Domenica sera, ancora alcune ore e poi inizierà lo spoglio delle schede di un referendum che ci vede tutti perdenti. Il Paese è arretrato in questa situazione di almeno dieci anni, si sono riaccesi scontri davvero inutili tra grandi nomi della cultura e della politica italiana.

Spiace vedere un paese come il nostro accanirsi su una posizione ideologica appunto perdente. Ci rimettono le famiglie, i bambini, quindi il futuro della società.



Siamo un Paese vecchio, un Paese che garantisce un assistenzialismo ma non gioca mai all’innovazione, al futuro. Un Paese che non ha la spinta di una società vivace, giovane, vibrante ma piuttosto vive di equilibri, di status quo, quindi di paralisi.

Non è, questo, pessimismo, ma piuttosto realismo e chi è attento soffre di questa situazione certamente appesantita da una crisi economica grave, ma soprattutto da una sfiducia diffusa. Le giovani famiglie chiedono libertà, libertà di operare nel campo del lavoro, libertà di poter educare i propri figli, libertà di mettere al mondo dei figli e di essere aiutati dal Paese.



Investire in educazione vuol dire costruire un pezzo di società, l’educazione è un bene per tutti, fa star bene tutti, cambia i rapporti e le relazioni, cambia il paese.

Bologna ci dirà tra poche ore che cosa i bolognesi hanno scelto, da lì occorrerà partire, anzi continuare perché questa battaglia ha evidenziato in modo molto chiaro chi ci sta a costruire o ri-costruire un sistema scolastico nazionale plurale come è quello italiano.Ci sono stati pronunciamenti autorevoli, importanti, anche inaspettati.

Una pluralità d’offerta fa bene al paese, fa bene a tutte le scuole. Occorre dire basta a questa guerra civile in campo scolastico. I bambini, i ragazzi hanno tutti lo stesso desiderio e quindi diritto di imparare, sia che siano nella scuola statale che in quella paritaria. Ripartiamo con chi ci sta a lavorare per tutta la scuola, prepariamo un “cartello” con tutti quelli che hanno sostenuto l’opzione B, ritroviamoci, discutiamo in modo costruttivo di temi quali l’autonomia, il reclutamento degli insegnanti, la formazione professionale, la valutazione. Parliamo di scuola, non divisi politicamente ma uniti da un’unica preoccupazione educativa. Mettiamo in atto un’opzione C che significa costruire per una scuola di qualità e che, come dice il ministro Carrozza, “pensi ai bambini”.



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