Il discorso sulle nuove tecnologie nella scuola e sui libri digitali si sta facendo sempre più frequente ed i numerosi articoli usciti su ilsussidiario.net ne sono una testimonianza.  Mi sembra però che i vari contributi sottolineino sempre un aspetto per volta (i libri digitali, le iniziative ministeriali, il costo dei libri di testo, le nuove tecnologie e la didattica, il tablet in classe, ecc. ), mentre a mio avviso occorre tenere presente più fattori contemporaneamente. 



Innanzitutto la questione “libri digitali”, quella attualmente più dibattuta. La situazione in cui versa l’editoria didattica mi sembra possa essere definita come disagio, impreparazione per non dire di confusione. Basta un esempio per capirci. Quasi tutte le case editrici si affannano a proporre una propria piattaforma per classe virtuale adeguata al proprio libro di testo. Ma è ovviamente  irrealistico che un insegnante che abbia più libri di testo di diverse case editrici utilizzi diverse classi virtuali. D’altro canto l’antitrust impedisce per ora una piattaforma comune. Non è chiaro poi se l’utilizzo di libri digitali implichi necessariamente “una nuova didattica determinata dallo strumento” oppure no. D’altro canto l’editoria lamenta una carenza di figure professionali in grado di gestire questo cambiamento. L’editore che ha sempre cercato di garantire la qualità (quale è il suo ruolo altrimenti?), si sente spiazzato in questo contesto. C’è addirittura chi propone di mutare radicalmente il ruolo dell’editore che dovrebbe limitarsi a gestire servizi per una comunità di utenti. In questo modo poi si eliminerebbe anche il diritto d’autore perché i testi sarebbero per la maggior  parte autoprodotti. Come autore di testi scolastici posso testimoniare quanta fatica ci sia nel cercare di fornire un modello di apprendimento attraverso il libro di testo. Non sto facendo una difesa del mio interesse privato, ma mi sembra che sia giusto che qualcuno si proponga come “autore”, che si prenda la responsabilità di proporre un paradigma didattico, contestabile certo, ma sempre termine di confronto autorevole.



Chi impone il cambiamento è il ministero. Occorre quindi affrontare il fattore Miur. Il ministero ha di fatto costretto ad una accelerazione forzata sulla questione digitale. Se la data imposta è certa, risultano a tutt’oggi incerti gli standard e le modalità attuative. Questo non fa che alimentare la confusione. 

Occorre poi tenere presenti le infrastrutture delle scuole. Quante scuole hanno una reale ed efficiente copertura wi-fi, classi con Lim, pc, ecc.?

Gli strumenti poi utilizzati nella didattica devono essere scelti con cura. La scuola è per sua natura modello, paradigma, come lo sono i libri di testo. La sua autorevolezza (da qui la necessità di “un tempo libero da altro e dedicato ad essa”, scholè in greco, appunto) sta proprio nel trasmettere un sapere consolidato, vagliato criticamente. Anche gli strumenti utilizzati non sono indifferenti a questo scopo. 



Non c’è nulla di più diseducativo, a mio avviso, che avere degli strumenti che non si sa come usare e a che cosa servono. Questo non significa essere tradizionalisti, ma avere ben chiaro che uno strumento serve per realizzare un’opera, un lavoro. Io in classe ho la fortuna di avere lavagna di ardesia, pc, Lim, lampada avervision per proiettare, AppleTv, proiettore: ogni strumento è usato con uno scopo didattico preciso. Sto coordinando una sperimentazione iPad presso la scuola in cui lavoro (non sono chiuso all’innovazione) ma sono stati approvati dal consiglio di presidenza solo progetti che hanno uno scopo chiaro, tempi certi, App specifiche per realizzarli. Questo, a mio avviso,  è usare uno strumento per realizzare un lavoro specifico.

La stranezza di quello che sta succedendo è che due attori fondamentali, docenti e famiglie, sembrano esclusi da ogni ambito decisionale. Neppure interpellati per un parere. Eppure la ricaduta sul lavoro dei docenti e sulle tasche delle famiglie non pare indifferente.

In cauda venenum, dicevano gli antichi. Lascio spazio ad un’ultima considerazione. Se la situazione è questa, sorge un dubbio sulla velocizzazione del processo: cui prodest? (a chi giova tutto questo?) Se gli editori e la scuola (docenti e infrastutture) non sono pronti, perché questa accelerazione a marce forzate? Per restare al passo con i tempi (con questa confusione?) o per rivitalizzare un mercato e un’industria che sta andando incontro ad una crisi gravissima?

Non occorre demonizzare nulla né bloccarsi nell’archeologia didattica. Personalmente mi occupo di Tic e come ho detto sto coordinando un progetto per l’utilizzo di tablet per docenti e studenti. Ma mi pare che in questo momento la prudenza sia d’obbligo.

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