Franco Nembrini insegna italiano e storia nelle scuole superiori. Laureato in Pedagogia all’Università Cattolica di Milano nel 1982, l’anno successivo è tra i promotori della scuola media libera “La Traccia” di Calcinate, a pochi chilometri da Bergamo.
Dal 1999 al 2006 è presidente della Federazione Opere Educative (Foe) e fa parte del Consiglio nazionale della scuola cattolica, della Consulta nazionale di pastorale scolastica della Cei, nonché della Commissione per la parità scolastica del ministero dell’Istruzione. Dal 2008 al 2011 è responsabile degli insegnanti e degli studenti medi superiori del movimento di Comunione e liberazione. È soprattutto in questi anni che inizia a tenere centinaia di incontri pubblici, in tutta Italia e anche all’estero – dal Brasile alla Russia, passando per Spagna, Repubblica Ceca, Ungheria –, parlando specialmente di Dante e di questioni relative all’educazione. Oggi è rettore del Centro scolastico La Traccia di Calcinate in provincia di Bergamo, che ha aderito alla campagna Openday Insieme promossa dalle scuole associate a CdO Opere Educative.



Prof. Nembrini, cosa vuol dire scegliere la scuola nel pieno della grave crisi educativa in cui ci troviamo?
Proprio perché stiamo vivendo una gravissima emergenza educativa la scelta della scuola diventa, a mio parere, di vitale importanza, anzi, direi che in anni passati un contesto sociale e culturale più coerente con l’educazione familiare rendeva non così necessario il ricorso alla scuola paritaria. L’attuale drammatica crisi che vede in difficoltà tutte e tre le agenzie educative (Chiesa, scuola, famiglia) che tradizionalmente avevano garantito a intere generazioni il percorso verso la maturità, rende indispensabile ai genitori la scelta di collaboratori affidabili e credibili. Don Giussani scriveva già negli anni 60: “In particolare la genialità educativa della famiglia si rivela nella scelta dei collaboratori che essa si assume nell’opera di educazione dei figli”.



Non è facile questa scelta nella scuola italiana. Poi i genitori, soprattutto quando i figli hanno terminato la scuola primaria, sembrano poco preoccupati di questo aspetto….
Genera alquanto stupore lo spettacolo, oggi quasi generale, di famiglie che, dopo aver dato per anni ai loro ragazzi precise idee di fondo, non si preoccupano che essi le possano verificare nel tempo dell’adolescenza. Si permette così – con un’inconsapevolezza che per non essere colpevole non è tuttavia meno rovinosa – che la scuola “neutra” e laicista compia indisturbata il suo capolavoro di distruzione e di squilibrio nella coscienza dei figli. Occorre sottolineare ancora che non si tratta soltanto della difesa di certi valori che una scuola laicista minaccia; ma si tratta, ancor prima, della salvezza di una integrità psichica, della valorizzazione di una energia vitale nei giovani, a qualsiasi concezione della vita la famiglia li abbia educati.



Ma quali domande potrebbero farsi i genitori per capire qual è il percorso scolastico più adeguato ai  propri figli?

Riguardo ai criteri di scelta della scuola mi sembra che la domanda più corretta, e decisiva, sia quella che nasce da una preoccupazione sulla proposta educativa che i nostri figli possono incontrare a scuola. Ovviamente insieme ad una garantita serietà del percorso di studi. La domanda che un genitore dovrebbe farsi in occasione della scelta della scuola per i figli mi sembra ben formulata in questa lettera che ho ricevuto da una mamma: “Ma io che cosa desidero per mio figlio, prima di ogni cosa? Che ci sia qualcuno che lo guardi e lo abbia a cuore, che lo aiuti a diventare uomo e che lo educhi alla bellezza o altro? Sto leggendo la vita di don Giussani e mi sono commossa nel leggere i salti mortali fatti da sua madre, i sacrifici enormi per l’educazione di suo figlio e io… in fondo in fondo ne farei meno di lei. E allora… qual è la cosa più importante per mio figlio? Vorrà dire che faremo qualche sacrificio. Mio figlio ha deciso di iscriversi a un liceo scientifico paritario e il mio primo pensiero è stato “e se non ce la facciamo a reggere per cinque anni? Se il lavoro di mio marito andasse ancora peggio, o dovesse addirittura rimanere disoccupato? Mi viene da mettere le mani avanti. Sorgono tanti ‘se’ che mi paralizzano, ma poi guardo la mia vita. Penso alla mia storia e a quella dei miei amici, al bene che la vita è per me e mi rassereno. E allora non parto dai ‘se’ e dai ‘ma’ sul futuro, ma parto dall’oggi e dico: oggi questa educazione è per me e per mio figlio un bene irrinunciabile. Oggi punto su questo, il resto si affronterà pian piano”.

E gli Open Day, che ormai fanno tutte le scuole? È utile andare a vedere oppure si rischia di rimanere confusi o addirittura sviati da “vetrine” senza un contenuto reale?
Andare a vedere nella vita è sempre un buon criterio. Certo che c’è il rischio di imbattersi in vetrine artificiali, costruite per attirare i gonzi. Ma la mia esperienza mi fa dire che i genitori, quando hanno a cuore il bene dei figli, hanno un “naso” straordinario. Fiutano e riconoscono con facilità l’imbroglio. Non si lasciano fregare. Andando a vedere ci si rende conto con facilità della proposta educativa che ogni scuola offre e si ha a disposizione un criterio quasi infallibile: la testimonianza di altre famiglie che su quella scuola hanno scommesso e sono in grado di raccontare la loro storia e la storia dei propri figli. Perché solo la testimonianza di chi ha vissuto dentro un’opera educativa aiuta a riconoscere ciò che è davvero buono e vero.

La scelta della scuola superiore chiede per la prima volta ai ragazzi di individuare il percorso più adatto alle proprie inclinazioni e attitudini. Mentre ancora si pensa che la scuola migliore sia il liceo, i livelli di dispersione scolastica rimangono alti. Com’è possibile aiutare famiglie e studenti in questo delicato passaggio?

Il passaggio alle superiori è effettivamente delicatissimo. Mi sembra che gli equivoci, o le difficoltà più diffuse tra le famiglie in ordine a questa scelta siano due. Il primo è l’illusione che il successo dell’azione educativa, e perciò il valore del proprio figlio sia proporzionale al successo scolastico secondo uno schema che abbiamo ereditato da una concezione profondamente sbagliata della cultura e della scuola. Così per molte famiglie la scelta da parte del figlio di un percorso di formazione professionale è sentita come un fallimento invece che come una grande opportunità.

E l’altro?
L’altro equivoco mi sembra essere quello di confondere la strada e la meta, lo strumento e lo scopo. Per dirla in modo semplice,bisogna ricordarsi che lo scopo dell’educazione è la felicità dei nostri figli e che la scuola, l’istruzione, la preparazione professionale ne è lo strumento, la strada. In questo senso confondere l’uno con l’altro è origine di grandi equivoci, di formidabili sviste educative e perciò di grandi sofferenze. In questo senso consiglio a tutti la lettura di un memorabile racconto di Guareschi dal titolo “Gigino” proprio sulla scelta del percorso di vita dopo la terza media.

(Marco Lepore)

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