Nel recente decreto 104 (intitolato “La scuola riparte” e approvato dal Consiglio dei ministri il 9 settembre) è contenuta l’abrogazione del famoso “Bonus maturità”, di cui si è molto discusso nelle ultime settimane. Gli effetti di questa abrogazione incidono già a partire dai test d’ingresso svolti quest’anno per i corsi di laurea ad accesso programmato, il che comporta anche un inevitabile rinvio della data di pubblicazione delle graduatorie.
Il bonus prevedeva fino a 10 punti extra di valutazione del percorso scolastico dello studente sui 100 punti totali del test d’ingresso. Il criterio adottato per questo test d’ingresso era quello dei percentili (legato alla distribuzione dei voti di maturità nella singola commissione). Negli ultimi mesi questa modalità aveva suscitato critiche e perplessità da parte di tutto il mondo accademico e universitario per le pericolose sperequazioni che poteva generare fra i candidati e fra le realtà del territorio: di due studenti con lo stesso voto, ma appartenenti a due diverse classi della stessa scuola, uno poteva avere diritto al bonus e l’altro no. Il Miur già a marzo aveva posticipato i testa da luglio a settembre per cercare di sistemare le iniquità. Ilsussidiario.net ha raccolto l’opinione di Andrea Oggioni, studente dell’Università statale di Milano presidente del Clds (Coordinamento liste per il diritto allo studio).



Voi studenti siete stati consultati?
Per venire incontro a queste critiche, il ministro aveva istituito nel mese di luglio una commissione speciale composta da personalità accademiche e da una rappresentanza studentesca nominata nella prima seduta del Cnsu, per formulare dei pareri e delle proposte volte al miglioramento del bonus. Nel corso dei lavori si era reso subito evidente come il semplice voto conseguito all’esame di Stato e soprattutto il metodo dei percentili fosse eccessivamente discrezionale.



Da cui l’abrogazione.
Sì. Nonostante i vari tentativi e gli sforzi di tutta la commissione non è stato possibile trovare un indicatore che premiasse con attendibilità e uniformità le carriere meritevoli degli studenti che si accingevano a svolgere i test d’ammissione. Questo avrà delle implicazioni.

A cosa ti riferisci?
Questo aspetto deve far riflettere chi penserà di riformare test d’ingresso e bonus: pensare scuole e università come due compartimenti stagni ha portato a queste iniquità, all’incapacità di trovare nel sistema scolastico un indicatore che potesse essere equo per tutti gli studenti e che potesse andare di la delle differenze territoriali.



Come si è arrivati al colpo di spugna?

Senza accontentarsi di una ulteriore soluzione parziale e consapevoli della rilevanza del bonus in un test che vede confrontarsi circa 80mila studenti, il Clds (Coordinamento liste per il diritto allo studio, ndr) si è orientato, in sintonia con le altre componenti studentesche rappresentate in commissione, verso una scelta drastica ma risolutiva: l’abolizione del bonus a partire dagli anni successivi, con la proposta di realizzare una commissione ad hoc per ripensare complessivamente il test d’ingresso, in modo che esso riesca a valutare lo studente nella maniera più completa e adeguata possibile.

Il Dl del 9 settembre tuttavia ha abrogato d’urgenza il bonus maturità comprendendo anche i test d’ingresso di quest’anno. Cosa pensate di questa decisione del Miur?
Cambiare le regole del gioco nei giorni in cui si sono svolte le prove è stata una mossa rischiosa, che dimostra l’ennesima debolezza delle istituzioni nell’affronto di un tema così delicato. Tanti ragazzi si sono chiesti dove va a finire la meritocrazia, se non ad affondare in una marea di ricorsi che rischiano di bloccare ulteriormente il sistema.

Eppure, numero chiuso vuol dire premiare il merito.
Certo, non è questo il punto. Il fatto è che troppe volte in questi anni il capitolo “numero chiuso”, ma in generale tutto il sistema universitario, è stato affrontato in maniera emergenziale, con provvedimenti d’urgenza e cambiamenti repentini di indirizzo da parte del ministero: negli ultimi sei mesi le regole del test d’ingresso sono state cambiate tre volte e il test attuale, inizialmente previsto per luglio 2013, è stato spostato a settembre con pochissimi giorni di preavviso. Un’instabilità del genere non facilita certo la preparazione dello studente, anzi rischia di costituirsi un ostacolo ulteriore al suo accesso al mondo universitario. Mai come ora gli studenti hanno soprattutto bisogno di certezze e di stabilità.

Hai citato i ricorsi. Anche il reclutamento dei docenti e dei dirigenti è sotto la minaccia permanente del ricorso all’autorità amministrativa.
L’arma del ricorso è un diritto che chi ha subito torti evidenti e iniquità nello svolgimento dei test può liberamente esercitare. È diverso quando la gara al ricorso venga fomentata da diverse associazioni studentesche utilizzando armi giudiziarie per portare avanti rivendicazioni politiche. Il gioco al massacro dei ricorsi ora non serve a nulla.

Cosa si può fare ora?

Innanzitutto si è insediato nella nuova composizione lo scorso luglio il Cnsu, organo di massima rappresentanza degli studenti universitari nel dialogo col ministro. È in tale sede che grazie alle diverse rappresentanze può nascere un dialogo costruttivo e responsabile su questi temi. Il ministro, che recente ha chiesto di evitare i ricorsi, ora non può però evitare di confrontarsi con le posizioni degli studenti all’interno del Consiglio. Aprire questo dialogo può essere il primo passo per un lavoro serio con risultati concreti.

E per quanto riguarda i test d’accesso?
È un problema che va affrontato con decisione: si prosegua con i lavori della commissione sul “bonus maturità” come già auspicato a inizio settembre. Solamente confrontandosi in queste sedi di lavoro e confronto, e non attraverso i ricorsi, noi studenti potremo portare un contributo costruttivo per i prossimi anni.