La vicenda del ragazzo 14 enne di Roma ha inevitabilmente suscitato l’attenzione di molti: quali sono le cause che spingono un ragazzino con una vita davanti a farla finita? Rispetto a questa domanda, le risposte, tentate, sono state tante. In ballo è stata tirata anche la vicenda che riguarda l’approvazione del disegno di legge contro l’omofobia.
Rispetto al dramma della solitudine (origine principale di tante distorsioni umane del proprio agire), rischiamo di non comprendere a fondo la natura del problema, continuando a fornire risposte in maniera esclusivamente “materiale”. L’altro giorno, in un centro commerciale affollato di turisti, due signori con i bambini discutono dell’acquisto di una tv. Il motivo: “la nonna è sola e ha bisogno di compagnia” dice il padre rivolgendosi ad uno dei figli. La tv, il cane di compagnia, una bella casa con vista mare, un’auto nuova. Come se il possesso di questi beni riempisse di senso la vita. La solitudine ha un’origine umana e sociale ed è soltanto nella stessa origine che si trovano le soluzioni. Mai definitive, ma mai banali. Di fronte al dramma del ragazzo romano, non è con una legge o con una favolosa educazione civica che si risolve il problema. Al massimo, il risultato sarebbe quello di allontanare il problema e sentirci a posto con la coscienza.
Il dramma di un ragazzo (come quello di qualunque persona) è molto più complesso, più dignitoso, più difficile da capire di quanto noi, per ragioni di comodo, vogliamo chiudere in una soluzione giuridica. Se il problema è umano, è umanamente che bisogna trovare la soluzione. Ed è proprio questo riconoscimento che la cultura moderna (fatta di Stato e individuo) ha cercato di eliminare con lo scopo di creare uomini liberi. L’effetto è quello di aver creato uomini soli. Col tempo è diventato sempre più difficile accettare che alle vicende umane non è possibile trovare una risposta che valga sempre, un modo che equivalga per tutti, una soluzione che ci metta apposto con quel problema. Pensiamo alle politiche contro la tossicodipendenza: per anni, e ancora oggi, si pensa che il metadone sia la risposta ottimale, dimenticando che l’origine della tossicodipendenza non è farmaceutica, ma un senso di vuoto umano e sociale. Il metadone è il take away di una falsa risposta, di una risposta non all’altezza del problema: le vicende umane non si affrontano con i take away, piuttosto necessitano di un impegno umano continuo e costante.
Il dramma della vita (e della vita insieme) è che molto più faticoso relazionarsi con altri che comprare una tv. Ma la responsabilità di ciascuno e il valore della nostra esistenza sta nella qualità delle nostre relazioni umane e sociali che viviamo. Senza di esse saremmo in balia di tutto. Anche della tv che non funziona. Il senso della nostra esistenza si svela nei legami sociali che ci circondano: il dolore, la fatica, la gioia sarebbero impensabili o estremizzate senza le relazioni umane. Per questo la scuola (oltre alle altre agenzie di socializzazione) diventa il luogo principale dove imparare a relazionarsi con gli altri. Una scommessa che ha fatto grande l’Italia.