Caro maturando, che ti stai preparando all’orale dopo le prove scritte e che ti presenterai, magari tra qualche giorno, davanti alla commissione, vorrei parlarti del tempo. E magari anche di san Benedetto. Continua a leggere e vedrai che c’è un senso in questa abbinata.

Partiamo dal tempo. È il tuo amico-nemico. Ricordo che alla tua età, nel preparare gli esami, entrai quasi subito nello sconforto. Il tempo passava e non riuscivo a metterlo a frutto, a domarlo. Dovevo ripassare, ristudiare, approfondire e non ce la facevo a fare niente. Insomma, giravo a vuoto. Poi un amico (un sacerdote) mi ha dato quel consiglio che mi ha sbloccato. Mi ci voleva una regola di vita (ecco san Benedetto) che mi aiutasse a sottomettere il tempo, a rendermi padrone del tempo. Del resto è proprio così (e sarà così in futuro, quando sarai all’università): fino ad ora la tua vita è stata molto regolata. La tua giornata era scandita dal solito tran tran quotidiano (sveglia, colazione, ore di scuola, pranzo, ore di studio, amici, nanna). Tutto questo non c’è più e potresti sentirti perso. Devi rimettere le cose a posto.



La giornata è fatta di 24 ore. Vuol dire che c’è tempo per tutto. Otto ore per lavorare (otto ore vere, piene); otto per dormire (e in questi giorni devi cercare di essere più che mai regolare col sonno); otto ore per tutto il resto (dentro c’è anche il tempo per uscire un po’ con gli amici). L’importante è che ogni segmento di otto ore sia rigorosamente rispettato. Almeno così ho fatto io e ho risolto alla grande il mio problema. Gli aggiustamenti sono sempre possibili sulla base delle abitudini personali (c’è, ad esempio, chi si riposa anche solo con sette ore di sonno). Ma quelle otto ore di studio (e non di più) devono essere sacrosante.



Conservo ancora il foglietto ingiallito sul quale avevo scritto con un pennarello rosso la mia regola. Le ore di studio, ovviamente, erano inframmezzate da periodi di riposo che osservavo scrupolosamente (anche mezz’ora, anche un quarto d’ora). Ti confesso che c’erano dei periodi anche riservati alla preghiera. E così l’ora et labora di San Benedetto era perfettamente realizzato.

Questo strano rimedio ha un grande vantaggio: sentire che il tuo tempo non si disperde, sentire che il tuo tempo porta frutto. In questo modo puoi anche riuscire a programmare il tuo lavoro, perché sai quanto puoi rendere in quelle otto ore quotidiane. L’importante è andare a dormire, la sera, con la coscienza di aver fatto bene il proprio dovere. Nella dispersione di un’umanità che non aveva più punti di riferimento, deve essere stato proprio così che San Benedetto ha rimesso in piedi l’Europa.



Due raccomandazioni, ora. Ai miei tempi non c’era internet. Eravamo tutti meno distratti e quindi riuscivamo a concentrarci meglio. Devi imparare a gestire anche questo strumento. Visto che stai sui libri, meglio andarsi a fare una passeggiata piuttosto che passare il tempo libero davanti al computer. In ogni caso la rete va confinata nelle otto ore di svago. Guai a sovrapporla a quelle di studio.

Seconda raccomandazione. È vero che ognuno ha le sue abitudini, il suo stile di vita, ma il proverbio sulle ore del mattino, quelle che “hanno l’oro in bocca” non è sbagliato. Continua a mettere la sveglia, alzati presto (tra l’altro col caldo estivo meglio sfruttare le ore più fresche). Hai dormito otto ore, sei riposato, la tua mente è riposata e lavora meglio. La stanchezza che provi è solo psicologica. La regola ti aiuta. L’impegno che ti sei preso detta i ritmi.

In questo modo, lo capisci anche tu, l’esame di Stato è un esame di maturità. Dimostri agli altri, ma soprattutto a te stesso, di saperti autogestire, di saper camminare con le tue gambe. La soddisfazione di un lavoro ben fatto, di una battaglia affrontata e vinta è anche maggiore del voto finale.

Ora et labora, diceva San Benedetto, e aggiungeva: et noli contristari (“e non ti rattristare”). Che grande maestro di umanità, che genio! Aveva capito benissimo che è la tristezza che paralizza l’uomo. E se tu senti un po’ di quella tristezza nel cuore, impara da lui. Come, a mio tempo, ho fatto io.