Le rilevazioni Pisa (Programme for International Student Assessment) analizzano le competenze degli studenti 15enni nella comprensione di Lettura, Matematica e Scienze. Esse consentono il confronto tra i paesi Ocse (34), diversi paesi del Mondo (32) e le precedenti rilevazioni (2000, 2003, 2006 e 2009). I risultati offrono anche un quadro relativo ai diversi territori nazionali, analogamente alle rilevazioni Invalsi: Nord-Ovest, Nord-Est, Centro, Sud (Abruzzo, Molise, Campania e Puglia) e Sud Isole (Sicilia, Calabria, Basilicata e Sardegna).
Il campione dei 15enni include studenti che frequentano classi diverse. I 15enni italiani del campione “regolari”, ossia frequentanti il II anno della scuola secondaria di II grado, sono il 78,5%. Come vedremo, è particolarmente interessante il dato riguardante la distribuzione degli studenti cosiddetti “anticipatori” sul nostro territorio nazionale. La rilevazione svolta nel 2012 e presentata il 3 dicembre scorso dal Miur evidenzia che gli studenti italiani risultano avere una media (Matematica 485, Lettura 490 e Scienze 494) al di sotto di quella Ocse (Matematica 494, Lettura 496 e Scienze 501). Tuttavia, considerevoli risultano le differenze territoriali: risultati discreti al Nord-Est, buoni al Nord-Ovest e al Centro, scarsi in alcune regioni del meridione. In generale questo conferma i dati delle ultime rilevazioni nazionali effettuate dall’Invalsi.
Se un precedente articolo in questa sede titolava “Perché a Trento i dati Ocse-Pisa sono migliori?“, qui ci si pone una domanda opposta sulla foto che l’Ocse ha scattato alla Sicilia. Questa domanda ha anche un interesse di politica economica se si pensa che la Sicilia è, insieme a Calabria, Puglia e Sardegna, una delle regioni definite “obiettivo convergenza” dalle norme europee per lo stanziamento dei fondi strutturali, ossia riconosciute come priorità nell’erogazione di risorse da anni profuse per realizzare i progetti dei Programmi operativi nazionali (Pon) in ambito di istruzione e formazione.
Andamento della rilevazione nel Meridione (Sud e Sud Isole) ed in particolare in Sicilia – Per comprendere come stanno le cose nel Sud, Sud Isole e in Sicilia, il termine di paragone resta la media nazionale italiana che, a sua volta, non è tra le migliori a livello internazionale. Per fare un esempio: in matematica – disciplina per cui le rilevazioni hanno esteso la scala dei quesiti – l’Italia registra una media di 485 punti, la media dei paesi Ocse è di 494 punti, il paese con il più alto livello rilevato è la Corea del Sud con un punteggio di 554. Per quanto riguarda le diverse competenze, ecco un quadro relativo al Meridione che vede la Calabria e la Puglia rispettivamente con i punteggi più bassi e più alti.
Anzi, la Calabria risulta essere la regione con i punteggi più bassi d’Italia per tutte le competenze; la Puglia si colloca nella Lettura ad un livello più alto della media nazionale:
| Italia | Sud Isole | Sicilia | Calabria | Puglia |
MATEMATICA | 485 | 446 | 447 | 430 | 478 |
LETTURA | 490 | 453 | 455 | 434 | 493 |
SCIENZE | 494 | 452 | 454 | 431 | 483 |
N.B. Le tabelle riportano i punteggi relativi alla media assoluta, senza considerare la variabilità da cui risulta il valore della media stessa.
In questo quadro la Sicilia è ad un livello generale lievemente superiore alla media del Sud Isole, ma di molti punti inferiore rispetto alla media nazionale. Si tenga presente, a misura dell’ampio margine di variabilità territoriale nel nostro Paese, il punteggio delle regioni più virtuose:
| MATEMATICA | LETTURA | SCIENZE |
Prov. Aut. Trento | 524 | – | 533 |
Lombardia, | – | | – |
Tuttavia, il dato della Sicilia e delle diverse regioni va configurato anche rispetto ad altri fattori per cui si registra una forte variabilità territoriale nel Paese. Primo fra tutti è la differenza dei livelli di competenza registrati per tipologia di scuola nelle diverse aree. Il rapporto Ocse restituisce i dati dell’intero sistema di istruzione e formazione, dunque anche quello relativo ai centri di formazione professionale (Cfp):
| LICEI | TECNICI | PROFESSIONALI | Cfp | ||||||||
| Mat. | Let. | Sc. | Mat. | Let. | Sc. | Mat. | Let. | Sc. | Mat. | Let. | Sc. |
Nord-O | 544 | 558 | 558 | 514 | 503 | 520 | 456 | 469 | 475 | 427 | 427 | 438 |
Nord-E | 555 | 569 | 567 | 532 | 517 | 536 | 441 | 433 | 455 | 434 | 421 | 445 |
Centro | 524 | 536 | 532 | 477 | 465 | 482 | 417 | 412 | 426 | 410 | 397 | 434 |
Sud | 500 | 523 | 503 | 451 | 446 | 455 | 385 | 390 | 394 | 341 | 345 | 375 |
Sud Isole | 483 | 502 | 492 | 440 | 432 | 445 | 380 | 376 | 382 | 361 | 421 | 390 |
Questi dati evidenziano che:
− Fatto salvo i dati di Scienze nei Cfp al Centro (434) e nel Sud Isole (390), che risultano migliori rispetto agli stessi dati nei professionali (Centro, 426; Sud Isole, 382), i dati presentano una curva dei livelli di competenza costantemente discendente verso il basso andando dai licei verso i Cfp in tutte le zone d’Italia;
− Lo scarto tra i punteggi, nelle diverse competenze, tra i licei e i professionali è più omogeneo al Nord-O: 88 punti per matematica, 89 Lettura, 83 Scienze; nelle altre aree d’Italia lo scarto licei-professionali è più alto − con differenze che vanno da 106 punti per Scienze al Centro (532 vs 426) a 136 punti ( 555 vs 441) per la Lettura al Nord-E – e, in generale, si presenta più alto per le competenze di Lettura;
− Fatto salvo per alcune eccezioni − la Lettura nei licei al Nord-E, Centro, Sud e Sud Isole e nei Cfp al Sud Isole – le Scienze registrano il dato migliore rispetto a Matematica e Lettura in tutto il territorio nazionale per i diversi indirizzi di studio;
− L’indirizzo dei professionali è l’unico che nel Nord-E è “battuto” − per tutte le competenze − da un’altra zona d’Italia, il vicino Nord-O;
− I Cfp nel Sud Isole presentano livelli di competenza migliori rispetto al Sud e, per la Lettura, rispetto al Centro;
− Lo scarto tra i punteggi migliori in Italia e i peggiori per lo stesso tipo di indirizzo è inferiore per i licei (Matematica 72, Lettura 67, Scienze 75) rispetto agli altri indirizzi: tecnici, professionali e Cfp presentano scarti di punteggio che vanno dai 70 a, in molti casi, oltre 90 punti di distanza dei “peggiori” dai “migliori”.
Va detto però che i dati relativi ai Cfp presentano dei valori di errore standard molto alti. Ad esempio, il punteggio delle Scienze nei Cfp del Centro ha un errore standard di 28,1, nel Sud 13,6 contro il 4,2 dei tecnici del Centro o il 4,9 dei Professionali del Sud.
Infine, altro fattore rilevante che presenta delle differenze territoriali, è la percentuale degli studenti cosiddetti “anticipatori”, ossia coloro che hanno iniziato il corso degli studi del primo ciclo un anno prima e a 15 anni frequentano il terzo anno della scuola secondaria di secondo grado. Tale percentuale a livello nazionale è del 2,6%, ma al Sud e Sud Isole sale rispettivamente al 5,0% e 5,8% contro una percentuale di 0,8% al Nord-O, 0,4% al Nord-E e 1,5% al Centro.
La Sicilia è dunque parte di quel Sud Isole che rientra in un quadro molto diversificato e complesso a livello nazionale e dove anche l’indirizzo più virtuoso, i licei, si colloca a una distanza di 72 punti dall’analogo indirizzo in Prov. Autonoma di Trento. Per intenderci, si tratta della stessa distanza che c’è, ad esempio, in Matematica tra la Grecia − al quartultimo posto nella classifica Ocse − e i virtuosi Paesi Bassi, al quarto posto tra tutti i paesi Ocse.
A rendere più grave la situazione della Sicilia è il triste primato assegnatole dal Censis in un comunicato stampa del 28 maggio 2012 riguardo ai giovani “Not in Education, Employment or Training” (Neet), ossia i giovani che né studiano né lavorano: il 35,7% dei giovani tra i 15 e i 29 anni della più grande isola d’Italia non studia e non lavora. La dispersione scolastica, seppur lievemente attutita negli ultimi anni grazie alle iniziative degli enti locali e alla buona volontà degli insegnanti, resta sempre molto alta.
Quali le possibili cause? − Com’è possibile che una Regione autonoma “obiettivo convergenza”, destinataria di una considerevole quantità di fondi da parte dell’Europa si trovi in questa situazione? Quali analogie e differenze con, ad esempio, la Provincia Autonoma di Trento?
La Sicilia, in quanto Regione autonoma, gode di uno statuto speciale che le dà un’autonomia più ampia, anche in materia di istruzione e formazione, rispetto alla Provincia Autonoma di Trento. Tuttavia, in senso generale, l’autonomia in Sicilia è interpretata in modo meno efficace ed efficiente. Se l’autonomia trentina si spinge fino all’autonomia fiscale, per cui tre quarti delle tasse riscosse costituiscono immediata risorsa senza passare dall’Erario statale, ciò non accade in Sicilia. Qui l’autonomia va spesso in una direzione opposta rispetto a quella snellezza di filtri burocratici che faciliterebbe una reale responsabilità amministrativa − non dimentichiamo che la scuola fa parte della pubblica amministrazione − per cui è chiaro chi risponde di che cosa, a vantaggio dell’efficienza organizzativa rilevata da Santoli nell’articolo già citato.
Ad ogni riforma riguardante l’istruzione e la formazione, Trento pone il recepimento della norma sotto la condizione di una serie di valutazioni, il che non sempre avviene in Sicilia e, soprattutto, quasi mai secondo criteri intrinseci ad una logica di miglioramento della performance. Quasi sempre le logiche di governo regionale siciliano sono, invece, basate su problemi di organico volte a ridurre il malcontento sindacale. La qualità della scuola non è mai a tema. Un esempio fra tutti: rispetto alla riforma Gelmini gli istituti professionali siciliani, peraltro disciplinati dal Regolamento sull’autonomia scolastica in vigore in tutta Italia e dalla Conferenza Stato-Regioni (secondo quanto discende dal Titolo V della Costituzione che dà alle Regioni competenza in materia di istruzione e formazione professionale), hanno messo in atto delle modifiche riguardanti il curricolo sempre secondo un’ottica di contenimento dei tagli in organico, mai tenendo conto dei livelli di competenza in uscita nelle diverse discipline e dunque del reale bisogno formativo degli studenti.
Se è vero che il problema del precariato dei docenti va tenuto in considerazione, va anche detto che escludere dal ragionamento sulle scuole la natura della questione che è innanzi tutto educativo-formativa genera condizioni di lavoro, per gli insegnanti stessi, mortificanti della professionalità docente. Anche l’aspetto valutativo delle competenze − mi riferisco soprattutto agli scrutini finali − è gravato da preoccupazioni legate spesso, ancora, alla formazione delle classi e all’organico.
Non dimentichiamo che il meridione, e la regione Sicilia in primis, basa la propria economia e il proprio mercato del lavoro sul terziario e sui “posti” della pubblica amministrazione, scuola inclusa. Questo genera uno scetticismo culturale rispetto al compito dell’insegnante che culmina proprio nell’espressione del voto finale, ossia il momento scolasticamente analogo o simile – nella forma ma non nello scopo − alle rilevazioni Ocse.
Altro aspetto interessante che può istruire la politica dell’istruzione in Italia − specie nel paragone tra la Sicilia e Trento −, ma che meriterebbe molto più spazio, riguarda la scottante questione della parità scolastica.
La maggior parte delle competenze della Regione Siciliana in ambito scolasticoriguardano proprio questa materia. Se il Trentino ha usato la propria fetta di autonomia in materia di istruzione e formazione realizzando una reale parità tra scuole statali e non statali − attestata dalla qualità della scuola materna della Federazione Provinciale Scuole Materne del Trentino −, finanziando le scuole e ponendole su un piano di responsabilità paritario rispetto al sistema statale, ciò non accade in Sicilia, dove le scuole non statali rischiano di chiudere (alcune lo hanno già fatto) e il massimo risultato ottenuto a favore della libertà di educazione è stato il “buono scuola” sul modello lombardo realizzato nel 2003, ma poi ridotto e divenuto del tutto ininfluente.
Questa “mancata parità” è direttamente proporzionale alla disistima di cui, ad esempio, godono le molte scuole materne paritarie presenti in Sicilia. Se, infatti, da un lato esse rispondono ad un bisogno che non può essere soddisfatto dalle scuole statali, dall’altro la qualità attesa e resa dell’offerta formativa è forse motivo del gran numero di alunni “anticipatori” al Sud e in Sicilia rispetto al settentrione, di cui si diceva sopra. Questo ha certamente un’incidenza sul livello in entrata nella scuola primaria e dunque incide sul ritmo di apprendimento del primo ciclo, come riporta l’articolo del Corriere della Sera a commento dei dati Ocse del 4 dicembre scorso.
Il modello di riferimento siciliano resta dunque quello nazionale, già superato da altre regioni – come la Lombardia − dove anche l’autonomia scolastica viene interpretata in senso più pieno, ossia nella direzione di un dialogo più stretto con il territorio e il mondo del lavoro in una prospettiva formativo-educativa di sana concorrenzialità dell’offerta formativa tra le scuole.
Più credito alle scuole, più responsabilità e protagonismo creativo degli insegnanti, sono alla base di una scuola più efficace e credibile, decisiva per il rilancio del capitale umano realmente riconosciuto come la risorsa del nostro Paese specie in un contesto economicamente difficile come in Sicilia.
Senza dimenticare che il compito dell’insegnante non è certo di portare a casa dei punteggi Ocse più alti, ma di educare insegnando, ossia di introdurre l’allievo, attraverso la disciplina, ad un interesse reale per la realtà tutta, al gusto della conoscenza e dell’iniziativa.
Solo così l’alunno non sarà un numero-Ocse, né l’insegnante una “funzione” strumentale della macchina amministrativa, ultimamente burocrate annoiato. Sarà forse per questo che il popolo, ancora foltissimo, di docenti meridionali (e quanti ce ne sono al settentrione!) che ha tirato su generazioni di studenti ha lavorato meglio?