“Salve prof., la volevo ringraziare per l’opportunità che mi ha dato oggi, di emozionarmi leggendo, ma soprattutto sentendo dentro, i versi di Dante. Personalmente, la cosa più bella è stata far ‘assaggiare’ a chi per caso passava per le strade versi di una bellezza senza tempo. Perché Dante e la Divina Commedia sono Bellezze senza tempo, in grado di emozionarci ancora leggendole, o ascoltandole chissà, così, per caso, per le vie della città” (Viterbo, ndr). 



La lettera è di Cecilia, una simpatica e frizzante spilungona, una mia studente (e nemmeno quella coi voti più alti) dell’ultimo anno del liceo classico. Devo confessare che è proprio grazie a lei, al suo entusiasmo contagioso, che è scattata la molla di realizzare un desiderio che avevo da tempo: quello di portare in piazza (insieme ai miei ragazzi) la Divina Commedia.



Non si tratta certo di un’idea originale, anzi. Confesso anche di essere rimasto affascinato dall’esperienza dell’associazione “Centocanti”, che performance di questo tipo le ha realizzate in grandi città. Niente di nuovo, dunque, almeno in teoria. Tutto però diventa nuovo, in pratica, quando sei tu a giocarti in prima persona nell’ambiente un po’ sonnolento e borghesotto nel quale ti trovi a vivere.

L’ultima confessione (e qui finisco) riguarda l’occasione che ha generato questa nostra calata nelle vie e nelle piazze cittadine brandendo i versi di Dante. La materia per la grande fiamma ce l’ha fornita l’iniziativa del Miur, quella delle Giornate nazionali della lettura ad alta voce. Una novità di quest’anno che ha coinvolto le scuole di ogni ordine e grado negli ultimi tre giorni di ottobre. Libriamoci era il titolo dell’ iniziativa e noi ci siamo “librati”, a volo sulla nostra città, a declamare 33 canti scelti (giuro che a questo numero significativo e simbolico ci si è arrivati per caso) tra i cento che compongono il grande poema di Dante: sedici dell’Inferno, dieci del Purgatorio, sette del Paradiso. 



I ragazzi erano disposti in coppie, dislocate in postazioni fisse del centro storico: uno presentava il canto, l’altro lo declamava. Dopo due ore ci siamo ritrovati tutti nel cortile del palazzo comunale per recitare insieme l’ultimo canto, esplodendo in un grido finale (con successivo applauso) con il verso “l’Amor che move il sole e l’altre stelle”. E’ stata una di quelle esperienze che fa bella la scuola, che ti ripaga di molto impegno, che ti fa pensare che il tuo lavoro è il più bello in assoluto.

Al termine ci siamo confrontati a caldo. I ragazzi mi hanno raccontato le loro esperienze. Qualcuno è passato senza nemmeno degnarli di uno sguardo. Qualcuno avrebbe voluto fermarsi ad ascoltare, ma non aveva tempo.

Una ragazza ha ascoltato un canto intero e al termine ha ringraziato chi lo declamava: “Grazie che l’hai letto!”. C’è stato chi ha criticato: “Guardate al futuro, non al passato!”. Chi li ha apprezzati per l’esatto contrario: “Voi siete meglio di noi. E’ grazie a voi che riscopriamo quello che abbiamo perso”. Qualcuno è rimasto sinceramente colpito dalla testimonianza di giovani che trovano un valore e gli danno spazio. C’è stata la tipica prof. che non riesce ad uscire dal suo ruolo neanche quando passeggia per la strada, e si è messa ad interrogare gli studenti: “Qual è il contrappasso delle fiamme nei sepolcri degli eretici?”.

“Non siamo giovani stupidi, superficiali  e disinteressati come ci dipingono sempre! — ha commentato Laura —. E la Divina Commedia non è il mattone che molti pensano” (forse gli studenti torturati sul significato delle fiamme degli eretici). Certo è che se questi ragazzi sono stati in grado di affrontare la sfida che gli ho proposto, anzi, hanno sentito lo stimolo di diffondere in piazza i versi di Dante, è perché la Divina Commedia per noi, ogni anno, in classe, è un testo affascinante, nel quale riconosciamo la nostra umana avventura. Ci piace, lo amiamo. Anche con tutta la sua legge del contrappasso. “In un testo antico, in questo, come in altri — spiega ancora Laura — c’è qualcosa di attuale. Se non trovi risposte nel presente, le vai a cercare nel passato”.

L’esperienza della lettura ad alta voce (quella fatta in piazza, ma anche quella fatta a casa, per prepararsi convenientemente all’evento) ha permesso poi di entrare sempre di più e meglio nel testo. “Dopo averlo letto tante volte — osservava Federica — ormai quel canto era divenuto mio. Non puoi declamare agli altri quello che non hai capito tu”.

Sono andato a rileggermi certe espressioni di dolore esternate da Paola Mastrocola sul Sole 24 Ore, alla vigilia dell’iniziativa del Miur, e mi si sono rizzati i capelli… Noi abbiamo fatto precisamente tutto quello che veniva aspramente criticato nel suo articolo. La Mastrocola giudicava “artificioso, esagerato, esibito” questo modo proposto alle scuole. E la nostra, in effetti, è stata anche un’esibizione. La lettura, diceva ancora, è “un gesto schivo, riservato. Non vuole rumore, frastuono intorno. Preferisce passare inosservata”. Noi abbiamo cercato, invece, di catturare l’attenzione della gente e quanto al rumore intorno… gli studenti si sono trovati a leggere ad alta voce anche in mezzo alle macchine! Quella della lettura, concludeva, è un’operazione che si fa da soli “molto orgogliosamente, ma in sordina. Senza clamore, senza comunicati stampa. Per il puro piacere (non stimolato) di leggere”.

E noi abbiamo fatto comunicati stampa, abbiamo voluto parlare al mondo, ma, soprattutto, abbiamo cercato di farlo con umiltà: ho chiesto ai ragazzi di mettersi al servizio della gente, anche delle scolaresche che venivano, invitando tutti a leggere con noi. Perché se uno ha ricevuto un bel regalo, non vede l’ora di condividerlo con gli altri, di farglielo “assaggiare”.

La Bellezza (con la B maiuscola) diceva Cecilia. E’ bello che la bellezza sia chiamata in causa a scuola, nel contesto di un’esperienza fatta con i libri da studiare. E’ bello che le grandi parole di un grande passato rivivano nel cuore e risuonino in una città (la mia) che è strettamente legata all’esperienza del loro autore. E’ bello che quelle stesse parole (fatte per arrivare alla gente e non per essere relegate negli studi degli esperti) riconquistino lo spazio, siano dette, ricordate.

In fondo tutto quello che abbiamo fatto era solo per gustare la Bellezza.