Un recente studio volto da psicologi dell’Università di Edimburgo, su 17mila inglesi seguiti dai 7 ai 50 anni, ha trovato che la matematica e la capacità di lettura presentano forti associazioni positive con lo stato socio-economico da adulti “al di sopra e al di là degli effetti dello stato socio-economico alla nascita”. 



Le persone che avevano maggiori capacità di lettura e in matematica da bambini hanno finito per avere redditi più elevati, migliori alloggi e posti di lavoro in età adulta, indipendentemente dalla famiglia di origine. Le cifre indicano, per esempio, che salire di un livello di lettura all’età di sette anni è associato con un  aumento di 5mila sterline del reddito all’età di 42 anni. I livelli di apprendimento in matematica e la capacità di lettura risultano associati significativamente anche con i punteggi ottenuti nei test di intelligenza, con la motivazione allo studio, e con la durata della formazione, che ovviamente costituiscono ulteriori elementi determinanti del successo socio-economico. Secondo gli autori “questi risultati suggeriscono che il raggiungimento di elevati livelli di apprendimento della matematica e della capacità di lettura nei primi anni di vita risulta fondamentale per il raggiungimento di obiettivi economico-sociali lungo tutto l’arco della vita”.  



La forte associazione tra i livelli di apprendimento ed il successo sociale, nonché tra tali livelli e i tassi di sviluppo economico era già nota in letteratura e da un punto di vista causale può trovare spiegazione nella teoria del capitale umano: i livelli di apprendimento costituirebbero un capitale individuale e sociale in grado di favorire l’individuo, o la nazione, nel raggiungimento di migliori risultati economico-sociali. E anche se tale correlazione risulta attenuata nei paesi a forte livello di corruzione, dove il successo dipende maggiormente da fattori diversi dal capitale umano acquisito tramite l’istruzione (come lo stato socio-economico alla nascita), ciò non ne diminuisce l’importanza: la speranza è che finita la corruzione, si inizierà finalmente a riconoscere il merito. Ed è per questo che non si deve mai desistere dal ribadire l’importanza del raggiungimento di elevati livelli di apprendimento di matematica e della capacità di lettura, specie in età precoce. 



Si tratta dunque dell’ennesima conferma di una correlazione già nota? In parte sì, ma in parte no. 

Il prof. Bates ha dichiarato al Telegraph: “Questi risultati implicano che le abilità di base nell’infanzia saranno importanti per tutta la vita indipendentemente da quanto si è intelligenti, da quanto tempo si studia, o dalla classe sociale di nascita”. Ma quello che ha aggiunto, da studioso di genetica e psicologia, è che “I geni possono giocare un ruolo nelle differenze tra i bambini in tutte le variabili che sono state analizzate”. 

Il dubbio da fugare è dunque che più elevate capacità in matematica e lettura siano la manifestazione di una “superiorità genetica” che potrebbe essere il vero fattore di successo sociale: per questo il prof. Bates ha dichiarato che “presto si potrà avere qualche maggiore elemento di conoscenza del fenomeno attraverso uno studio geneticamente controllato, nel quale, usando i gemelli, sarà forse possibile separare gli effetti genetici da quelli ambientali”.

La loro speranza è che tale studio possa risultare illuminante circa il ruolo che l’ambiente (tra cui la scuola) può avere circa il nesso individuato nella ricerca, tra livelli di apprendimento a 7 anni e stato sociale in età adulta. È ovvio infatti che, se i gemelli avessero livelli di apprendimento analoghi e risultati sociali simili, il successo sociale potrebbe avere una base genetica, mentre se gemelli che magari seguono insegnanti diversi, ottengono risultati di apprendimento differenti e quello che ha risultati migliori raggiunge risultati economico-sociali più elevati, ecco che questo sarebbe una conferma del fatto che sarebbero i risultati di apprendimento precoci a essere “causa” del successo sociale, mentre l’aspetto genetico sarebbe un co-fattore importante, ma che può dare buoni frutti solo nella scuola “giusta” . 

Un tale risultato, da un lato farebbe crollare il mito della classe sociale di appartenenza quale determinante del futuro socio-economico dei giovani e dall’altro farebbe crescere a dismisura le responsabilità della scuola e degli insegnanti, nei confronti del futuro dei giovani. La caduta del mito farebbe infatti anche cadere quella che spesso costituisce una scusa a giustificazione dell’insuccesso degli insegnanti: “…tanto è figlio di operaio…”. Dal punto di vista della metodologia statistica, farebbe poi capire, a chi non l’ha ancora capito, che i modelli di valore aggiunto, basati sulla classe sociale, sono privi di fondamento: la variabile giusta da inserire come esplicativa è, casomai, il livello di apprendimento in seconda elementare, oltre al livello di apprendimento all’inizio del periodo di valutazione. 

Vediamo cosa ci riserva il futuro di queste ricerche, che ricordiamo, risulterebbero impossibili senza misure oggettive dei livelli di apprendimento, che in Inghilterra sono la norma ormai da molto tempo. Nell’attesa, i genitori italiani potrebbero “gettare un sasso nello stagno della valutazione”, chiedendo all’Invalsi e alle scuole di conoscere le misure oggettive dei livelli di apprendimento raggiunti dai propri figli in seconda elementare. Qualsiasi sia il risultato dello studio dei ricercatori di Edimburgo, questa informazione sarebbero di indubbio interesse… quantomeno nell’ipotesi che i propri figli emigrino in Inghilterra. A buon intenditor… poche parole.

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