Di recente qualcosa si è mosso nella palude della scuola italiana: venerdì 8 marzo il Consiglio dei ministri ha approvato il Regolamento per la valutazione delle scuole; martedì 12 marzo è ripartito Vales (Valutazione e sviluppo della scuola): è uscito il bando per il reclutamento degli osservatori esterni e le scuole hanno ricevuto il modulo sul quale cominciare ad effettuare l’autovalutazione. 



Non sarà inutile fare un breve riassunto delle puntate precedenti. Nel novembre 2010, assistita e supportata da alcune fondazioni che si occupano di scuola, il ministro Gelmini prende il toro della valutazione dalle corna. Peccato che afferri il corno sbagliato, cioè quello di una valutazione premiale degli insegnanti. Sbagliato, perché in Italia manca ancora una valutazione delle scuole e perché a parlare di soldi per premio solo ad alcuni nella scuola italiana ci si deve arrivare dopo una lunga strada. Non siamo un paese protestante, in cui il successo economico è segno della grazia divina! L’operazione Valorizza cerca di individuare i migliori a partire dalla loro “reputazione”. Il progetto Valutazione per lo Sviluppo della Qualità delle Scuole (VSQ) vuole valutare le scuole – che distribuiranno i soldi premiali agli insegnanti, secondo propri autonomi criteri – un po’ con i risultati Invalsi (in termini di valore aggiunto) un po’ con una valutazione qualitativa di osservatori.



Nel novembre 2011, all’arrivo del neoministro Profumo, Valorizza viene, con molto buon senso, messo da parte e viene deciso di proseguire con l’impianto di VSQ, levando però la premialità. Entrano in campo gli esperti, che hanno il compito di rendere accettabile la pozione ad almeno una parte del mondo pedagogico-politico-sindacale, introducendovi dosi massicce di autovalutazione e definendo come obiettivo non le graduatorie, ma il miglioramento.

Nella primavera 2012 si invitano le scuole ad aderire volontariamente a questa nuova sperimentazione. Un successone, alla faccia di chi minaccia jacqueries nelle scuole: quasi due terzi dicono di sì. Ma i soldi son quel che sono ed alla fine ne vengono selezionate 300. A queste si aggiungeranno 200 senza finanziamenti e tutte le scuole dei neopresidi che utilizzeranno questo strumento durante l’anno di straordinariato. I materiali vengono presentati alle scuole prescelte nell’autunno 2012 e poi tutto tace. 



Forse si attende che si plachi il polverone suscitato dalla presentazione, in agosto, al Consiglio dei ministri, del Regolamento per la valutazione, che sostanzialmente ne ricalca l’impianto, collocandolo però all’interno di un sistema istituzionale di poteri/funzioni costituito da Invalsi, Indire ed ispettori. Inizia la consultazione di tutti gli innumerevoli organismi preposti. 

Naturalmente, nessuno ha il coraggio di dire apertamente che non ne vuol sentir parlare, né ci si sofferma molto sul meccanismo proposto. Come al solito, l’attenzione punta sulla distribuzione dei poteri; in particolare a qualcuno non va giù che i contenuti tecnici siano sostanzialmente in mano all’Invalsi. C’è chi vuole che il Parlamento decida tutto: ma i nostri parlamentari che vengono catapultati in Commissione istruzione generalmente si appassionano solo quando ci sono interessi specifici o ideologie trapassate da difendere a spada tratta e sono per lo più telecomandati dai sindacati. C’è chi, sotto sotto, auspica che tornino i bei tempi in cui il ministero si impicciava di tutto lo scibile umano: laureati in legge che si improvvisano pedagogisti o cultori di materia. Almeno all’Invalsi si studia la letteratura internazionale e si cerca di dare conto delle scelte fatte.

Comunque il nodo di Gordio viene sciolto l’8 marzo con l’approvazione in Cdm e la barca di Vales scioglie gli ormeggi, per vedere se l’impianto proposto dal Regolamento valutazione può reggere.

Rivediamolo: la scuola effettua un’autodescrizione/autovalutazione, poiché per alcuni indicatori sono previsti i livelli. Gli indicatori comprendono tutti gli elementi di contesto, di processo e di risultato, fra cui i risultati delle prove Invalsi. Poi arriva un team di due osservatori esterni con diverse competenze (esperienziali e di ricerca scientifica) che valida o no l’analisi. Viene poi definita ed effettuata la fase del miglioramento ed infine il tutto viene pubblicizzato come “rendicontazione sociale”.

Gli snodi decisivi saranno: quale il ruolo della valutazione degli apprendimenti degli allievi? Sarà annegata in un mare di carte autoassolutorie? Si sa che il valore aggiunto sarà significativo solo per alcune scuole, ma la possibilità di collocare i propri risultati fra le scuole simili per input ne da già una misura attendibile. Quale la ricaduta? In questa fase dello sviluppo della questione in Italia, la sola pubblicizzazione dei risultati riuscirà ad essere un fattore potente di trasparenza? O finirà come il Pof, di cui i profani non capiscono nulla?