Carissimi amici del Sussidiario,

La Giornata mondiale della gioventù lascia a tutti gli educatori un insegnamento significativo e prezioso che può diventare riferimento per l’impegno quotidiano dell’educazione. E’ Papa Francesco a lasciare con la sua testimonianza infaticabile il solco in cui immettersi per poter come lui incidere nel rapporto con i giovani. E non innanzitutto in quello che ha detto va ricercato il tesoro della GMG, ma nel modo con cui il Papa è stato tra i giovani, lì vi è il segreto di tanta capacità di colpire e trascinare. Un educatore di oggi dovrebbe rivedere il Papa in azione a Rio tra i giovani, dovrebbe studiare le sue mosse, dovrebbe cercare di cogliere da dove ogni volta partiva e da dove traeva la sue incontenibili energie.



Questo dovrebbe essere il punto di imitazione e non il riprendere i discorsi pur di alto livello del Papa, ma che non si capirebbero se prima non si assecondasse la sua mossa originaria. E’ in questa direzione che almeno due sottolineature vanno fatte e prese sul serio in ogni impegno educativo che voglia avere la minima possibilità di riuscita. La prima sottolineatura è che il Papa non ha mai puntato su di sé, ma in un modo che suscita curiosità ha puntato all’unisono su Cristo e sul cuore dei giovani. Questo è il segreto della GMG, un Papa che portava tra i giovani la certezza dello sguardo di Cristo a ognuno di loro, la certezza del Suo Amore e nello stesso tempo la certezza che loro, i giovani, avevano nel loro cuore lo strumento per poterGli rispondere, per assecondare il suo sguardo. Questo è quello che abbiamo da imparare dal Papa, che si educa quando si punta su Colui che unico educa, Cristo, e sul cuore, perché è nel cuore il punto di forza di ogni educazione.



Un Papa quello visto a Rio che ci ha fatto vedere la sua apertura ai giovani, una apertura che non viene da una analisi, che non viene da una psicologia, che non viene da una dottrina pedagogica, ma semplicemente dalla sua fede, dal riconoscere lo sguardo di Cristo nella vita fino a seguirne la direzione. Si educa se si punta su altro da sé, se si mette nell’orizzonte del proprio sguardo quello di Cristo, se si guarda i giovani come li guarda Cristo, con la certezza di poter puntare su di loro, di poter riporre la fiducia nella loro capacità di riconoscere il vero e il bello.

La seconda sottolineatura è che Papa Francesco si è rivolto ai giovani, uno a uno. Questo è il punto di forza imprescindibile della sua proposta. Mai ha presentato il cristianesimo come una dottrina o delle regole, mai come un insieme ben confezionato di pratiche da eseguire, ma sempre il Papa ha sfidato i giovani uno a uno, consapevole che Cristo non si rivolge a una massa, ma chiama uno a uno. Il Papa lo ha evidenziato in alcuni momenti particolarmente intensi, quando facendo fare a tutti silenzio chiedeva di interrogarsi per capire che cosa il Signore volesse da ognuno. La certezza che per ogni persona vi è una strada, tutta sua, un percorso da fare che è unico, del tutto originale!



Questo spoglia la proposta cristiana della zavorra di una religione di massa, come se ci fossero dei comportamenti da assumere per vivere, mentre la questione seria della vita è molto più semplice: è che ognuno deve stare lui di fronte al mistero della vita, e rispondere a quello che gli chiede con la sua libertà. Il Papa ci ha restituito il fascino dell’avventura personale del vivere e con questo ci ha rifatto capire che educare non è dire a un giovane quello che deve fare, ma è accompagnarlo a rispondere lui a quello cui il Mistero lo chiama. Educare è farsi da parte perché esploda la libertà dell’altro! C’è tanto da imparare in quello che il Papa ci ha testimoniato a Rio: siamo solo all’inizio!

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