Dal prossimo settembre tutte le scuole pubbliche, sia esse statali o paritarie, avranno corsi Clil, con gli studenti impegnati a studiare una materia in una lingua straniera, e con i docenti che dovranno avere una certificazione, esito di un percorso di formazione gestito dalle Università. Quanto fatto finora per i licei linguistici verrà esteso all’ultimo anno di tutti i licei e gli istituti tecnici. Ma “per i docenti della scuola paritaria”, commenta Marco Masi, presidente della CdO Opere Educative-Foe, “non è previsto alcun corso di formazione, anche se la scuola paritaria ha gli stessi obblighi della scuola statale”. Tocca alla scuola paritaria, sottolinea il presidente dell’associazione che raggruppa oltre 520 istituti, far sentire la sua voce.
Presidente Masi, cosa pensa di quanto fatto finora per preparare la scuola italiana al Clil?
Pur non essendo uno specialista dell’argomento, direi che è evidente a tutti che l’attivazione della metodologia Clil, a livello di politica scolastica, è un altro caso in cui coi buoni propositi si possono lastricare strade poi molto accidentate… Pur essendo un obbligo, introdotto con la Riforma dei cicli del 2003, che andrà pienamente in attuazione a settembre del 2014, cioè ben 11 anni dopo, i docenti delle discipline non linguistiche non saranno né pronti né certificati in numero adeguato. Ma a questo si aggiunge una palese contraddizione ed un ulteriore problema.
Quale sarebbe questa contraddizione?
Con la legge di parità 62/2000, la scuola pubblica comprende sia la scuola statale che quella paritaria. Gli studenti assolvono l’obbligo dell’istruzione in entrambe, e tutti i docenti devono poter conseguire le qualifiche richieste dalla legge. Ma per quanto riguarda la metodologia Clil questo non sembra essere possibile, perché i docenti della paritaria non possono accedere alla formazione, anche se le scuole dove lavorano hanno attivato come da legge i percorsi Clil già nell’anno scolastico 2012/13 per i linguistici e dovranno farlo, dove prescritto, dal prossimo settembre. Un altro caso in cui, come per il recente decreto per i fondi sul wireless, le paritarie sono state tagliate fuori.
In cosa consiste la formazione che i docenti dovrebbero sostenere, e come mai quelli della paritaria non vi possono accedere?
Si tratta di corsi metodologici di 20 Cfu, gestiti a livello regionale dalle università a seguito di bandi appositamente predisposti dal Miur, a cui si accede se si è laureati e si ha un certificato che attesta che si sa bene una lingua. Il livello è C1. Il terzo criterio è che si sia in servizio presso una scuola statale, ma mentre i primi due requisiti sono chiaramente pensati per garantire la qualità didattica dell’offerta formativa, il terzo non ha queste caratteristiche. Semplicemente esclude i docenti della paritaria, che però devono insegnare il Clil come gli altri, e le cui scuole sono anche invitate a inserirsi nelle reti regionali e sottoregionali Clil, per collaborare alla diffusione delle buone pratiche.
Quindi i docenti delle paritarie fanno o faranno Clil, collaborando con quelli delle statali, ma senza che la legislazione preveda per loro un adeguato percorso di formazione e poi di certificazione?
Esattamente. E questo nonostante la vitalità di molte scuole paritarie che il Clil lo fanno, a volte anche supportando i propri docenti nel miglioramento delle competenze linguistiche. Ma di questo si sa poco o nulla, e soprattutto il Miur, come per altri casi, non si interessa della scuola paritaria. Tocca alla scuola paritaria farsi presente e reclamare il proprio diritto ad essere veramente quello che è di diritto, scuola pubblica, cioè per tutti.
In che modo?
Innanzitutto attraverso una indagine conoscitiva a livello nazionale che porti alla luce il fabbisogno formativo reale dei docenti delle paritarie. Bisogna saper dire quanti sono i docenti che, o perché impegnati o da impegnarsi in percorsi Clil in un certo istituto, dovrebbero poter intraprendere quel percorso di formazione che è al momento loro precluso.
Non dovrebbe essere questo un compito del Miur? Per i docenti delle statali è stato fatto.
Dovrebbe, ma allo stato attuale delle cose questa indagine deve giocoforza partire dalla paritaria. A tale scopo come associazione abbiamo steso, in collaborazione con l2teach − un gruppo di scuole lombarde che si occupano stabilmente di Clil − un questionario compilabile on line rivolto ai docenti delle paritarie che vogliono potersi “certificare” come docenti Clil, ovviamente in presenza dei due requisiti, laurea e competenza linguistica, indispensabili. Il questionario sarà disponibile sul nostro sito fino al 28 febbraio, i dati verranno poi raccolti ed analizzati. Abbiamo esteso la proposta anche ad altre associazioni paritarie al fine di consentire una rilevazione accurata del bisogno formativo relativo al Clil. La rilevazione è il primo passo per poter far presente il fabbisogno formativo reale ed individuare strade percorribili per arrivare a certificare i docenti.
Ma perché è così importante che il docente sia certificato?
La certificazione è l’esito di un processo di formazione fornito dalle università il cui scopo è, almeno idealmente, migliorare la professionalità del docente stesso, condizione fondamentale per garantire un’offerta formativa altamente qualificata. E quindi a tutto vantaggio degli studenti. Anche se mi auguro che un modello sussidiario possa essere accolto pure in questo ambito.
Cosa intende qui con un modello sussidiario?
Liberalizziamo i percorsi formativi, attualmente del tutto verticistici. Ad esempio riconoscendo l’attività formativa delle associazioni e dei docenti stessi in merito alla metodologia Clil, o facendo in modo che i dirigenti scolastici possano valutare e certificare la competenza dei loro docenti. In sostanza, individuando forme di riconoscimento della formazione generata dalla fattiva opera individuale e consociata dei docenti stessi, siano essi della paritaria e della statale. Cioè della scuola pubblica.
(Silvia Ballabio)