“Gli studenti italiani presentano ancora difficoltà nell’affrontare testi argomentativi ed espositivi, mentre in matematica gli aspetti interpretativi che richiedono ai ragazzi risposte più approfondite risultano ancora difficili da affrontare con sicurezza”. A dirlo è Roberto Ricci, responsabile del Servizio nazionale di valutazione (Snv) dell’Invalsi, sulla base dei dati che emergono dall’ultimo Rapporto 2013, contenente i risultati delle prove standard fatte dagli studenti nella primavera scorsa, dalla quinta elementare fino alla seconda superiore.
Che cosa si può dire dei risultati delle prove di quest’anno rispetto ai posizionamenti relativi di regioni e province degli anni precedenti?
I risultati regionali delle prove Invalsi 2013 mettono in evidenza alcune tendenze già in parte emerse anche negli anni passati. In particolare, si riscontrano ottimi livelli di risultato in tutte le classi oggetto d’interesse delle scuole della Provincia Autonoma di Trento che, in quasi tutte le prove, consegue gli esiti migliori. Risultati molto buoni si riscontrano anche in Lombardia, in Veneto e in Friuli-Venezia Giulia.
Ci sono delle sorprese?
Una menzione particolare merita la regione Marche, che negli ultimi ha ottenuto ottimi risultati in tutte le rilevazioni, raggiungendo quasi sempre esiti significativamente al di sopra della media nazionale. Si riscontra poi un certo miglioramento della Provincia Autonoma di Bolzano (lingua italiana) che ha di fatto colmato lo svantaggio rispetto alla media nazionale, posizionandosi spesso al di sopra di quest’ultima.
Veniamo al Sud.
Sembra consolidarsi il buon posizionamento in diversi livelli scolastici di alcune regioni del Mezzogiorno, in particolare della Puglia, dell’Abruzzo e della Basilicata. Queste regioni negli ultimi hanno ottenuto un costante e progressivo miglioramento, colmando in quasi tutti i livelli scolastici la distanza dalla media nazionale.
Però nel Sud ci sono anche regioni che destano preoccupazione. È così?
Purtroppo le difficoltà di alcune regioni del meridione trovano conferma anche nei risultati del 2013. Ma ciò che desta maggiore preoccupazione è che il divario negativo per queste regioni tende ad aumentare considerevolmente, passando dai primi livelli scolastici a quelli successivi. Nella scuola secondaria di secondo grado tali divari divengono molto evidenti, anche tra le tipologie di scuola. Infatti, anche i licei, che tipicamente conseguono risultati più elevati, nel Sud ottengono risultati più bassi degli istituti tecnici del Nord.
C’è un segmento nel percorso scolastico che appare problematico? Quale?
I risultati delle prove Invalsi, non solo quelle di quest’anno, consentono di affermare che i problemi del sistema scolastico non si concentrano in un particolare segmento, come sovente si sostiene, ma laddove essi si presentano tendono a crescere passando da un livello a quello successivo.
Quindi non è sempre vero che la scuola media sia l’anello debole…
I dati non paiono affatto dire questo. È forse più appropriato affermare che in questa fascia scolastica le difficoltà cominciano ad assumere una consistenza maggiore, per poi aumentare in quelle successive. Del resto, questo fenomeno è facilmente comprensibile, poiché il passaggio dal ciclo primario a quello secondario coincide anche al momento evolutivo dell’allievo in cui gli eventuali problemi tendono a divenire più evidenti. Quello che, invece, è spesso trascurato è che le difficoltà diventano sempre più serie e preoccupanti tanto più gli studenti avanzano nel loro percorso di formazione.
Ci sono novità per quanto riguarda le prove alla fine dell’ultimo anno delle superiori?
Come già in parte annunciato nei mesi scorsi, l’Invalsi ha già iniziato la fase operativa (pre-test) di alcuni primi modelli di prova per l’ultimo anno del secondo ciclo d’istruzione. Anche tutto il prossimo anno scolastico sarà dedicato ad ampie sperimentazioni per mettere a punto un modello di prova adeguato a svolgere il duplice ruolo di prova standardizzata alla fine del secondo ciclo d’istruzione e di prova con valore orientativo per la prosecuzione degli studi.
Attualmente su cosa state lavorando?
All’ampliamento del numero delle domande per le prove future. Questo consentirà, nei tempi e nei modi dettati dagli esiti delle sperimentazioni in corso, di far fare la prova di fine secondo ciclo mediante computer.
Per quanto riguarda la restituzione dei dati, avete annunciato una notevole accelerazione nei tempi, previsti per fine settembre. Quali sono gli obiettivi che vi proponete?
L’anticipazione della restituzione dei dati alle scuole è molto importante. Non è solo un fatto tecnico, ma un aspetto legato strettamente alla finalità della rilevazione, ossia di mettere a disposizione delle scuole e del sistema dati oggettivi e standardizzati per promuovere il miglioramento del sistema educativo nazionale. In questo modo le scuole avranno già da settembre dei dati sui quali effettuare le loro valutazioni, anche nella prospettiva della programmazione didattica che, tipicamente, viene definita entro la fine del mese di novembre. In questo modo si rafforza concretamente il concetto che le prove Invalsi vanno intese come una misurazione per la scuola e non sulla scuola.
L’opposizione alle iniziative dell’Invalsi, che trova ampio spazio sui giornali, continua?
In alcuni casi le prove Invalsi sono ancora oggetto di accesa e ampia discussione. Il fatto di per sé è positivo poiché è molto importante che ci sia un ampio dibattito su un tema così caldo, anzi, l’Invalsi stesso si è fatto promotore, e intende farlo anche in futuro, del confronto sulle caratteristiche delle prove. Spesso però le polemiche assumono toni e forme che lasciano pensare a una scarsa informazione, indipendentemente da quale ne sia la causa.
È possibile avere informazioni sulla localizzazione geografica?
Si concentrano in alcune aree del Paese, in particolare, anche se non esclusivamente, a Roma o in Toscana.
Si stanno muovendo enti e organizzazioni per togliere la valutazione della prova Invalsi di terza media dal voto-giudizio finale. Che cosa pensate in proposito?
Sicuramente la valutazione standardizzata all’interno dell’esame di Stato a conclusione del primo ciclo assume delle caratteristiche particolari e deve portare a riflettere su tutto l’esame, ossia sul suo impianto generale e non solo sulla cosiddetta Prova nazionale. Ritengo, tuttavia, che toglierla dalla valutazione conclusiva sarebbe un grave errore, poiché cancellerebbe dall’esame l’unico elemento di standardizzazione, rendendo, di fatto, scarsamente informativo l’esito dell’esame stesso.
Si spieghi.
Se si affronta concretamente il problema della valutazione della prova nazionale ci si può facilmente rendere conto che il peso effettivo da essa esercitato sul voto finale di licenza è molto modesto; d’altra parte la prova nazionale consente di introdurre un elemento di oggettività prima sconosciuto che, invece, è concettualmente inscindibile dall’idea stessa di un esame di Stato.
In altri termini?
Non mi pare coerente volere mantenere un esame di Stato eliminandone però l’unico elemento di valutazione oggettiva che ne dovrebbe rappresentare l’elemento distintivo, anche se non esclusivo.