai direttori degli Uffici scolastici regionali, i quali (…) provvederanno ad operare tempestivamente le opportune verifiche ed eventualmente ad assumere tutte le conseguenti determinazioni, anche di carattere sanzionatorio”.
Insomma, si bacchettano i poveri presidi, impegnati, con l’aiuto delle famiglie, attraverso i “contributi volontari”, a corrispondere alle attese e alle speranze degli studenti e dunque delle stesse famiglie.
Mentre il ministro Profumo, da ministro tecnico, ha finito per subire il fascino degli effetti-annuncio, consapevoli noi tutti del fatto che i cittadini possono anche rivoluzionare la composizione del Parlamento, ma alla fin fine chi detiene il governo reale – nei vari ministeri – rimane sempre lo stesso; mentre succede tutto questo, dicevo, chi si trova in prima linea è comunque costretto ad arrabbattarsi alla meno peggio. Pur di garantire efficienza vita della scuola. Lo sanno a Viale Trastevere?
Questo per dire che dalle sacre stanze ministeriali oggi, piú che mai, “il principio di realtà” resta un tabú. Ovvero: le norme devono prefigurare la realtà, o non dovrebbero piuttosto registrarla, secondo canoni e valori condivisi, alla luce della necessaria dinamicità nell’interpretazione e nell’applicazione? E poi: basta la cultura amministrativa – anche la migliore e la più attrezzata – a governare la scuola?
Non parlo qui degli indirizzi di studio, delle proposte di ri-forma, dello sfondo culturale ed educativo. Parlo di una questione che tocca la vita concreta delle scuole, come la richiesta, al momento dell’iscrizione, del cosiddetto “contributo volontario”, di quel versamento, diverso tra scuola e scuola, indispensabile per tutte le iniziative di supporto alla vita scolastica.
Se nelle scuole del primo ciclo vi era già la richiesta, tutto sommato limitata, di un intervento delle famiglie, è nelle scuole superiori che questo “contributo” diventa fondamentale, imprescindibile. Anche questo è un segno di quella “crisi” che tutti stiamo osservando, con i tagli di risorse da parte non solo dello Stato, ma anche degli enti locali. Le famiglie, quindi, sono l’ultima frontiera non solo del welfare, ma anche della qualità del servizio scolastico.
Senza questo “contributo” le scuole superiori, in poche parole, sarebbero costrette a chiudere, o quasi, i battenti; senza laboratori, senza innovazione, con scarsa sicurezza, senza alcuna garanzia per i servizi logistici ed organizzativi. Non sarebbero più in grado, cioè, di offrire tutti quei servizi che ogni giorno i nostri studenti usufruiscono, gli stessi che garantiscono qualità e puntualità al quotidiano lavoro scolastico.
Ovviamente, non sono i presidi a decidere in modo autonomo. La decisione spetta ai consigli di istituto, alla presenza, dunque, dei rappresentanti degli studenti, dei docenti e dei genitori. Le modalità, poi, di impiego di questo “contributo” è sempre bene che vengano presentate, in una apposita assemblea, a tutti i genitori. Per una reale condivisione.
Il contributo può variare dalle 100 alle 150 euro annue, a seconda delle complessità e della spinta innovativa delle singole scuole. Il problema è che, rispetto agli anni scorsi, anche nel nostro Veneto sono in forte aumento, non solo tra gli stranieri, le richieste di esonero da parte di famiglie in difficoltà dal versamento di questo contributo.
E come già avviene in molte scuole, i presidi, sulla base di una certificazione Ise (indicatore situazione economica), accolgono queste richieste di esonero, cioè accolgono comunque queste famiglie, anche senza questo versamento. Perché la scuola sia sempre aperta a tutti, cioè reale “servizio pubblico”. Non solo. Nelle scuole si sta creando la buona abitudine di costituire dei “fondi di solidarietà” nei propri bilanci, in modo da garantire a tutti la frequenza. Per cui il “contributo” di tutti consente di dare una mano a chi è in difficoltà.
Questo “contributo”, infine, è giusto ricordarlo, rientra tra le “erogazioni liberali” detraibili per legge.
Con l’aiuto fondamentale delle famiglie, dunque, nonostante le mille difficoltà, le scuole cercano ogni giorno di consentire ai giovani d’oggi tutte le migliori opportunità per il loro futuro. Le famiglie sono dunque l’ultima frontiera “sussidiaria” della crisi attuale. Lo Stato vuol tagliare anche loro?