La ragazzina, figlia di una mia amica, ha appena finito la seconda elementare e sta giocando sul praticello davanti alla casa.  – Ti piace andare a scuola? – le chiedo. 

Abbastanza – risponde e mi guarda attenta.

E gli insegnanti come sono? -, continuo.

Uno è bravo – risponde. 

Risposte immediate, rapide, sicure, nette. Sua madre stupita alza gli occhi e segue la vicenda.



Ma tra i tuoi compagni c’è qualcuno che disturba? – 

Sì, tre. –

E quando disturbano? –

Quando l’insegnante spiega. –

E quando non spiega? –

Disturbano lo stesso. – 

Allora c’è sempre casino – dico io.

Certo -. Un “certo” fulmineo.

Perché dici certo? – continuo, pensando che poteva anche rispondere soltanto “sì”. 



Perché è vero! – risponde con impeto la bambina che, evidentemente, cerca da tempo una soluzione.

La madre media, dice che sono bambini con problemi familiari e vanno capiti.

Nel corso dell’estate ho parlato con altri due bambini e con i loro genitori, di aree geografiche molto diverse, da Roma a Monza a Milano. Ho sentito anche qualche ragazzo delle superiori. La musica è sempre la stessa: la vita di classe è  caratterizza dal trambusto, dalla polemica, dalla tensione, dal caos. Non ugualmente con tutti gli insegnanti: miracolosamente c’è di solito un docente per classe che riesce a gestire, ma con gli altri è il caos. Un bambino di prima elementare racconta della maestra insultata e perfino aggredita da un alunno che salta sui banchi, butta per terra tutti i materiali suoi e degli altri bambini. Anche questo bambino “ha dei problemi familiari”, ma come sempre questo argomento, anziché produrre adeguate formule gestionali, serve ad indurre la generale sopportazione del pazzesco e dell’assurdo. Fino allo sfinimento o all’evento eclatante da cronaca mediatica.



In moltissime classi delle medie e delle superiori si è creata una situazione di compromesso. L’insegnante rinuncia a gestire la classe intera ed opera sui cinque o sei volonterosi che seduti attorno alla cattedra ascoltano. Da metà dell’aula in poi, ognuno fa quello che vuole: parla, dorme, ascolta musica, esce. 

Se i toni della “curva” aumentano troppo l’insegnante, pateticamente indignato, invoca il rispetto del diritto delle minoranze ad apprendere. I cinque o sei volonterosi sono quelli che hanno capito che stando attenti si può evitare lo studio a casa, oppure quelli che essendo in lista nei giorni successivi per l’interrogazione programmata si preparano alla prova. Passata la prova torneranno alla curva,  fino alla prossima scadenza. 

Invito tutti a sottoporre questi scenari ai giovani di loro conoscenza per accertarne la veridicità che però, almeno inconsciamente, è già nota a tutti.

Passo dopo passo la condizione della vita studentesca è diventata insopportabile, sia per gli alunni che per gli insegnanti. E non si vedono vie d’uscita. Anzi, di fronte al disimpegno di massa ed alla estinzione del “diabolico” alunno diligente, demonizzato per anni, continua a manifestarsi la tendenza all’aumento del curricolo. Questa tendenza nasce dal sindacalismo e dall’uso improprio dell’impiego statale come antidoto alla disoccupazione. Essa è fatale sul piano della condizione studentesca e perfino ormai della salute mentale dei giovani. 

Ci sarebbe la soluzione semplice, non costosa e anzi, portatrice di risparmi virtuosi, rispetto alla drammaticità della situazione. Propongo, allora, alcune semplici idee. Ridurre a 4 le ore di lezione quotidiana, per 5 giorni alla settimana col sabato libero. Sembra assurdo ma sarebbe un “Entrare in Europa”, dove, quasi ovunque, è già così.

Le interrogazioni e le prove di verifica potrebbero essere scorporate dalle lezioni del mattino e posizionate in un pomeriggio dedicato. In tal modo le lezioni, riducibili a 45 minuti ciascuna, vedrebbero solo l’esposizione del docente, la conversazione e le esercitazioni di classe. I compiti e lo studio dovrebbero essere consigliati e non prescrittivi. Volendo andare ancora un po’ oltre − ma non sarebbe inizialmente indispensabile −, le prove di verifica almeno una volta al quadrimestre dovrebbero essere di istituto, somministrate e corrette da insegnanti diversi dai titolari di classe.

La scuola dovrebbe essere aperta tutti i giorni della settimana dalla mattina al tardo pomeriggio per ospitare attività opzionali mirate, dal recupero all’intrattenimento, al lavoro di gruppo, allo studio individuale, al gioco, allo sport ed a innumerevoli iniziative legate al territorio.

Sarebbero strumenti organizzativi complessivamente a costo zero, anzi con effetti “risparmiosi” sul bilancio ma potenti come una brezza marina sul clima fetido della scuola.