15 del mese: il Consiglio dei ministri approva il disegno di legge di stabilità per il 2015; articoli 3 e 28: investimenti e tagli per scuola e università. Ci si accorge per riflesso che, di fatto, la consultazione su “La Buona Scuola” è terminata; un mese prima del termine ultimo stabilito. E si insinua un dubbio: non saremo stati un tantino ingenui nel pensare che finalmente questa sarebbe stata la volta buona per poter dire la nostra sulla scuola e, magari, essere anche un po’ (solo un pochino…) presi in considerazione? Eh sì, perché i giochi sembrano proprio tutti fatti con la legge di bilancio: destinati i fondi e definiti impietosamente le riduzioni di spesa e gli storni di bilancio, cosa resta per le belle e buone novità de “La Buona Scuola”? 



Art. 3 della legge di stabilità: 1 miliardo di euro per il 2015 e 3 miliardi a partire dal 2016, destinati «alla attuazione degli interventi previsti nel Piano “La Buona Scuola”, con prioritario riferimento alla realizzazione di un piano straordinario di assunzioni di docenti, e al potenziamento dell’alternanza scuola-lavoro»



Bene, facciamo un po’ di conti. La tabella a pag. 34 de “La Buona Scuola” (d’ora in poi “documento”) elenca minuziosamente la stima dei costi per l’assunzione di 148.100 nuovi docenti: il totale è quantificato in 3.098 milioni di euro per il primo anno 2015/16. Considerato che le assunzioni saranno a settembre 2015, il costo per quell’anno sarebbe pari ai 4/12 dell’impegno, cioè 1.033 milioni, 33 milioni in più di quanto previsto all’art. 3. Pur considerando una dilazione nei tempi delle ricostruzioni di carriera dei neoassunti, tutto il finanziamento finisce in stipendi (prima priorità); non resta quindi nulla per il resto. Nemmeno per l’alternanza scuola-lavoro, al cui sostegno il documento ipotizza di destinare (pag. 109) «circa 100 milioni di euro all’anno». Del resto, il buon giorno si vede dal mattino; è appena stato pubblicato l’annuale decreto che stabilisce gli stanziamenti per l’alternanza scuola-lavoro: solo 11 milioni, poco più della metà dell’anno scorso! E allora si dovrà fare senza, così come per gli altri 100 milioni, provenienti «da fondi ordinari MIUR», e destinati a «potenziare e trasformare, già a partire dal prossimo anno scolastico, i laboratori di tutte le scuole secondarie superiori» (pag. 112); così come per i 15 milioni per il wi-fi nelle scuole (p. 76). Qualche spicciolo, però, potrà sempre arrivare dai fondi europei (Pon-Fers) per l’istruzione (vedi pp. 122-123 del documento). Fortunatamente invece per l’edilizia scolastica gli investimenti sono già stati stanziati del precedente governo (scheda a pag. 75) e per il futuro ci si affiderà all’8 per mille…



Intanto, la legge di stabilità fa razzie nei campi più disparati e non senza entrare in contraddizione con il documento del 3 settembre; vediamone qualcuna. 

A pagina 121 il documento stigmatizza i tagli a carico del Mof (Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa nelle scuole) e dei finanziamenti erogati sulla base della legge n. 440/1997, in quanto spesso utilizzati «per pagare altro, ossia l’adeguamento degli scatti e degli arretrati stipendiali dei docenti» e «per recuperare le posizioni economiche del personale ATA e… di circa 11mila esuberi di addetti alle pulizie delle scuole (ex LSU)»; e invoca una inversione di tendenza. Smentita clamorosa da parte della legge di stabilità: «l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 4 della legge 18 dicembre 1997, n. 440 è ridotta di euro 30 milioni a decorrere dall’esercizio 2015» (art. 28, c. 2). 

L’impegno di spesa per il “Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche” era appena risalito a poco più di 123 milioni nello scorso anno scolastico e ora viene tagliato di quasi il 25 per cento, portando i fondi per la legge 440 ad un nuovo minimo storico: a farne le spese saranno proprio il Mof e la formazione in servizio dei docenti. Visto che il documento (pag. 47) dichiara di voler valorizzare «i docenti che ritengono prioritario il miglioramento della qualità dell’insegnamento/apprendimento attraverso il lavoro in aula» e che «per fare questo, bisogna rendere realmente obbligatoria la formazione», i docenti saranno obbligati a formarsi, ma grazie al pesante taglio dei fondi per la formazione in servizio dovranno pagarsela di tasca propria. In compenso, una parte dei 30 milioni tagliati saranno utilizzati per integrare il programma straordinario di reclutamento dell’Invalsi, a copertura di tutti i posti della dotazione organica già vacanti o che si renderanno tali entro dicembre 2015 (commi 26 e 27). Eppure, il documento del 3 settembre afferma (pag. 121) che «stabilizzare le riserve destinate al MOF… ed evitare che queste risorse siano dirottate all’interno del sistema scolastico su altre finalità… è un atto di onestà intellettuale»!

Andiamo avanti. Il comma 5 dell’art. 28 decreta l’abrogazione dell’art. 459 del Testo Unico della scuola, così che a settembre 2015 dovranno rientrare in classe tutti gli attuali docenti con incarico di collaborazione col dirigente scolastico che sono attualmente in esonero o semiesonero. Il risparmio stimato per la soppressione di circa 3.500 supplenze è di quasi 103 milioni l’anno. L’operazione è giustificata dall’introduzione dell’organico dell’autonomia (o funzionale, peraltro ancora tutto da normare): in pratica, le funzioni finora svolte dai docenti esonerati dovranno essere ricondotte alle risorse dell’organico funzionale, o di rete. Ma questo implica necessariamente che il personale incaricato della collaborazione con il dirigente scolastico scelga (accetti) la «mobilità da organico su cattedra a organico funzionale» (pag. 28 del documento). 

I commi 6 e 7 vanno a far cassa con i comandati della scuola. Il comma 6 taglia definitivamente tutti i comandi presso le associazioni professionali di dirigenti e docenti e le associazioni di recupero dei tossicodipendenti; 150 posti in tutto, per un presunto risparmio di 4-5 milioni l’anno. Il comma 7 dispone la revoca dal 1° settembre 2015 di tutti i distacchi e comandi di personale della scuola (non solo docenti) in essere presso altre amministrazioni dello Stato o enti, associazioni e fondazioni; con esclusione dei distacchi sindacali e dei comandi presso Miur e Usr.

Non si sa con esattezza quanti siano. Nel 2012 il Miur dichiarò che in totale c’erano 41.503 unità di personale “distaccato”; ma si trattava sicuramente di un dato sovradimensionato. Una stima più realistica darebbe qualche migliaio tra docenti e Ata collocati presso altre amministrazioni statali ed enti come il Coni o gli Istituti storici della Resistenza; a ciascuno di questi il Miur versa lo stipendio e per ciascuno aggiunge quello del supplente. Recuperarli significa per il Miur risparmi per almeno 50 milioni l’anno, ma non un risparmio per l’erario, almeno laddove i distacchi sono ancora dentro la Pa. In compenso, azzerare i comandi presso le associazioni non risolve i problemi di bilancio dello Stato, ma è in netto contrasto con «la valorizzazione delle associazioni professionali dei docenti» proclamata a pag. 47 de “La Buona Scuola”.

I tagli complessivi che la legge di stabilità impone al Miur, seppure alti non sono sufficienti a coprire l’impegno di spesa per il 2015. Il miliardo previsto però non viene comunque da soldi freschi, quanto piuttosto da un autofinanziamento coatto da parte del comparto stesso. Ed è lo stesso documento del 3 settembre a dircelo: poiché «la massa complessiva delle risorse destinate alle progressioni di carriera resterà pressoché invariata»(pag. 35), ma «il primo scatto sarà attribuito alla fine del 2018» e cioè che «non saranno attribuiti scatti negli anni 2015-2018», il tempo di qui al «primo scatto stipendiale permetterà di recuperare risorse — quelle che nel frattempo sarebbero state altrimenti destinate alla progressione di carriera secondo il modello attuale» — in modo da «non determinare oneri aggiuntivi a carico dello Stato». E, se non fosse ancora chiaro, il documento precisa che «le risorse utilizzate per gli scatti di competenza saranno complessivamente le stesse disponibili per gli scatti di anzianità, distribuite però in modo differente» (pp. 55-56). Per gli anni successivi i 3 miliardi necessari saranno garantiti da quel 33 per cento di docenti che non avranno gli “scatti di competenza”: il mancato aumento stipendiale frutterà all’erario oltre 4,2 miliardi di risparmi. Splendido! Un “investimento” dello Stato, ma fatto con i nostri soldi. 

In una recente intervista radiofonica il ministro Giannini ha dichiarato che la consultazione online sta andando molto bene e che ci sono «650 eventi organizzati spontaneamente dal basso in tutta Italia». Non è piacevole smentire un’autorevole rappresentante del Governo, però gli insegnanti sanno bene che la stragrande maggioranza di questi eventi “spontanei” in realtà non lo sono affatto: sono stati imposti dal ministero il quale, attraverso Usr e Uffici territoriali, ha obbligato i dirigenti scolastici ad organizzare collegi docenti e assemblee con i genitori sul documento del 3 settembre, talvolta perfino assegnando il punto fra i dodici da discutere.