In un sondaggio del portale Studenti.it, realizzato in collaborazione con l’istituto di ricerca Swg, quasi sette maturandi su 10 dicono che preferiscono studiare in solitudine. Un 5% studia da solo a casa ma collegato virtualmente con i compagni online, mentre un 13% sceglie di farlo in gruppo. Il restante 13% ancora non ci pensa. Questo è l’esito di un sondaggio, che però rimane alla superficie della questione seria dei maturandi in questo ultimo mese di scuola e ormai in dirittura di arrivo dopo il lungo percorso della scuola superiore.
Sarebbe utile, invece di tanti sondaggi che assomigliano al chiacchiericcio del mercato, entrare nel merito dello studio dei maturandi e dar loro un aiuto concreto, che studino in solitudine o che lo facciano insieme ai propri compagni. È decisivo l’approccio allo studio di questo periodo ed è a questo riguardo che sarebbe importante dire qualche parola chiara e precisa. Quale deve essere l’approccio in questo momento così significativo? Semplicemente, ogni studente deve lasciar perdere con il ritmo esasperatamente analitico in cui ogni insegnante ormai eccede e preferire un approccio sintetico. È su questo che ogni candidato si gioca il suo esame di Stato, se ha imparato o non ha imparato ad affrontare i contenuti acquisiti in modo sintetico, se ha imparato a fare un lavoro di rielaborazione.
Bisogna che ogni studente o studentessa abbia il coraggio di andare in controtendenza: tutti gli insegnanti hanno il problema dei loro programmi e insistono per affinarli in modo analitico, particolareggiato, ma non è questo il tempo di aggiungere nozioni su nozioni, è invece tempo di fare un lavoro personale. Ciò che si è appreso lo si è appreso, ora è tempo di dare un’impronta personale a ciò che si sa: è finalmente il tempo della conoscenza, dove uno studente o una studentessa gusta ciò che studia come occasione per sé.
Questa è la maturità, non che uno sappia ripetere tutto quello che ha appreso, ma che uno lo abbia fatto proprio e lo sappia affrontare in modo originale.
In questa direzione vi è un’occasione unica per imparare questo approccio critico e sintetico, ed è il lavoro di preparazione della tesina, ciò che ogni candidato porterà come argomento da cui iniziare il colloquio.
Tesina è un termine improprio per indicare questa scadenza a cui tutti si preparano: la legge dice solo che il colloquio inizia con un argomento proposto dal candidato, ma di fatto in tutte le scuole è entrato nel linguaggio comune il termine di “tesina”.
Questa tesina la si può fare con un taglia e incolla su google, e può andare benissimo anche così, tanto più quando si incontrano insegnanti che non danno alcun valore a ciò che presentano gli studenti. Ma la tesina è in realtà un’occasione per presentare qualcosa che interessa, qualcosa per cui si prova gusto, qualcosa che si è rielaborato criticamente, qualcosa che si è avuto il coraggio di giudicare. Questa è la tesina, la possibilità − se si vuole prendersi il tempo e lo spazio di un lavoro personale − di un percorso di conoscenza.
Se si vuole che lo studio sia degno di un esame, in esso deve emergere chi studia, e l’unica strada è diventarne protagonisti.