Un corso che doveva diffondere la cultura della legalità nelle scuole si è rivelato essere una truffa ai danni dello Stato e dell’Unione Europea. La notizia, che arriva da Catanzaro, ha del paradossale, o del comico, se preferite. C’erano da formare 600 insegnanti, ma il mezzo milione di euro del progetto pare aver preso strade meno nobili e alte.



Truffare lo Stato e la Ue con un corso sulla legalità è una trovata sfrontata e degna di Arsenio Lupin, ma progettare corsi e corsetti su mille cose da riversare su studenti e insegnanti (perché così si alza il punteggio necessario per ottenere i fondi europei) è una prassi banale, direi quotidiana. Le proposte arrivano alle scuole di continuo: i progetti sono sempre innovativi (a detta di chi li stende), ineccepibili nelle loro presentazioni, pieni di buoni propositivi e di obiettivi da conseguire, garantiti da reti di enti coinvolti (tra cui le scuole, appunto). Molti, troppi, si rivelano poi dei baracconi approssimativi, subiti passivamente da presidi, docenti e studenti, che dopo un momento di iniziale entusiasmo (lo dico perché è capitato anche a me) si rendono veramente conto della pochezza e dell’improvvisazione con cui vengono condotti.



Soprattutto, si rendono conto di essere coinvolti in un business che ha un bisogno disperato di travestirsi da benefica opera educativa, di essere la ruota di progetti che hanno lo scopo precipuo di far lavorare qualcuno. In effetti di iniziative del genere se ne fanno tante, tantissime e sono tutte progettate, finanziate, rendicontate (in maniera più o meno regolare). Spesso però il loro fine principale è quello di foraggiare i formatori, i progettisti, le associazioni (anche quelle temporanee che si costituiscono per l’occasione, come a Catanzaro).

Non si vuole fare qui di ogni erba un fascio: vi sono anche iniziative degne di rispetto e di attenzione. Ma la sensazione (ricavata dall’esperienza) è che queste siano le eccezioni che confermano la regola.



Detto questo, ci si dovrebbe chiedere, finalmente e una volta per tutte, se è con un corso sulla legalità che uno studente può migliorare il suo essere parte attiva e positiva della società; se è con un corso sulla sessualità (cioè sull’uso degli anticoncezionali, magari sponsorizzato – è capitato anche questo – da una ditta del settore), che uno studente può crescere nella consapevolezza di sé e della persona che ama; se è un corso sui rischi dell’alcool e della droga che può salvare i giovani dallo sballo del sabato sera.

Sarà davvero un corso sulla Costituzione italiana che ci renderà cittadini migliori? Saranno delle nozioni veicolate da un power point attraverso una Lim, che ci costringeranno a cambiare vita?

Sarà un corso sulla legalità che eliminerà la piaga delle versioni di greco e latino scaricate con gli i-phone e tutti gli altri mezzucci per sbarcare il lunario delle valutazioni in pagella posti in essere dallo studente medio italiano? Ma ci crediamo davvero?

A me risulta che la condotta morale, più che dalle nozioni, dalle istruzioni, dai ragionamenti, è alimentata per osmosi dall’incontro affascinante con un testimone. Il “vale la pena” (anche e soprattutto quando comporta un sacrificio personale) è figlio di un amore. Ci si comporta bene non tanto perché si è riflettuto (questo, semmai, lo si fa in un secondo momento), ma perché qualcuno ci ha fatto vedere che è bello farlo.

Vengo proprio dalla lettura, con i miei studenti, dei canti centrali della Commedia di Dante (dal sedicesimo al diciottesimo del Purgatorio), dove si tratta del libero arbitrio e della necessità di educarlo per scegliere il bene. Si potrebbe equivocare e intravedere nel sommo poeta la figura di un moderno formatore alla legalità. La differenza (abissale) sta nel fatto che Dante invita continuamente a guardare in alto e che lassù, dove invita a guardare, oltre la bellezza dei cieli che ruotano e suonano, c’è il Sommo Bene e il Sommo Piacere, Dio. C’è il Paradiso con la sua festa. C’è tutto quello che sei e che non viene perso. C’è tutto quello che ami e che ti può fare veramente felice. Per questo grande sorriso, per questa immensa speranza, per questa straordinaria certezza vale la pena di affrontare la vita seguendo la strada della virtù.

Occorre mettere cielo nei cervelli, più che nozioni e istruzioni. Costa di meno. Lo si può fare quotidianamente, svolgendo il programma scolastico. E non si corre la tentazione di mettere in piedi una truffa.