1. Comprensione del testo – Il testo di Claudio Magris, tratto dalla Prefazione del suo libro L’infinito viaggiare, si configura come una riflessione personale dell’autore sul tema del viaggio; per il suo carattere di riflessione quasi confidenziale, è un brano difficilmente riassumibile. Tuttavia vi sono nel testo, e sono facilmente individuabili, alcuni punti attorno cui si snoda il discorso dell’autore. Un primo motivo, che occupa la porzione più lunga del brano proposto, è costituito dalla riflessione sul legame del viaggio con la frontiera. Essa infatti viene descritta come qualcosa che definisce una realtà separandola da un’altra, aiuta a comprendere che non solo viaggiare significa passare dall’altra parte di una frontiera, ma scoprire di essere sempre stabilmente dall’altra parte di una frontiera. La frontiera, nel discorso dell’autore, individua poi una separazione tra ciò che è noto e ciò che è ignoto, come successe a lui personalmente nel caso della frontiera con la Jugoslavia, che rappresentava il distacco dal “minaccioso impero di Stalin”.



Il secondo tema toccato nel brano sia pure tangenzialmente – è infatti accennato soltanto nelle ultime quattro righe del testo – è il riferimento alle “genti”, la popolazione del luogo straniero che inizialmente viene percepita come “barbar[a], pericolos[a] e pien[a] di pregiudizi” ma tra cui poi ci si può confondere “fino a non sapere più […] in quale paese si sia”.



2. Analisi del testo – 2.1. Lo stile formale del testo si può definire colloquiale, quasi confidenziale. Il lettore si trova davanti a un brano che potrebbe essere la pagina di un diario personale: in questo stile trovano spazio la citazione dell’esperienza provata dall’autrice Marisa Madieri, prima moglie di Magris, il racconto dell’infanzia dell’autore con l’esperienza della frontiera invalicabile verso il “mondo dell’Est” e un anacoluto, nella frase che occupa le righe 8-11 del testo. Nonostante lo stile colloquiale il discorso è organizzato, il pensiero del narratore si snoda chiaramente, diviso in sezioni ognuna delle quali approfondisce un aspetto della visione della frontiera, ed è aiutato dalla punteggiatura. Le frasi non sono molto lunghe, la punteggiatura aiuta a scandire i pensieri espressi e li rende un tutt’uno organico. Concorre ad aumentare la chiarezza del testo il fatto che l’autore in questo brano opera sempre partendo da una frase breve separata dal resto del periodo da un segno di punteggiatura forte, i due punti, il punto fermo o il punto e virgola. Questa prima frase significa in sintesi il concetto che egli vuole esprimere – “non c’è viaggio senza che si attraversino frontiere –”, “oltrepassare frontiere:”, “dietro quelle frontiere c’era insieme l’ignoto e il noto”. concetto che Magris spiega, approfondisce o concretizza mediante un aneddoto nelle frasi successive.



2.2. L’idea di frontiera è centrale nel testo, in quanto l’attraversarla è, secondo il narratore, condizione necessaria del viaggio. Essa viene descritta come elemento che definisce una realtà, separandola da un’altra di natura diversa, aiuta quindi dare forma all’individualità, caratterizzando un popolo o una nazione. La frontiera inoltre costituisce il confine con un mondo insieme noto e ignoto, soprattutto se si tratta di quella che separa il proprio paese da un altro: nell’esperienza personale dell’autore il confine con la Jugoslavia, rappresentava il confine con un territorio noto e ignoto allo stesso tempo, noto perchè quei territori avevano fatto parte dell’Italia, ignoto perché era stato per diverso tempo impossibile accedervi. 

2. 3. Il viaggio è, nel brano, concetto complementare a quello della frontiera anche fisicamente: l’autore infatti parla del viaggio all’inizio dell’estratto, alla fine, e in un breve excursus circa a metà del testo, e in questo modo crea una specie di cornice alla porzione di testo dedicata alla descizione della frontiera. È nella parte finale del brano, però, che l’autore individua il carattere dell’esperienza che si attua viaggiando: è l’esperienza di un incontro con un luogo e un popolo per certi versi totalmente altri e per altri vicino alla propria cultura. L’autore individua questa caratteristica come una costante di tutti i viaggi, la definisce infatti un’esperienza “consimile” implicata da ogni viaggio.

2.4. L’espressione “si ritova la benevolenza per se stessi e il piacere del mondo” esprime la sensazione che, secondo l’autore, si prova nel momento in cui si visita un paese straniero e in un certo senso ci si confonde con le persone che vi abitano. L’autore individua in questa esperienza la possibilità di amare maggiormente se stessi e la propria cultura, e allo stesso tempo gustare la diversità di ambiente in cui si è immersi.

2.5. Il brano discute in maniera interessante i concetti di viaggio e frontiera, legandoli; l’autore osserva fin dalla prima riga che non c’è viaggio senza frontiera, essa individua un confine, uno stacco tra qualcosa di conosciuto e qualcosa di altro. Tutta l’esperienza del viaggio per come è descritta si può tradurre come l’esperienza della conoscenza di qualcosa di nuovo, che siano luoghi o persone, che allo stesso tempo implica la conoscenza più profonda di un aspetto di sè che emerge per contrasto. Il testo a mio avviso arriva al cuore del perché viaggiare, ne coglie l’aspetto di arricchimento umano che deriva dal viaggio, ma allo stesso tempo indica che il viaggio aumenta anche la conoscenza di sé, la percezione di chi si è e la conoscenza della propria cultura.

3. Interpretazione complessiva e approfondimenti – Il brano di Magris propone una lettura del tema del viaggio, caro alla letteratura, non solo italiana, a partire dall’esperienza personale e in maniera quasi diaristica. Nella visione dell’autore il viaggio è esperienza arricchente in cui si conosce meglio anche la propria cultura, la propria persona. Il tema del viaggio non è nuovo, è una costante, se così si può dire, nella letteratura italiana. La figura di Ulisse, reinterpretata non solo da Dante, ma più recentemente, per esempio, da Foscolo – con la citazione in A Zacinto – e Pascoli – ne L’ultimo viaggio di Ulisse – ne è emblema, sia che di lui si sottolinei l’incolmabile sete di viaggiare, sia che si citi il ritorno a casa, sia che lo si descriva ormai vecchio e stanco a causa del continuo navigare. Tra gli autori del Novecento anche Ungaretti e Montale dedicano una poesia ciascuno al viaggio: Allegira di naufragi e Prima del viaggio. Mentre Montale, preparato l’itinerario alla perfezione, aspetta solo un imprevisto, Ungaretti usa il tema del viaggio come metafora della vita, che ricomincia tutti i giorni, esattamente come, immediatamente dopo un naufragio, ricomincia a viaggiare il superstite lupo di mare.

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