Gerard Vergnaud, figura di spicco per la didattica della matematica, ha affermato in un’intervista (Universidad del Valle, Colombia) che  è utile agli insegnanti di matematica  cercare informazioni circa la concettualizzazione; comprendere la forma in cui gli allievi assimilano la conoscenza; tenere presente che il processo di apprendimento richiede un suo proprio tempo, che di solito è lungo;  avere presente che anche se l’insegnante spiega bene, non sempre gli allievi apprendono bene (Vergnaud, 1998).



È un’affermazione che condivido, alla quale aggiungo anche la raccomandazione di identificare i temi fondamentali della matematica, la sua natura, i legami esistenti tra i vari argomenti, il suo rapporto con la realtà, temi che orientano le scelte didattiche quotidiane.

Ma come farà un insegnante a muoversi  in questo vasto campo? Ben vengano gli strumenti di aiuto! Tra questi vanno considerate, a mio avviso, le prove Invalsi, perché riportano l’indagine degli insegnanti da un campo completamente teorico (difficilmente esplorabile) al campo dell’esperienza. 



Nelle prove degli anni passati mi colpiscono le domande sulla scrittura dei numeri, dai cui risultati emerge un’insoddisfacente comprensione della notazione decimale posizionale, causa di molti  errori successivi. 

La domanda seguente (seconda primaria) segnala la difficoltà di passaggio dal registro verbale a quello simbolico. In questi casi, il lavoro diagnostico dell’insegnante può essere decisivo per superare la difficoltà.

D10 (2012) Quale tra i seguenti numeri corrisponde a 3 decine e 17 unità?

A.  317;   B.  173;   C.  47

La risposta corretta è la C. L’alunno deve identificare un numero, espresso a parole, operando la trasformazione delle unità indicate in decine e unità. Deve cioè riconoscere che 17 unità costituiscono una decina e 7 unità libere e che quindi non sono da mettere in blocco nel posto delle unità.



Una domanda simile, proposta in seconda nel 2009, ha ottenuto analoghi risultati: 

D10 (2009) Quale numero corrisponde a 4 decine e 15 unità?

A.  45;   B.  55;   C.  415

La risposta corretta è la B perché 15 unità contengono una decina, che si aggiunge alle 4 già presenti, e 5 unità libere.

Nei due casi,  la percentuale di risposte corrette è praticamente la stessa, e la percentuale di bambini che affiancano meccanicamente le decine e le unità (ottenendo sopra 317 e qui 415) è oltre la metà.

Possiamo stupirci, ma i dati rivelano che la stessa difficoltà permane anche in quinta:

D 10 (2009) A quale numero corrisponde “12 decine, 7 decimi e 2 millesimi”?

A.  12,702;   B.  120,702;   C.  12,72;   D.  120,72

La risposta corretta è la B. Gli allievi hanno individuato generalmente la giusta posizione delle cifre per quanto riguarda decimi e millesimi, ma si sono riproposte le stesse difficoltà già emerse in seconda per quanto riguarda il valore posizionale della decina. 

Gli autori del quaderno Invalsi (che commenta le prove somministrate in seconda e quinta nel maggio 2012) segnalano le conseguenti ricadute negative sul calcolo mentale. Ma potrebbe esserci altro. Gli insegnanti sono attualmente immersi nella preoccupazione della discalculia, parola nuova che indica per gli esperti un reale disturbo neurologico, mentre è spesso interpretata come una generica difficoltà nel calcolo. Ha detto Daniela Lucangeli in una recentissima conferenza (ultimo convegno Grimed, marzo 2013, Padova) che sulla base delle segnalazioni fatte dalle scuole si calcola che, in Italia oggi, il 20% circa degli studenti incontra difficoltà, spesso significative, nell’apprendimento del sistema dei numeri. Eppure, secondo dati internazionali, solo il 2,5% della popolazione scolastica dovrebbe presentare difficoltà nella cognizione matematica e solo per percentuali esigue (0,5 – 1%) si potrebbe parlare di discalculia evolutiva. Il 90% delle segnalazioni sarebbe dunque costituito da casi di difficoltà di apprendimento e non di disturbo specifico del calcolo, casi detti “falsi positivi”. 

La ricerca specifica, secondo Lucangeli, dimostra oggi che alla luce della sola valutazione clinica, per quanto approfondita possa essere, risulta possibile incappare in un falso positivo, ossia diagnosticare una discalculia quando in realtà si tratta di una difficoltà nel calcolo, che, con un adeguato potenziamento, può assolutamente essere recuperata.

La discalculia evolutiva naturalmente esiste, ma, essendo un disturbo neuropsicologico basale, rientra nelle psicopatologie a genesi organica, con una frequenza di comparsa fortunatamente rara, che non ha nulla a che fare con quel 20% di bambini che ad 8 anni già è segnalato dalla scuola per significative difficoltà. 

Ciò fa capire bene l’interesse che dovrebbero avere gli insegnanti per le prove che ho segnalato, visto che esse costituiscono un avviso, un campanello d’allarme che può mobilitare la ricerca di strumenti didattici per recuperare quel tipo di errore prima che si stabilizzi.

Una semplice ipotesi è sostituire alle batterie di esercizi del tipo 1h+3da+5u=… proposte che sollecitino l’allievo a considerare con attenzione il valore di ogni “unità” (nel senso di potenza del dieci), ad esempio: 14u+3da+10da=… (eventualmente con l’ausilio di strumenti che coinvolgano l’idea di valore posizionale, come ad esempio l’abaco). Altri strumenti sono presenti nella ricerca didattica per introdurre i bambini alla scrittura dei numeri.

Nello stesso modo mi colpiscono le domande in cui oltre a chiedere di scegliere la risposta esatta, si richiede di dare le ragioni della scelta. Queste domande, che riguardano sia l’aritmetica che la geometria, sono rivolte solo ai bambini di quinta. Anche se la capacità di argomentare si costruisce fin dal primo giorno della scuola primaria, è ben diverso doversi esprimere solo a parole in forma scritta o poter dialogare con l’insegnante utilizzando anche gesti e disegni. 

Limitandosi alla quinta si rispetta quindi la capacità di esprimersi dei bambini. L’argomentazione è una componente cruciale dell’apprendimento e della comunicazione in matematica, quindi il valore di queste domande non è solo nel rilevare una capacità acquisita, ma anche nel riproporre agli insegnanti, anche nei primi insegnamenti, il valore del pensiero matematico e il suo legame con il linguaggio comune.

 

D 26 (2011) Giovanni osserva il disegno di questo esagono regolare e dice: “Il perimetro

della parte colorata in grigio chiaro si può trovare usando la misura del lato dell’esagono”.

 

 

Giovanni ha ragione? Scegli una delle due risposte e completa la frase.

Sì, perché… 

No, perché… 

 

La risposta potrebbe essere data in modo intuitivo, guardando la figura, lasciandosi condizionare dal solo aspetto percettivo, ma in questo caso l’alunno non dimostrerebbe di avere dato il giusto peso all’affermazione contenuta nel testo, che l’esagono è “regolare”.

 

D 28 (2011) Nella tua classe l’insegnante chiede di moltiplicare a mente 730 × 50. Scrivi come faresti tu per trovare rapidamente il risultato usando il calcolo mentale.

Risposta: … 

 

Nel Quaderno Invalsi già citato è riportata una risposta interessante: l’allievo ricorre alla proprietà distributiva del prodotto rispetto alla somma: si può sottolineare che coltivare abilità di calcolo mentale migliora la comprensione del sistema di notazione numerica e delle proprietà delle operazioni.

Dunque, a mio avviso, la questione da dibattere non è nei testi degli esercizi, ma sull’uso delle prove. E questo rimanda ad altre questioni cruciali. Prima di tutto l’iniziativa degli insegnanti sulla propria formazione, in relazione alla loro dignità di professionisti. Successivamente, al modo ordinario di concepire la valutazione come una sanzione e non come un giudizio che valorizza. Ho sostenuto in alcuni articoli la necessità di valutazione formativa per gli allievi, nello stesso modo suggerisco agli insegnanti di concepire la valutazione sul proprio operato come uno strumento per migliorare la prestazione.