Da questa mattina tutte le scuole hanno la possibilità di conoscere le commissioni degli esami di maturità di quest’anno. Oltre ai tre docenti interni, quindi, gli studenti potranno conoscere anche i nomi dei presidenti e degli altri commissari di esame.

Si avvia così, con la composizione delle commissioni, l’iter degli esami di Stato. Un percorso che, a partire dal 19 giugno, giorno della prova di italiano, in tre settimane consentirà ai nostri giovani di ottenere il lasciapassare per il loro futuro. Il 20 giugno abbiamo la seconda prova, diversa per ogni indirizzo, ed il 24 giugno la terza prova, preparata dalla stessa commissione.



Viene confermato anche quest’anno l’invio telematico delle prime due prove, mentre il voto finale, per la prima volta, per chi otterrà almeno 80/100 potrà fruttare dai 4 ai 10 punti nei test di ammissione alle università a numero chiuso, cioè medicina, odontoiatria, veterinaria, architettura, professioni sanitarie.



L’assegnazione di questi 10 punti sarà un momento importante: sempre domattina, assieme alle commissioni, potranno essere conosciute le fasce di voto per questi bonus, la cui assegnazione, ovviamente, cambierà da scuola a scuola, secondo criteri il più possibile equi.

Un “rito di passaggio”, dunque, importante per i nostri giovani. Anche se, nella sostanza, più formale che altro. Nei fatti, invece, obsoleto rispetto al destino degli altri giovani europei, per via della maturità prevista a 18 anni, quindi con l’ingresso – per loro – un anno prima nel mondo del lavoro o dell’università.



Obsoleto, ancora, anche per l’avvio, già dal 23 luglio, dei test universitari, già previsti, dal 2014, addirittura ad aprile. Il che costringerà le scuole superiori, dal prossimo anno scolastico, a modificare radicalmente le iniziative di orientamento universitario, riservando alle classi quarte quelle finalizzate alla conoscenza delle diverse opzioni, e alle quinte, già a novembre, corsi specifici per la preparazione ai test.

Tutto ciò, nei fatti, rischierà di svuotare il lavoro programmatico delle classi quinte in vista della preparazione agli esami di maturità. Questo sta significando, in concreto, uno svuotamento di questi esami? Ci vorrebbe un’analisi di sistema per dare una risposta adeguata (ci vorrebbe anche, a dire il vero, l’abolizione del valore legale del titolo di studio, oggi una zavorra dal punto di vista non solo didattico).

In poche parole, il lavoro delle scuole va ripensato per dare una mano concreta ai nostri giovani, per aiutarli nelle scelte che segneranno la loro vita, prevenendo i fenomeni di abbandono con un’attenzione tutta rinnovata al mondo del lavoro. A medio e lungo termine. Lo stesso discorso andrebbe fatto anche per la scelta, a 13-14 anni, della scuola media superiore, in Italia lasciata alla discrezionalità delle famiglie, in altri Paesi europei filtrata attraverso prove e test.

Riusciremo, come in Germania, a garantire una “occupabilità dei titoli di studio”, vista la differenza tra il loro 7% ed il nostro 38% di disoccupazione giovanile, senza dimenticare il 25% di Neet, cioè giovani sino a 25 anni che hanno rinunciato alla formazione e alla ricerca personale di un lavoro?

Nell’attuale ricorrente retorica delle riforme, saremo in grado di partire dallo snodo principale, al di là degli assetti istituzionali, cioè dalla formazione e dalla domanda di futuro delle giovani generazioni?