Il mercato delle tesine sembra essere quanto mai aperto, e avvicinandosi il giorno dell’inizio degli esami i prezzi si abbassano, siamo ormai a livello di svendita, sia perché il tempo stringe sia perché è difficile inventare qualcosa di originale, il campo sembra ormai setacciato in ogni sua parte.
È vero quanto la stampa e qualche agenzia di ricerca statistica stanno documentando, e non c’è bisogno di scomodare dei sociologi per capire la direzione verso cui buona parte degli studenti è tentata di andare: quella di acquistare la tesina con cui presentarsi agli esami di Stato. Secondo Skuola.net sarebbero quattro studenti su dieci ad acquistare la tesina, ed è probabile che il dato sia più che realistico visto che è quanto si percepisce dentro la frenesia di questo veloce avvicinarsi al giorno in cui si comincerà il rito degli esami.
Una riflessione lo merita questo dato che è più che vergognoso; una riflessione che presenta però due facce, da una parte quella che riflette gli studenti, dall’altra i professori.
Per quanto riguarda gli studenti la questione è semplice: chi compera la tesina perde un’occasione di fare e di presentare un lavoro in cui finalmente mettere a tema il legame che hanno le discipline scolastiche con la vita. Questo è il significato delle tesine, tra l’altro nome maldestro con cui si è tradotta una regola imprescindibile dell’esame di Stato, quella secondo cui il colloquio inizia con un argomento proposto dal candidato.
Fare una tesina è la possibilità che uno studente ha di mettere in campo qualcosa di sé, di giocare la sua genialità, di cimentarsi con la cultura rielaborando un aspetto che gli interessa. È la possibilità di far diventare l’apprendimento conoscenza, cioè di mettere degli aspetti della realtà in rapporto con sé. Per questo è assurdo comperare una tesina, perché non si può acquistare la conoscenza! Tutto si può copiare a scuola, tutto, ma non che uno studente arrivi a conoscere, arrivi a cogliere che un logaritmo, un fatto storico, una poesia è per lui, è un pezzo di realtà che è lì a far crescere la sua umanità, a farla diventare affascinante, piena di attrattiva come è ogni cosa nella sua bellezza originaria.
Se questa è la possibilità per gli studenti – ed è una possibilità unica! – c’è da chiedersi come mai molti non l’abbiano avvertita e non l’avvertano. È a questo riguardo che la questione riguarda gli insegnanti, sono anche loro ad avere responsabilità in questo raccapricciante mercato.
Ed il motivo è presto detto: basta andare a chiedere agli insegnanti che valore diano mai alla tesina, o basta andare ad assistere ai colloqui degli esami di Stato e fissare lo sguardo di tanti insegnanti mentre uno studente presenta il suo lavoro. Basta questo per registrare un dato più che evidente, che se tanti studenti perdono una occasione è perché tanti insegnanti non hanno mai considerato la tesina una possibilità di maturazione per i loro studenti.
Questo è in fondo l’errore più grave, perché è l’indizio di una modalità di insegnamento che prescinde da coloro cui si insegna, che non li considera per quello che sono, i veri protagonisti di ciò che si insegna loro. Infatti la questione della scuola non è che uno studente si rispecchi nel suo insegnante, che sappia ripetere ciò che lui fa apprendere, la questione è un’altra, ed è che lo possa conoscere, cioè che ne sia così affascinato da avviare un percorso personale. Che uno studente pensi di acquistare una tesina, poveretto!, è perché mai è stato avviato a capire quanto sia appassionante per sé conoscere.
Non è comunque mai troppo tardi, come si diceva una volta. Si può anche in questo frangente, così vicini al traguardo e senza preparazione, avere un momento di riscatto, decidere di mettere in gioco se stessi in questa avventura degli esami che può cominciare dalla tesina, dal decidere di farla per comunicare qualcosa di sé. È questo è possibile sempre, perché pur poco uno abbia imparato a scuola può sempre fare quel lavoro affascinante e unico che è quello di paragonarsi con un argomento appreso, di chiedersi come riguardi la vita, come la interpelli. Un lavoro che si può avviare d’un tratto, ma una volta fatto rende appassionante portarlo a termine.