Chi fosse passato per caso mercoledì scorso dall’auditorium dell’IP Bertarelli di Milano avrebbe assistito ad uno spettacolo insolito: un serio, pacato e costruttivo incontro fra i principali responsabili dell’editoria digitale in Italia. Dal punto di vista commerciale i relatori dell’incontro sono concorrenti, ma hanno accettato di sedersi intorno a un tavolo e discutere su come le novità in campo di Tic (Tecnologia dell’informazione e della comunicazione) hanno cambiato e cambieranno non solo il vecchio libro di testo, ma anche la proposta didattica di ogni scuola.
La proposta dell’incontro è venuta da Diesse Lombardia, al termine di una proposta formativa per formatori, denominata Digital Task Force, che ha visto quaranta docenti lombardi partecipare in 4 mesi a 11 incontri ed eseguire compiti in piattaforma, prima di sostenere un esame conclusivo per dimostrare quanto appreso, teoricamente e concretamente, durante il corso seguito.
Al termine del corso è risultato indispensabile confrontarsi con i “produttori” dell’editoria digitale, per proporre loro anche le richieste avanzate dalle maestre e dai professori che si sono seriamente confrontati con le caratteristiche, le potenzialità e i limiti delle nuove tecnologie.
Per i non addetti ai lavori è lecita una domanda iniziale: di che cosa si sta parlando? In estrema sintesi il problema è legato a come considerare i famosi “libri di testo” nell’attuale “era digitale”. Ad esempio, ha senso far adottare un atlante geografico, avendo a disposizione strumenti come Google Earth? Domande come questa da anni investono i docenti e l’iniziale risposta è stata quella dei “libri misti”, con testo scaricabile anche in formato elettronico e ulteriori possibilità messe a disposizione dall’editore in un’apposita piattaforma. Ma tutti i convenuti sono stati concordi nell’affermare che le potenzialità delle Tic non possono essere ridotte a una scannerizzazione del libro di testo. Chi volesse approfondire la problematica può guardare la presentazione del prof. Giuseppe Scaglione, dal titolo “I libri digitali nella scuola”, reperibile nel sito di Diesse Lombardia.
Dal punto di vista normativo, il problema dei libri digitali si è affacciato all’orizzonte già nel 2004, proseguendo significativamente col DM n. 41/2009 (caratteristiche tecniche e tecnologiche dei libri di testo), ma è balzato all’onore della cronaca nel 2012, a causa dell’accelerazione impressa in tale direzione dal ministro Profumo, con la CM n. 18 (Indicazioni operative per l’adozione dei libri di testo nell’a.s. 2012/2013) e soprattutto con la Legge n. 221 che confermava il DL n. 179 (art. 11 dell’Agenda digitale per l’istruzione e la cultura digitale).
La Circolare sulle adozione del gennaio 2013 ha confermato il passaggio ai libri di testo nella nuova versione digitale, da realizzare gradualmente a decorrere dalla adozioni per l’anno scolastico 2014/2015. Ma, nonostante ciò, i rappresentanti delle diverse case editrici sono stati unanimi nell’affermare che uno dei fattori che maggiormente blocca la loro programmazione editoriale è l’incertezza normativa, in quanto si è in attesa dell’adozione di un apposito decreto ministeriale che definisca le caratteristiche tecniche dei libri digitali.
Come usare la nuova tecnologia? Carlotto, editor della Zanichelli, ha ammesso che non c’è “la” risposta al problema, ma occorre essere sperimentali e mantenere questa caratteristica per adeguarsi alle possibilità della tecnologia e alle richieste del mondo scolastico. Giliberti, della De Agostini, ha segnalato che il loro sforzo attuale è rendere i libri digitali utilizzabili sia dalle Lim (lavagna interattiva multimediale) che dai tablet, dagli smartphone e quant’altro è sul mercato e perciò utilizzabile dallo studente. Quadrino, della Garamond, ha prospettato un cambio di funzione per l’editore: nella nuova realtà si sarà chiamati ad essere erogatori di servizi e già ora Garamond si muove in questa direzione, avendo 70mila associati alla piattaforma che mette a disposizione dei docenti. A suo avviso le piattaforme convoglieranno contributi liberi, quindi i lavori non saranno basate sul copyright, ma sulla capacità di creare reti. Ferri, della Mondadori, ha impostato il suo intervento inquadrando dal punto di vista culturale la sfida che si apre coi libri di testo digitali e sintetizzandola con la frase “Il miglior modo di predire il futuro è inventarlo”. Anche Di Meglio, della Pearson Italia, ha voluto parlare della filosofia con cui la sua casa editrice (che comprende la Bruno Mondadori e la Paravia) propone il libro digitale, sintetizzandola nel motto “Nato non per sostituire gli strumenti tradizionali di insegnamento, ma progettato per completarli”.
Ma non sono solo le grandi potenze editoriali alle prese con l’editoria digitale. Anche Mauri, della Principato, è intervenuto sottolineando, nel suo caso, la difficoltà per la mancanza di uno standard riconosciuto riguardo il libro digitale, ancor più rilevante in un panorama tecnologico in continua evoluzione, che cambia radicalmente in breve tempo. Mollica, di Laterza, ha analizzato la nostra situazione citando un dato: fra i paesi Ocse, l’Italia è al terz’ultimo posto per l’utilizzo per scopi didattici del computer (nelle Primarie lo utilizzano il 6% degli studenti).
Il dibattito, coordinato dal vicepresidente di Diesse Lombardia, Giancarlo Sala, ha mostrato un pubblico numeroso, attento e partecipe del problema. Nell’animato confronto, la richiesta di una docente è stata la seguente: non blanditeci con promesse di diminuzione del nostro lavoro qualora utilizzassimo i vostri prodotti, bensì metteteci a disposizione prodotti di qualità. I rappresentanti delle case editrici si sono mostrati sensibili alle richieste, ma hanno sottolineato che, dal loro osservatorio, la percezione è di avere una classe docente scarsamente interessata e con bassa competenza nelle Tic. A riprova di quanto l’editoria digitale sia ancora lontana dalla quotidianità hanno riportato un dato: i libri digitali gratuitamente messi a disposizione quest’anno dalle case editrici sono stati scaricati da meno del 5% dei potenziali utilizzatori.
È un dato che fa pensare e pone domande urgenti: come mai il livello attuale è così basso? È un problema di studenti privi di device opportuni? O di docenti che ignorano – nella didattica e/o nella competenza − il formato elettronico dei libri? E, a seguire: è realistico, partendo da questi dati, imporre nel 2014/15 la graduale adozione di libri digitali o misti? Tutte domande che andranno riaffrontate e per le quali i rappresentanti delle case editrici si sono dichiarati disponibili ad un ulteriore incontro. Anche questo, se si guarda alla litigiosità che da sempre ha caratterizzato i rapporti fra diverse case editrici di libri di testo cartacei, non può che stupire positivamente.
Certo che se una assenza si è individuata è stata quella del ministero, che dovrebbe fornire una spinta alla dotazione, da parte di ogni istituzione scolastica, di un’efficiente struttura di supporto in termini, soprattutto, di rete (banda larga, rete wi-fi di scuola ecc.) e di aggiornamento del personale della scuola.