Riportiamo di seguito l’articolo a firma di Stefano Montaccini, rettore dell’Istituto Romano Bruni, e di don Cesare Contarini, rettore dell’Istituto Barbarigo, pubblicato ieri su Il Mattino di Padova.

Il referendum consultivo del Comune di Bologna sui fondi comunali per le scuole dell’infanzia paritarie in programma il 26 maggio sta diventando un caso nazionale. Sicuramente offre molti spunti di riflessione anche alla nostra realtà veneta, così ricca di integrazione tra scuole statali, paritarie comunali e paritarie private: tutte ugualmente impegnate a dare “servizio pubblico”. Ci interessa molto poter aprire un ampio e reale dialogo fra chi ha a cuore il bene dei nostri bambini e giovani. Uno dei dati inconfutabili che il dibattito sul referendum ha reso più evidenti è che le scuole paritarie sono un grande risparmio per l’istituzione pubblica e molto spesso arrivano là dove lo Stato o i Comuni non riescono ad arrivare. A ben vedere, il loro ruolo sembra ora reso ancora più “necessario” dalla crisi: le Istituzioni sono costrette a riorganizzare e ridurre la loro presenza nel welfare e ad allargare l’azione del no profit e del privato.



C’è un altro punto che ci sembra particolarmente interessante nel dibattito in atto a Bologna: il rapporto tra scuola e sussidiarietà. Nel gennaio 2011 il Papa Benedetto XVI espresse un pensiero non scontato: «Esorto tutti i governi a promuovere sistemi educativi che rispettino il diritto primordiale delle famiglie a decidere circa l’educazione dei figli e che si ispirino al principio di sussidiarietà, fondamentale per organizzare una società giusta». Ora, che la famiglia abbia un diritto primordiale a scegliere da chi farsi aiutare ad educare i propri figli, sembra abbastanza evidente. Che sia urgente promuovere sistemi educativi ispirati al principio di sussidiarietà invece è assai meno intuitivo.



Proviamo a capire meglio cosa il Papa indicava, cominciando da cosa si intende per sussidiarietà. La sussidiarietà è il principio che dà priorità alle iniziative che nascono “dal basso”, dalle persone e dalle comunità, rispetto a quelle che nascono “dall’alto”, tipicamente dallo Stato. Implica che le persone, anche quando si associano, possono e devono prendersi delle responsabilità. E che questa libera iniziativa concorre a costruire il bene comune. Di più: il principio di sussidiarietà impone che i livelli superiori di organizzazione sociale (anche qui in primo luogo lo Stato) non si devono sostituire a quelli inferiori, ma casomai intervengono solo in loro aiuto (“subsidium afferre”). È evidente che la sussidiarietà afferma la fiducia nelle persone che, desiderando il bene proprio e di tutti, si rimboccano le maniche e costruiscono responsabilmente iniziative utili alla collettività.



Il campo della scuola ci offre un esempio chiarissimo di questo principio. A Padova e nel Veneto, così come a Bologna, per opera di iniziative dal “basso” (persone, famiglie, gruppi e comunità: tutti mossi dal desiderio di rispondere al bisogno di educazione dei giovani), esiste un ampio e qualificato sistema di scuole che, tra l’altro, comporta anche risparmi ingenti per l’istituzione pubblica. Da qui sono nate scuole storiche come il Barbarigo e altre di più recente costituzione come le “Romano Bruni”. Allora lo Stato (ma evidentemente vale per ogni istituzione: Regione, Provincia, Comune) per avere realmente a cuore i suoi cittadini, non può che “fare spazio” a queste scuole: è suo primario interesse che esse possano nascere, vivere e crescere. Nella certezza che più esse crescono, più si favorisce una società migliore. È certamente un capovolgimento totale del modo di pensare il sistema educativo: non l’affermazione di un monopolio (statale) ma la coscienza che sia necessaria una pluralità di soggetti educativi che svolgono una funzione pubblica per realizzare una società viva e creativa. Forse è a questo che si riferisce Virginio Merola, sindaco di Bologna, quando in una recente intervista afferma: «Noi non eroghiamo fondi alle scuole paritarie solo perché siamo costretti dalla difficile situazione economica, lo facciamo perché è giusto farlo».

In un sistema educativo ispirato al principio di sussidiarietà società, Enti locali e Stato convivono benissimo. Una convivenza virtuosa, come quella introdotta dall’attuale legislazione sul sistema nazionale di istruzione, che sia una chiamata a tutti alla responsabilità, alla costruttività, alla libertà. Tanti riconosceranno in quella chiamata qualcosa di buono per se stessi.