Mentre chi si è occupato di redigere le tracce per la prova di italiano ha voluto cedere a scelte che più che originali potrebbero sembrare sciocche (nel senso etimologico del termine, cioè senza sale, senza un vero significato se non quello di voler sembrare originali, e un po’ moderni), almeno nella seconda prova, la traduzione dal latino, si torna ai grandi fondamenti della cultura occidentale, che un buon studente di liceo classico è tenuto a conoscere e riconoscere. Si parla della grande tradizione retorica, che secondo la lezione di Ernst Robert Curtius è il vero cuore della latinità universale, cerniera culturale tra il mondo classico e quello medioevale. E soprattutto, nel brano in questione, si parla di retorica riportandola alle sue origini, e quindi alla sua universalità, trascendendo quello che è il solo aspetto tecnicistico delle scuole retoriche del tempo di Quintiliano. In questo brano si parla di retorica come ne potrebbe parlare l’anonimo autore del ”Trattato sul sublime”: la retorica come strumento di critica letteraria, come guida alla ricerca di quegli autori che siano stati capaci di usare parole ed espressioni veramente adatte alle «res», grandi o piccole che siano. Dal punto di vista linguistico, si tratta di un brano un po’ ingannevole, con tanto di «venenum in cauda». Perché il testo procede sostanzialmente liscio e ”facile” per un buon studente di terza liceo classico fino a poche righe dalla fine. Nel penultimo periodo già ci potrebbero essere problemi nello strutturare bene la frase, isolando l’oggetto «auditorem» a cui legare i tre aggettivi «beniuolum», «intentum» e «docilem» (più complessa anche la traduzione di quest’ultimo, proporrei «in grado di seguire»); ancor più insidiosa l’ultima, con una principale «quis narrare brevius/significantius», con il verbo «potest» collocato nella seconda parte della frase («chi potrebbe narrare in maniera più sintetica/più espressiva») e poi le subordinate «quam qui mortem nuntiat Patrocli/qui Curetum Aetolorumque proelium exponit», dove lo studente dovrà essere chiaro nel riferire «qui» ad Omero («di Omero che annuncia la morte di Patroclo», e poi «di Omero che descrive la battaglia tra i Cureti e gli Etoli»). Insomma, qualche piccola insidia, come è giusto che sia, in un contesto di un brano di alto valore letterario, vero e valido test per capire la preparazione di uno studente alla fine del proprio percorso di studi classici.
La traduzione – Ma ora mi voglio occupare di quei generi letterari che ritengo particolarmente importanti per coloro che aspirano a diventare oratori. Dunque, come Arato ritiene che si debba incominciare da Giove, così io ritengo la cosa migliore cominciare da Omero. Costui, infatti, ha dato un modello e un punto di inizio per tutte le parti dell’eloquenza, al modo in cui egli stesso dice che dall’Oceano ha inizio il corso dei fiumi e delle sorgenti. Nessuno infatti può superare Omero per sublimità degli argomenti e per proprietà nelle cose piccole. E’ ricco e conciso, gioioso e serio, mirabile ora per abbondanza, ora per brevità, eminentissimo non solo per la capacità poetica ma anche per quella oratoria. Infatti, per non parlare delle lodi, delle esortazioni e delle consolazioni, non è forse vero che il nono libro, in cui è contenuta l’ambasceria inviata ad Achille, o la violenta discussione tra i capi nel libro primo, o i consigli esposti nel secondo sviluppano tutte le tecniche dell’oratoria giudiziaria e deliberativa? Non ci sarà certo nessuno così ignorante da non ammettere che questo autore avesse nelle sue corde sia i sentimenti moderati che quelli trascinanti. Orsù, non è forse vero che all’inizio di entrambi i poemi in pochissimi versi ha, non dico rispettato, ma addirittura creato la legge dei proemi? Infatti rende l’uditore: benevolo, con l’invocazione alle dee che si credeva proteggessero i poeti; attento, mettendogli davanti l’importanza degli argomenti; in grado di seguire, facendo una rapida sintesi dei fatti. Chi infatti potrebbe narrare in maniera più sintetica di Omero che annuncia la morte di Patroclo? O chi potrebbe narrare in maniera più espressiva di Omero che descrive la battaglia tra i Cureti e gli Etoli?
(Rossano Salini)