Parte il sistema di valutazione del sistema di istruzione italiano. E parallelamente si intensificano le riflessioni e le ipotesi sul sistema di istruzione e formazione professionale (IeFP).

Perché un sistema di valutazione diverso?

L’IeFP italiana è nata da un lungo e difficoltoso parto durato più di 10 anni  ed ha una natura ancipite. E’ diversa dagli altri ordinamenti (licei, istituti tecnici ed istituti professionali), perché è di competenza delle Regioni, anche se entro un quadro di riferimento nazionale, ma condivide con questi la finalità formativa. Il fatto che per la IeFP l’obiettivo principale sia la formazione di carattere professionale non la rende di natura diversa dai licei, qualunque cosa ne pensino i nostri accaniti istruzionisti. Tanto è vero che, nata come canale parallelo di pari dignità, in questo decennio ha visto consolidarsi normativamente non solo il triennio, ma anche il quarto anno, un quinto anno opzionale di passaggio al canale dell’istruzione e la formazione terziaria attraverso le sperimentazione degli Its. Il fatto che sia possibile da anni l’adempimento dell’obbligo in IeFP costituisce un incrocio non solo simbolico fra le due strade. Perché quando una certificazione, per quanto labile, è comune questo vuol dire che c’è una scala in comune: magari senza gradini forti di “accettabilità”, magari fatta secondo stili leggermente diversi, ma sempre una stessa  scala. E’ noto — o dovrebbe esserlo — che nel quadro di riferimento europeo delle certificazioni il diploma di 4° anno dell’IeFP è posto sullo stesso identico livello dei diplomi quinquennali. Il che per ora non sembra voler dire molto, ma potenzialmente significa lo stesso livello riconoscibile nelle mobilità.



Fin qui le norme. Ma la realtà ed i Rapporti Isfol stanno anche dimostrando che la IeFP consolida progressivamente, anche se al solito con macroscopiche differenze territoriali, i suoi iscritti e diplomati, probabilmente a spese di una istruzione professionale statale che si è voluto a tutti i costi conservare, ma che sta dimostrando di non avere fiato.



Siamo dunque ben lontani dalla vecchia realtà di una formazione ultima spiaggia per giovani marginali, solo interessati (peraltro debolmente…) all’apprendimento di un mestiere. Basta del resto aprire oggi un giornale per avere occhio alla centralità strategica di questo tipo di formazione, anche per i nostri destini come Paese. 

Un’autorevole proposta presentata su queste colonne ipotizza che la IeFP debba avere un sistema di valutazione diverso da quello dell’istruzione. In generale, i sistemi di valutazione mettono insieme, con modalità e pesi differenziati a seconda dei diversi Paesi, due punti di vista: quello che riguarda i processi (ciò che fanno le scuole e le istruzioni formative) e quello che riguarda gli esiti (fra i quali si ricomprendono gli esiti degli allievi sul lavoro o nei livelli successivi di studio e che cosa hanno imparato).



La proposta presentata prevede modalità diverse per la IeFP in ambedue i casi. Nel caso dei processi, probabilmente si tratta di un’ipotesi ragionevole: i paradigmi sperimentati dall’Invalsi in questo campo per le scuole non sono ancora del tutto consolidati e, d’altra parte, le Regioni hanno lavorato da tempo su questo tema, hanno modelli importanti ed un utilizzo diffuso della Certificazione di Qualità.

Lascia perplessi invece l’idea di affidare la valutazione degli esiti di apprendimento a “prove esperte”, nelle quali ricomprendere e sciogliere anche quelle che vengono comunemente chiamate le competenze di base e/o trasversali. 

Le esperienze già fatte in questo senso indicano che esse di necessità non possono che richiedere un livello mediocre di competenze, con le ovvie ricadute su quel che si insegna, che come si sa è potentemente influenzato da ciò che si richiede. E’ vero che fino a certi livelli la matematica per essere assimilata (non si dice amata …) deve essere collegata al suo utilizzo, ma ricondurre il suo insegnamento al solo ambito concreto di risoluzione di un singolo problema operativo ne appanna fortemente l’identità formativa. Anche per quanto riguarda le capacità espressive non è semplice andare con questa impostazione al di là di richieste di “relazioni” di vario tipo, che peraltro riservano spesso delle sorprese. Paradossalmente infatti, in contraddizione con le loro intenzioni e le loro richieste più “basse”, le prove cosiddette di competenza si rivelano spesso molto più selettive, più “difficili” di prove più strutturate, in quanto richiedono maggiore autonomia e creatività. Sempre paradossalmente, si tratta di oggetti valutativi che si presentano con un contenuto semplice ma un involucro esigente, poco scartabile anche probabilmente dai nostri liceali, come dimostrano i loro esiti non brillanti alle prove Pisa di più alto livello che hanno proprio queste caratteristiche. E questo anche per la banale ragione che la nostra scuola li abitua poco a questi esercizi.

Non si dimentichi peraltro che la IeFP forma non solo il lavoratore, ma anche il cittadino; del resto quando si va nel concreto, vista la diversificazione delle diverse professionalità, la cosa più agevole è trovare sulle competenze del cittadino un terreno comune, per evitare di utilizzare prove molto diversificate e di difficile equivalenza.

Si può capire la preoccupazione di chi da tempo seriamente opera in questo settore di essere valutati negativamente per il fatto che gli studenti IeFP costantemente si collocano agli ultimi posti nelle valutazioni standardizzate esterne Pisa e, da quel che si capisce dai dati poco solidi fin qui a disposizione a causa della partecipazione volontaria, nel Snv Invalsi. In buona compagnia peraltro con quelli degli istituti professionali cui si stanno avvicinando, anche per l’ovvia ragione che le due utenze si stanno travasando. 

Ma sarà strano scoprire che questi campi non sono il punto di forza degli studenti IeFP? Vogliamo provare a fare realizzare un circuito elettrico ad uno studente di liceo? Questo non significa che si debba andare verso una sorta di apartheid per cui agli studenti IeFP si richiedono solo capacità banali, che non li mortificano al momento, ma che abbassano complessivamente il livello da raggiungere da parte di tutti e tagliano le gambe a chi abbia intrapreso questa strada con l’idea di raggiungere alti livelli di competenza professionale.

E’ a conoscenza peraltro di chi vi abbia gettato un’occhiata che le prove sia Pisa che Invalsi hanno una forte impostazione funzionalista, coerente con le caratteristiche degli studenti IeFP. Tanto è vero che se ne lamentano i sostenitori di una formazione più accademica… Certamente, così come si studia una diversificazione per chi risponde bene a tutto e perciò è sospettato di copiare (falsi positivi) gli esperti potranno essere in grado di articolare maggiormente l’area delle proposte che abbiano caratteristiche più adatte agli interessi ed alle esperienze degli studenti IeFP. 

Da quasi 10 anni, prima in forma sperimentale e poi istituzionale, in Regione Lombardia gli esami di qualifica e diploma comprendono una prova standardizzata esterna di italiano, matematica ed inglese che provvede al 25% del punteggio. La prova, costruita con un forte riferimento ai framework delle indagini Pisa ed Invalsi viene regolarmente sostenuta con esiti differenziati, non ha mai dato luogo ad esiti disastrosi nel suo complesso ed aiuta gli studenti interessati a proseguire a poterlo fare, realizzando in tal modo una effettiva promozione culturale e sociale. Anzi, spesso si scopre che il livello di risposta dei candidati a domande considerate difficili è discreto e rivela una enclave di potenzialità da non trascurare. Le diversificazioni rispetto al framework Invalsi ci sono: i brani di riferimento non sono letterari, ma in generale articoli di giornale su tematiche scientifiche o civili, il lessico è controllato, le classificazioni astratte ricondotte all’essenziale, etc. Ma la scala sostanzialmente rimane la stessa, anche se i gradini comunemente considerati più bassi sono più affollati e quelli più alti piuttosto disertati.

Non mancano certo a coloro che da tempo si misurano con la personalizzazione dell’insegnamento i modi per venire incontro alle diverse esigenze degli allievi.

Senza un’adeguata attenzione anche alla formazione delle competenze di base del produttore e del cittadino, difficilmente la IeFP riuscirà a raggiungere gli obiettivi ambiziosi ed indispensabili per il Paese che la normativa stessa le affida e rimarrà confinata alla vecchia formazione per gli “umili”. Ma, per mantenere gli stili di vita raggiunti, il nostro paese sembra necessitare, oltre che di uno snellimento burocratico, di una sana alfabetizzazione diffusa di livello più alto e questo vale non solo per i nostri fragili livelli di eccellenza, ma anche per la larga base dei lavoratori.