Sono passati una dozzina d’anni dal mio esame di maturità: mi ricordo che nei giorni dell’attesa della seconda prova di Matematica non facevo altro che svolgere compiti d’esame degli anni precedenti… Il problema è che facevo soltanto quello, trascurando tutte le altre materie! Eppure pensavo di iscrivermi alla facoltà di Filosofia o a Lettere indirizzo Musica e Spettacolo…  E invece ora faccio uno dei mestieri più belli del mondo: l’insegnante di Matematica. Eh sì, perché è bello insegnare, ma ancor più bello “insegnare Matematica” perché vuol dire insegnare a usare la ragione, a pensare, a osservare e perché richiede una bellissima fatica, come sono solito dire ai miei studenti. Infatti, tutti facciamo fatica o evitiamo di farla, ma in pochi si accorgono di quanto sia bella questa fatica: per me la seconda prova di Matematica è stata – e la considero tuttora – un’esperienza paradigmatica di questa bellezza dentro la fatica, dentro uno sforzo necessario. Senza accorgermene sul momento, stavo scoprendo la mia vocazione: svolgere tutti quei compiti d’esame di matematica era l’unica cosa che mi rendesse contento nella preparazione all’esame di maturità, poi fortunatamente ho scoperto – come auguro a ciascuno dei maturandi di quest’anno – che c’era del buono anche nelle altre discipline…



La premessa da ex-studente è fondamentale per capire perché mi è così cara questa prova e perché ogni anno, prima da studente universitario di matematica e poi da docente, mi impegno insieme ad altri studenti universitari e professori della mia disciplina nel preparare alcuni maturandi di Roma e del Lazio ad affrontare la prova di Matematica dei Licei scientifici (corsi di Ordinamento e Pni). 



Su suggerimento di chi ha qualche anno di esperienza in più di me, vi propongo così alcune domande a cui ritengo sia importante rispondere per affrontare bene la seconda prova di quest’anno.

1) Cosa studiare ai fini della prova?

Non vale la pena ripassare “a vuoto”, ma è bene che riprendiate i problemi degli anni precedenti e i contenuti suggeriti dai quesiti; così è possibile legare le conoscenze all’esperienza della loro applicazione e questo rafforza la memoria. Ciò però non significa “mi butto a fare i problemi e poi vedo cosa mi serve dei contenuti di quest’anno”: non commettiamo l’errore visto e rivisto durante questi anni, ovvero quello di piantare un chiodo con le tenaglie o con il cacciavite! Se devo piantare un chiodo (risolvere un problema) e possiedo una cassetta degli attrezzi (i contenuti/strumenti matematici acquisiti), non prendo un attrezzo a caso dalla cassetta, ma so già che devo prendere un martello, così come se ho una vite da avvitare devo prendere il cacciavite… 



In ogni caso, non sarebbe ragionevole prendere dalla cassetta diversi attrezzi per trovare quello giusto, ovvero prendere le tenaglie o il cacciavite per provare a piantare il chiodo e rendersi conto, solo alla fine, che l’unico in grado di piantare adeguatamente il chiodo è proprio il martello! Sottolineo l’avverbio “adeguatamente” perché a volte si riesce a piantare un chiodo anche con un cacciavite, ma non viene dritto come con il martello! “Pensare in matematica’’ vuol dire riconoscere già nella richiesta del problema l’“attrezzo giusto’’ per risolverlo! Ciò è possibile solo quando uno è consapevole dei contenuti dell’anno e dei molti collegamenti presenti tra essi. 

Naturalmente non si può prescindere dalla conoscenza/competenza dello svolgimento di uno studio di funzione completo. È dunque necessaria una visione d’insieme degli “ingredienti” essenziali per la realizzazione di un grafico di una funzione: il dominio o insieme di definizione (o ancora campo di esistenza), le eventuali simmetrie, le intersezioni con gli assi, lo studio del segno della funzione, gli eventuali asintoti e il comportamento agli estremi, la crescenza e la decrescenza della funzione e gli eventuali punti di massimo e di minimo (studio del segno della derivata prima), la concavità e la convessità e gli eventuali punti di flesso (studio del segno della derivata seconda).

Non dimenticate il significato geometrico della derivata di una funzione in un punto:  ƒ'(X0)  corrisponde al coefficiente angolare o pendenza della retta tangente alla curva  ƒ(X)  nel punto di ascissa  X = X.

Inoltre, è molto importante che sappiate calcolare l’integrale indefinito (e definito) di una qualsiasi funzione, calcolo che richiede naturalmente una conoscenza delle derivate fondamentali e del calcolo derivazionale, perché − come sono solito dire ai miei studenti − l’integrale  ∫ƒ(X)dX  si pone sempre come una domanda “qual è quella funzione  F(X)  che ha come derivata  ƒ(X) ?”.

Non dimenticate la formula dell’integrale di rotazione e i vari metodi di integrazione: per parti, per sostituzione e per decomposizione in somma. Vi ricordo che, quest’ultima, spesso chiamata anche scomposizione, si usa quando si ha una funzione fratta e si cercano i valori di A e B tali che:

 

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Ripassate bene tutti i teoremi relativi ai limiti, alle funzioni continue e a quelle derivabili. 

Sottolineo che, dovendo fare solo cinque dei dieci quesiti, se nei compiti d’esame degli anni passati siete in grado di svolgerne almeno sei su dieci, non studiate “inutilmente” argomenti mai affrontati in classe come i solidi platonici o simili. Infatti, chi è in possesso di una buona preparazione, riuscirà a fare sempre più dei cinque quesiti richiesti e potrà scegliere i cinque più facili.

2) Come scegliere il problema, i quesiti e da dove cominciare?

Il suggerimento è quello di fare prima sempre quello che risulta più abbordabile, un quesito, un punto di un problema… Sapere che qualcosa si è fatto tranquillizza e aiuta a tenere sotto controllo l’ansia. Poi, in fase di stesura della bella copia si darà il dovuto ordine alla varie parti.

Sei ore sono tantissime per svolgere una prova che molto spesso non vi ha richiesto più di un’ora e mezza o due: si può dedicare un tempo adeguato alla scelta, quindi innanzitutto leggete attentamente TUTTO il testo per rendervi conto di tutti i contenuti proposti.

A) Per scegliere il problema è necessario entrare in un dialogo vero e proprio con il testo: anzitutto si tratta di un problema algebrico o geometrico? Quali sono gli argomenti coinvolti dai quesiti che pone? E poi, più personalmente: ho capito le richieste? A che livello conosco i contenuti e gli strumenti matematici interessati dal problema? Se i contenuti e gli strumenti richiesti sembrano equivalenti conviene farsi uno schema risolutivo in modo da capire se uno dei due problemi è più laborioso. Fatta la scelta, cominciate ad eseguire per capire se confermare la scelta o cambiare: non è detto che quello che sembra più facile poi lo sia effettivamente e comunque non preoccupatevi perché c’è tempo a sufficienza!

Nella scelta non trascurate, infine, la non consequenzialità dei quesiti all’interno di un problema: molto spesso è possibile rispondere alla domanda (b) e (c) del problema senza aver svolto la domanda (a).

B) Tutti i quesiti sono equivalenti dal punto di vista della valutazione. Perciò scegliete i più facili senza pensare − erroneamente − che sia importante svolgere i quesiti più difficili per far bella figura agli occhi della commissione: vedrete che chi correggerà apprezzerà molto la vostra capacità di scelta! Attenti comunque a non “incaponirvi” a voler risolvere per forza un quesito che sembrava facile e poi non lo è.

3) È importante la forma?

La bella copia non serve solo per l’ordine, è bene lasciarsi l’ultima ora per scriverla. Questo è importante per due motivi:

A) Dopo aver svolto tutti i punti di un problema possono emergere dei collegamenti tra essi che prima non erano stati colti; in fase di stesura della bella copia si possono evidenziare.

B) Ricopiare è anche ripensare, rivedere, migliorare: riprendere significa, inoltre, “prendere una cosa dopo averla lasciata, abbandonata, perduta”, “dare inizio di nuovo ad un’azione interrotta, ricominciarla”.

Non solo la forma: 

A) Le strategie risolutive di uno stesso problema o esercizio in genere non sono equivalenti: le prime che vengono in mente potrebbero magari richiedere troppi  calcoli; vale la pena dedicare del tempo per individuare la strada più adeguata.

B) Chi corregge il compito, non essendo il tuo professore (quest’anno matematica è una materia affidata al commissario esterno), non ti conosce; è da quello che scrivi che può capire come ragioni, se ti accorgi dei nessi, se sei preciso… Il tuo elaborato scritto è il primo modo per dialogare con lui, perciò vale la pena spenderci del tempo e delle energie!

 

Quanto detto, sono consigli frutto della mia esperienza e di quella di altri colleghi, ma l’augurio più grande è che possiate scoprire − come è stato per me durante l’esame di maturità e come lo è di più ogni anno che passa − la Bellezza attraverso la Matematica (e − perché no? − anche la bellezza della matematica stessa!). 

Non dimenticherò mai un episodio accadutomi un paio di anni fa con uno studente che come voi si preparava per l’esame di Stato. Invitato dai suoi compagni, un giorno è venuto a studiare con noi, anche se dal punto di vista del profitto non ne aveva bisogno poiché aveva 10 in Matematica. Tornato a casa dopo le due ore di studio e di confronto con me si è messo nuovamente sui libri e ha svolto dei problemi che non aveva mai voluto/saputo risolvere. Ha spiegato così il giorno dopo alla sua professoressa di Storia e Filosofia: “Ho scoperto che è possibile risolvere un problema, anche se non ne ho mai visto uno simile. Basta usare la ragione e gli occhi per vedere…” Però, Marco − così si chiamava questo ragazzo, ora eccellente studente di Ingegneria − non si era fermato a una scoperta legata alla disciplina e aveva subito incalzato la professoressa: “Prof, ma non è che questa possibilità vale per tutte le materie? Anzi per tutto? Non è che anche la vita è una continua possibilità di scoperta?” 

Non aggiungo altro a queste parole che ancora mi accompagnano, poiché tutto era nato da una semplice lezione a partire dai quesiti dell’esame di Stato, in cui sottolineavo come si potesse affrontare qualunque problema se si possedevano gli strumenti/contenuti necessari e soprattutto se si era disponibili a fare l’esercizio umano più ricco di costruzione che c’è al mondo − come dice il grande critico letterario George Steiner − ovvero fare Matematica!

Vi auguro che questa prova e i giorni che la precedono possano essere un’occasione, come lo sono stati per me, per Marco e per tanti altri studenti durante questi anni, per capire di più perché vale la pena impegnarsi, studiare e fare una “bellissima fatica”: infatti, solo andando a fondo a questa fatica uno può scoprire di più se stesso e la propria vocazione, come è stato per me. 

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