Miei cari maturandi, in questi giorni in cui abbondano i consigli su come affrontare le prove d’esame, più che un consiglio vi rivolgo una preghiera: se scegliete la tipologia B della prima prova, girate alla larga dall’articolo di giornale, soprattutto se, come spessissimo avviene, chi vi ha dato qualche sommaria informazione al riguardo non ne aveva la competenza. Sterzate decisamente verso il saggio breve, il cui stile e la cui impostazione, bene o male, avete digerito nel corso del triennio. La preghiera nasce dall’esperienza di commissario. C’era da mettersi le mani nei capelli, l’anno scorso, nel leggere testi definiti, appunto, “articolo di giornale”, che dell’articolo non avevano davvero niente e che, proprio per questo, non avrebbero mai trovato spazio, se non nel cestino di qualche redazione.
Quando, con la riforma dell’esame di Stato, s’introdusse la novità dell’articolo di giornale, fu come mettere vino nuovo in otri vecchi. Gli otri vecchi erano gli insegnanti e il loro approccio alla scrittura (un approccio da saggio, appunto). La situazione non è cambiata gran che, anche se nel frattempo sono usciti svariati manuali con le istruzioni per l’uso. Ma la scrittura giornalistica s’impara per esperienza diretta, non per sentito dire. È un tipo di scrittura che va praticato con una certa costanza e a diretto contatto con un pubblico di lettori, pensando a quel pubblico (l’ultima delle vostre preoccupazioni quando fate un compito d’italiano). È una scrittura fatta di cose: l’esatto contrario della scrittura d’idee a cui siete abituati. È un approccio all’argomento che rovescia la piramide: il culmine, il picco arriva subito, il resto serve ad approfondire.
Ma se, nonostante i miei scongiuri, siete fortemente motivati e decisi a buttarvi sull’articolo, allora, per prima cosa, imparate da chi sa scrivere articoli. Mettetevi umilmente alla scuola di qualche bravo opinionista: leggete con attenzione, riflettete sull’attacco, sul modo di periodare, sull’uso della punteggiatura e su quello della retorica, sulla costruzione del pezzo, sul procedere dell’argomentazione. Utilizzate queste ultime ore che vi separano dalla prima prova proprio per crescere in consapevolezza. E, soprattutto, riflettete sul mezzo che veicolerà il vostro scritto (mezzo che stabilirete voi).
È la famosa “destinazione editoriale”. La prova ministeriale vi chiede di esplicitarla. Potrebbe sembrare una richiesta oziosa, balzana, fatta apposta per creare problemi al povero candidato, ma non è così. Il giornalista deve “acchiappare” fin dalle prime battute il proprio pubblico e quindi la definizione del pubblico è importante, e definirlo è l’operazione preliminare. 



Se, ad esempio, sto lavorando su questo argomento (uscito anni fa): “Finalità e limiti della conoscenza scientifica: che cosa ci dice la scienza sul mondo che ci circonda, su noi stessi e sul senso della vita?” e ho deciso di scrivere per un giornale studentesco, dovrò per forza pormi il problema di come dare questo tema così ponderoso a dei lettori che normalmente si occupano di ben altre cose. Un attacco professorale, un attacco con le solite considerazioni generali sui massimi sistemi, porterebbe il lettore, quel particolare tipo di lettore, a passare subito a qualcosa d’altro. E non si tratta solo dell’attacco: tutto lo stile del pezzo cambia a seconda di chi lo dovrà leggere. Devo scrivere per lo studente. Oppure devo scrivere per un lettore più attento, quello della famosa “terza pagina”. Oppure per un lettore più “leggero”, quello interessato ai fatti di costume, di società. A ciascuno devo dare quello che si aspetta.



Poi c’è il problema dei fatti, che dovete inventare. Per forza. Perché il vostro sarà sì un testo argomentativo, ma che, appunto, in quanto articolo di giornale, nasce da un fatto. Come l’articolo che vi sto scrivendo. C’è un fatto: l’imminenza degli esami. C’è un problema: la prima prova. C’è una posizione rispetto al problema: la mia. Come avete notato, la mia posizione l’ho dichiarata subito e con una certa forza (potevo essere anche più forte). Non so se vi ho “acchiappato”. Se sì, vuol dire che questo pezzo funziona. Comunque, si diceva del fatto: la traccia non ve lo dà, ve lo dovete creare voi. E a partire da quel fatto direte la vostra. Perché funziona proprio così nelle redazioni dei giornali, anche nella redazione de ilsussidiario.net. “Mi scrivi qualcosa su questo?”, ti chiede il capo, e tu: “Ok, ci provo”. Ecco, immaginatevi in una condizione del genere.



Il titolo? Quello createlo a pezzo ultimato (anche qui un consiglio: state sulle 30 battute, segni di punteggiatura e spazi bianchi compresi). Chiudo qui (un altro dei segreti della scrittura giornalistica è proprio la capacità di sintesi, per cui evitate le volute e andate dritti alle questioni), non senza ricordarvi una cosa: di fronte all’argomento assegnato ci siete voi con la vostra testa, il vostro cuore, la vostra esperienza, la vostra genialità, la vostra unicità. Chiaritevi le idee, prima di scrivere, e pensate a quello che avete da dire. Il vostro sarà sempre un contributo importante. Datelo in modo forte, chiaro, diretto. L’articolo di giornale ve lo consente.

Leggi anche

ESAMI DI STATO/ Il prof: noi insegnanti rischiamo di essere come l'ortolano di HavelMATURITA' 2013/ Esami di Stato, domani la terza prova per 500mila studentiSOLUZIONI SECONDA PROVA MATURITA' 2013/ Istituto Tecnico Commerciale, lo svolgimento della traccia di economia aziendale