Raccogliendo l’invito de “La Buona Scuola”, due studenti universitari hanno redatto un contributo che hanno indirizzato al presidente Renzi e al ministro Giannini.

Gentilissimo Sig. Presidente del Consiglio, on. Renzi,
Gentilissima Sig.ra Ministro dell’Istruzione, on. Giannini,
siamo due studenti ormai universitari che, raccogliendo l’invito de “La Buona Scuola”, vorrebbero comunicarVi alcuni elementi determinanti della formazione scolastica e umana ricevuta negli anni del liceo, come contributo alla discussione sulla riforma della scuola. 



Ci sembra significativo dedurre i fattori essenziali della nostra esperienza a partire da un evento particolare, “La Scuola Aperta”, che abbiamo realizzato all’interno del nostro liceo (il liceo scientifico statale “Leonardo da Vinci” di Milano) nel 2012. 

Si tratta di un’iniziativa in cui, per quattro pomeriggi consecutivi, studenti e professori si sono incontrati a scuola dopo il normale svolgimento delle lezioni per pranzare insieme, assistere a degli incontri a tema (in quella prima esperienza avevamo scelto come tema “Noi e la crisi”) ed infine partecipare a dei tornei sportivi. 



In quanto iniziativa pomeridiana, la “Scuola Aperta” si è caratterizzata come proposta totalmente libera e rispettosa della quotidiana routine scolastica, non volendo sostituirla né negarla. La rilevanza di questa iniziativa è dovuta anche al movimento che essa ha generato all’interno del nostro liceo ed al fatto che è stata ripetuta, con modalità simili, anche nei tre anni successivi. Un movimento che è arrivato a coinvolgere e interrogare studenti, professori, preside e personale Ata. In particolare, quello che abbiamo potuto sperimentare, tanto nella nostra esperienza quanto nei feedback che ci sono arrivati nelle settimane successive da alcuni studenti e professori, è stato l’emergere di tre elementi. 



In primo luogo l’esperienza di unità tra la vita di ogni ragazzo e la scuola, che si documentava in una familiarità con la scuola stessa: la scuola poteva essere nostra, poteva coincidere veramente con la nostra vita ed in essa potevamo essere liberi, non prigionieri (come spesso molti di noi vivono, purtroppo). Questa esperienza aveva, come secondo e terzo elemento, due conseguenze: innanzitutto una nuova affezione alla scuola (a cominciare da quei giorni molti studenti erano contenti di venire a scuola, anche la mattina durante il normale svolgimento delle lezioni) ed una sincera e amichevole possibilità di convivenza e condivisione tra noi studenti, che è fiorita in nuove relazioni e nuove amicizie. 

Come è stato possibile vivere questa esperienza di unità e non di alienazione, con le conseguenze sopra citate? Ci interessa focalizzare alcuni punti.

L’esigenza — Innanzitutto, noi partivamo da un’esigenza: che la scuola potesse essere veramente nostra e che in essa noi potessimo trovare uno spazio di espressione e affermazione intera del nostro io. Noi non volevamo che, come succede spesso, la scuola fosse percepita come una prigione. Avevamo il desiderio che la scuola potesse veramente essere un’esperienza unitaria con la nostra vita, e non fosse una parentesi, per quanto impegnativa ed importante. Questo è stato anche il primo iniziale desiderio che ci ha spinto ad entrare negli organi collegiali. 

L’amicizia — Il fatto che abbiamo usato un “noi” come soggetto del verbo “esigere” o “desiderare” non è per nulla scontato e vorremmo chiarirne il motivo. L’esigenza di cui abbiamo parlato è sorta in noi in modo assolutamente personale e attraverso due storie apparentemente diverse tra loro. 

Noi due inizialmente non eravamo amici, ma il fatto di scoprire nell’altro la stessa esigenza ci ha messo insieme: l’amicizia tra noi è nata come conseguenza di questo lavoro comune. Ci sembra importante ribadire che questo lavoro insieme è stato decisivo: ci siamo resi conto successivamente che questa modalità (il lavoro insieme), che nasceva dal fatto di custodire la stessa esigenza, non era per nulla fortuita. Infatti il paragone e la correzione che ci facevamo continuamente a vicenda per ipotizzare il modo più ragionevole di esprimere attraverso quell’iniziativa l’esigenza che custodivamo si sono rivelati decisivi sia per la nostra crescita che per la realizzazione stessa dell’iniziativa. Il nostro desiderio sulla scuola ha quindi assunto una dimensione comunitaria, esprimendosi in questo dialogo e coinvolgendo anche altre persone con la stessa esigenza. 

La forma riflette la sostanza della proposta — Preparando queste giornate nuove anche per noi è stato evidente come l’esigenza di unità e di vita all’interno della scuola diventasse criterio per tutto: anche la forma delle proposte fatte ai nostri compagni rifletteva il desiderio che ci ha mosso, e per questo avrebbe dovuto rendere possibile un’esperienza umana a tutto tondo, che era quello che noi desideravamo. Oltre ai momenti di incontri con personalità importanti ed esterne alla scuola, che hanno esaminato il tema della crisi offrendo spunti diversi tra loro ma in modo da creare un percorso unitario, sono stati di fondamentale importanza i momenti di condivisione come il pranzo a scuola ed i tornei sportivi a fine giornata: tutto faceva trasparire questa nostra esigenza.

L’importanza di una proposta libera — Fin dal primo momento di lavoro insieme abbiamo ritenuto necessario che l’adesione a questa proposta fosse completamente libera, perché non volevamo imporre un nostro schema, ma lasciare che fossero i nostri compagni a verificare liberamente se quella modalità di fare scuola fosse più vera e corrispondente ai loro bisogni. 

Ci siamo resi conto che il fatto che ci fosse una proposta organica e non uno spazio neutro o “imparziale” in cui ognuno avrebbe potuto trovare qualsiasi cosa, è stato molto più interessante, poiché ha interpellato tanti ragazzi, ma anche professori e personale. Tutto ciò ha permesso ad ognuno di chiedersi se la “Scuola Aperta” corrispondesse meglio al desiderio che ognuno di noi nutre verso la scuola, suscitando ancora di più questa esigenza di unità della vita su cui abbiamo scommesso.

L’origine: un incontro — Riteniamo che tutta l’esperienza di cui abbiamo parlato nasca da un incontro fatto con alcune persone significative per la nostra formazione umana, sia a scuola che al di fuori del contesto scolastico, che hanno risvegliato la nostra esigenza, la nostra domanda sulla scuola e sulla vita, perché esse per prime ci hanno comunicato la loro esperienza di unità con la realtà. Questi incontri ci hanno dato la possibilità di intuire che le domande che avevamo potessero essere considerate e giocate in tutti gli ambiti della nostra vita, ed in quello scolastico in modo particolare: per questa ragione è stato molto importante aver avuto la possibilità di incontrare due nostre professoresse che, dentro il lavoro scolastico, hanno suscitato e incoraggiato le nostre esigenze, tanto da far scaturire il desiderio di estendere questa novità a tutta la scuola.

In conclusione questi ci paiono i fattori essenziali del nostro percorso di conoscenza. Primo, l’incontro con persone vive ha destato in noi la domanda di unità tra la realtà che si ha da vivere (nel nostro caso la scuola) e l’esigenza di vita. Secondo, accompagnati in questa esperienza di scoperta, in modo assolutamente personale abbiamo preso una iniziativa dando credito alla nostra domanda. Terzo, in questo tentativo si è resa possibile l’esperienza desiderata di unità non ponendosi in contrapposizione alla scuola ma offrendo una possibilità di vivere anche le ore di lezione in un modo più corrispondente a noi.

Riteniamo che un’eventuale riforma della scuola debba favorire l’esperienza di conoscenza che abbiamo tentato di descrivere: ci auspichiamo che il lavoro sui particolari aspetti del sistema scolastico renda sempre più possibile l’incontro con persone vive che abbiano a cuore la domanda dei ragazzi, e ne garantisca l’espressione secondo la libera iniziativa degli studenti. 

Marco Daprà,
Stefano Musolino