La Corte di Giustizia europea ha emesso oggi la sentenza relativa al caso dei precari nella scuola del nostro Paese: “La normativa italiana sui contratti di lavoro a tempo determinato nel settore della scuola è contraria al diritto dell’Unione. Il rinnovo illimitato di tali contratti per soddisfare esigenze primarie permanenti e durevoli della scuole statali non è giustificato” sono le parole che spiegano quanto deciso in merito. Il contenzioso si era aperto in seguito a varie cause presentate da docenti e da personale amministrativo (Ata), che venivano assunti con un contratto a tempo determinato, con continui rinnovi su un periodo che superava i trentasei mesi (in tutto circa 250mila docenti in Italia). Oltre questo limite temporale, infatti, i sindacati si erano battuti perché il contratto divenisse a tempo indeterminato e dunque il lavoratore fosse assunto dall’Istituto in cui prestava servizio, o almeno ricevesse un risarcimento per il danno subito. In moltissimi sono andati tra i banchi di scuola con un contratto a tempo determinato per circa 45 mesi senza che esso cambiasse e senza ricevere neanche un risarcimento. Secondo quanto esaminato dalla Corte di Giustizia, docenti, insegnanti e personale amministrativo delle scuole sono dalla parte della ragione quando ci si addentra in questo discorso, perché in Italia non esiste una normativa che impedisca il ricorso abusivo ad una successione di contratti a tempo determinato e non è indicato il tempo entro il quale il lavoratore precario abbia diritto ad un risarcimento del danno, mentre la scuola provvede ad assumere un lavoratore stabile. Ora, toccherà al giudice italiano procedere con la causa, conformandola a quanto affermato dalla Corte di Giustizia europea: si parla di circa 300 mila persone, per cui il segretario dell’Anief Marcello Pacifico ha dichiarato “Dopo tanti anni di sacrifici per mantenere una buona scuola giorno per giorno i precari italiani possono avere giustizia”. Inoltre, il sindacato Gilda, tramite l’avvocato Tommaso De Grandis, ha affermato che è stata inviata una diffida a Palazzo Chigi e al Ministero dell’istruzione in cui si richiede di indicare quali saranno i tempi con cui il governo provvederà a far fronte ai cambiamenti esposti dopo la sentenza della Corte.