TFA – Domenica scorsa il Miur ha fatto un comunicato stampa che annuncia, tra le altre cose, un nuovo bando per l’accesso al II ciclo del Tirocinio formativo attivo (Tfa) ordinario. Ma per capire il valore di questa notizia non tanto “domenicale” vale la pena fare un passo indietro, per veder meglio il quadro. Il 6 agosto Max Ferrario, dalle pagine di questo giornale, offriva una lucida sintesi del percorso accidentato che ha caratterizzato la formazione iniziale degli insegnanti, che inquadrava bene la situazione dei Tirocini formativi attivi introdotti dall’ex ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini. In particolare, l’articolo non censurava nessuna delle problematiche scaturite dalle modalità e dalla tempistica con cui gli atenei italiani hanno dovuto lavorare durante il primo ciclo di Tfa, chiedendo un sacrificio enorme alle scuole e ai docenti tutor accoglienti a titolo assolutamente gratuito, nonostante il sostanzioso apporto di denaro richiesto ai tirocinanti. Eppure l’articolo, con altrettanta lucidità, invocava l’opportuna riapertura del Tfa ordinario. Da allora, il quadro di incertezze, dubbi, disillusioni generato dal silenzio del ministero ha reso penoso, in tutti i sensi, parlare di Tfa ordinario.



Chiariamo il peso di questo aggettivo. Che significa “ordinario”? Significa, intanto, che ce n’è uno “straordinario”. Anzi, come ben chiariva Ferrario, “speciale”. I Tfa speciali che il ministro Carrozza ha ereditato dal precedente ministro Profumo, riservati a coloro che risultano già abilitati in una classe di concorso e che hanno almeno tre anni di servizio di cui uno nella classe di concorso alla cui abilitazione aspirano. Carrozza li ha subito rinominati Pas, Percorsi abilitanti speciali, tagliando via il tirocinio giudicato, de facto, superfluo. 



Tuttavia la procedura avviata per il percorso “speciale” ha misteriosamente arenato il secondo ciclo del Tfa ordinario, interrompendo quel ciclo auspicato come virtuoso dal precedente ministro e ribadito alla Convention di Diesse dell’ottobre 2012: laurea, Tfa, concorso riservato per i neo-abilitati (i giovani laureati si erano infatti visti esclusi dal recente concorsone). E invece niente concorso riservato per i nuovi abilitati del primo ciclo, niente nuovo Tfa per i neo-laureati. Anzi, stanno partendo i Tfa per l’abilitazione al sostegno su cui grava anche l’onere, per così dire, della riconversione dei docenti a tempo indeterminato appartenenti a classe di concorso in esubero. Pas e Tfa per il sostegno costituiscono dunque un onere non indifferente in termini di offerta formativa richiesta agli atenei. Il tutto avviato con la tempistica cui la montagna di ricorsi presentati dagli aspiranti esclusi ha costretto.



Ecco che finalmente, domenica 18 gennaio il silenzio è rotto da un comunicato stampa del Miur che titola “Scuola, il titolo abilitante sarà valorizzato subito nelle graduatorie di istituto. Entro febbraio il bando del II ciclo Tfa, la graduatoria di ammissione sarà nazionale”.Le poche righe sono cariche della tensione a voler rimediare alle tante falle di questa barca, come a voler tranquillizzare un po’ tutti: neo-abilitati, che si pretende di accontentare annunciandone l’immediata entrata “con precedenza” in terza fascia nelle graduatorie di istituto da cui i dirigenti attingono per le supplenze temporanee – ossia la fascia riservata ai semplici laureati (!), anziché la seconda fascia destinata agli abilitati, cui dovrebbero poter accedere alla riapertura ufficiale delle graduatorie di istituto stesse; aspiranti Pas, che si vedono concedere l’anno scolastico 2012/13 come valido per l’accumulo dei tre anni di servizio richiesti; laureati in attesa del secondo ciclo dei Tfa, che hanno perso un anno e che, con l’annunciato bando di fine febbraio, sperano di abilitarsi entro il 2015 e potranno spostarsi dal proprio ateneo verso un ateneo con maggiore disponibilità di posti, visto che la graduatoria degli ammessi sarà nazionale.

Due cose ci sentiamo di dire al ministro. La prima è fare tesoro dell’esperienza del precedente ciclo di tirocinio che aveva evidenziato una serie di questioni inerenti le prove preselettive, i rapporti tra scuola e università, valutazione dei tirocinanti, retribuibilità delle scuole, magari cercando il confronto con gli Usr, le scuole accoglienti e gli atenei. La seconda è non limitarsi ad annunci e passare ai fatti. Lo scetticismo che i proclami alimentano rischia di essere il tratto esistenziale più decisivo dei futuri insegnanti.

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