È ormai allarmante la patetica vicenda del concorso per dirigenti scolastici in Lombardia. Concorso che circa 400 candidati, dopo una prova pre-selettiva e due prove scritte, hanno superato con la prova orale. Insomma, persone che hanno dimostrato di reggere tutto il peso concorsuale. Ma…
In molte le storie c’è un “ma” a rovinare il lieto fine preannunciato e pregustato. Il “ma” di questa storia è: ma le buste erano forse un po’ trasparenti?
Un bel giorno, sul finire degli orali (a scritti ormai fatti e corretti), forse uno degli ultimi giorni, se non proprio l’ultimo, entra nell’aula degli esami l’avvocato patrocinatore di buona parte dei ricorrenti, brandendo una busta di quelle in cui vengono chiusi i cartoncini con le generalità dei candidati, per evitare che i temi da loro svolti si associno alle loro persone prima della fine di tutte le operazioni degli esami scritti (si fa così in tutti gli esami pubblici, per mantenere l’anonimato dei partecipanti fino al termine delle correzioni).
La busta brandita dall’avvocato viene da lui posta, con mossa teatrale e ben studiata, sul vetro della finestra assolata della sala degli esami, accompagnata dal grido: “Questa busta è trasparente!” e dalla minaccia: “Faremo ricorso!” – minaccia prontamente seguita dai fatti.
Detta così, quasi una goliardata. Dalla quale, però, nasce una vicenda assurda.
Il ricorso viene prima accolto dal Tar che sospende le procedure concorsuali. Poi la sospensiva viene tolta, con rinvio del giudizio al Consiglio di Stato (e siamo all’inizio dell’estate del 2012).
Il Consiglio di Stato tergiversa, molto favorito in ciò non dalle argomentazioni dei ricorrenti (fragiline, in verità), ma dai tentennamenti dell’Avvocatura dello Stato, che dovrebbe difendere il Miur, in quanto Amministrazione cui fa capo l’organizzazione del concorso.
Passa luglio, passa agosto, non si decide nient’altro che il rinvio. Arriva gennaio del 2013 e si rinvia ancora. Tutti s’aspettano che finalmente, il 30 di aprile 2013, acquisita la perizia del super esperto in trasparenza od opacità delle buste, si decida sulla loro idoneità a tutelare l’anonimato dei concorrenti (i quali, ad ogni buon conto, di tale trasparenza non s’erano nemmeno accorti al momento degli esami).
Ma (un altro ma…) qui arriva il paradosso. Su richiesta dell’avvocatura dello Stato tutto è rinviato ad una una successiva udienza, fissata per il prossimo 4 giugno.
Conseguenza probabile: fino a tutto il 2013 in Lombardia ci sarà una “scuola dimezzata”.
Sono pessimista? No, sono sempre stato ottimista. Anzi, per la riconosciuta serietà dei membri della Commissione giudicatrice penso che sarebbe anche logico concludere che il mancato puntiglioso controllo della trasparenza o meno delle buste sia, in fondo, un errore scusabile.
Può parer giusto, a noi che non siamo giudici illuminati ma comuni mortali (e crediamo fino in fondo alla buonafede dei commissari d’esame).
Eppure, proprio per non farci mancare niente, bisogna riflettere ancora su un pericolo in agguato: non ci sarebbe da star tranquilli nemmeno se il Consiglio di Stato, entrando nel merito della questione delle “buste forse trasparenti”, decidesse che quello compiuto dall’Amministrazione nelle prove scritte del concorso (la mancata “prova finestra” sulle buste) sia da considerare un “errore scusabile”.
No: mai tranquilli! L’art. 34 della Legge 1034/1971 prevede: “In caso di errore scusabile il Consiglio di Stato può rimettere in termini il ricorrente per proporre l’impugnativa al giudice competente, che deve essere indicato nella sentenza del Consiglio di Stato, o per rinnovare la notificazione del ricorso”. E se così sarà, quanto tempo ci vorrà per portare a conclusione la triste vicenda?
Una digressione, prima di concludere.
Anni fa, quando i miei figli erano bambini, leggevo e rileggevo loro una storia a fumetti dei Puffi, in cui il perfido Gargamella usava un terribile strumento (il turlipofono) il cui suono faceva cadere gli omini blu in un sonno senza risveglio, rendendoli così facile preda del cattivo. E sul Libro dei Rimedi di Grande Puffo c’era scritto: “Non c’è rimedio contro i danni del turlipofono”.
Non vorrei proprio essere scortese, ma mi sa che il Consiglio di Stato è il nostro turlipofono.
Conosco l’avvocato di cui sopra. Conosco almeno due dei commissari. Conosco molti dei candidati, che hanno superato gli scritti e che non li hanno superati. Alcuni di loro sono miei amici (ho tanti amici, per fortuna). Non vi dico l’imbarazzo a prendere posizione. Eppure non posso esimermi dal commentare ancora la vicenda, a costo di allontanarmi da qualche amico, avvicinandomi però a qualche altro (non per preferenza personale, ma per amor del vero). Prendo, come ho sempre preso, la parte di chi ha superato le prove degli esami concorsuali. Se non altro come gesto in memoria dell’amico Salvatore, uno dei vincitori non vincitori, morto nell’attesa (vana) di veder riconosciuto il suo merito.
Giustizia vorrebbe che alle scuole della Lombardia si rendesse onore, a cominciare dal piccolo, necessario gesto di assegnar loro i dirigenti che hanno conquistato a fatica il titolo per poterle condurre – e i dirigenti occorrono per servire le scuole e gli alunni, non per fare gli inutili comandini. Ma forse non c’è chi abbia il coraggio di rendere questa Giustizia a chi ne ha bisogno (gli studenti delle scuole, prima ancora che i vincitori del concorso).
No, qui non siamo più alla favoletta dei Puffi. Là il lieto fine, a sorpresa, c’è stato. Qui viene, desolatamente, da parafrasare il grande Manzoni: “Dovremo aspettare i posteri per l’ardua sentenza?” Buona notte (della Giustizia).