Sicuramente tra le migliori analisi in circolazione, il saggio della Fondazione Agnelli La valutazione della scuola. A cosa serve e perché è necessaria all’Italia ricorda che l’Invalsi non ha ancora svolto i compiti che gli sono stati affidati dal Regolamento sulla valutazione del sistema di istruzione e formazione, per la cui partenza il ministro Giannini ha appena varato la sua direttiva, con risorse dieci volte inferiori al suo equivalente inglese Ofsted. Il monito della stessa Fondazione Agnelli è stato chiaro: nessun sistema di valutazione può nascere ed andare a regime in Italia, senza investimenti sufficienti a rendere almeno paragonabili gli ordini di grandezza delle risorse a disposizione della Gran Bretagna, visto che i due paesi sono paragonabili per popolazione e Pil. 



Che la valutazione sia necessaria per la nostra scuola e per il nostro Paese, è ribadito convintamente sia dal Governo, sia dalle più importanti forze politiche di opposizione. 

Ne la “Buona Scuola”, il governo chiama la scuola a rendere conto dei propri risultati, insistendo sul binomio autonomia-responsabilità. A pag. 63, l’enfatico documento governativo esplicita che “non c’è vera autonomia senza responsabilità. E non c’è responsabilità senza valutazione”. Inoltre, la legge di Stabilità prevedeva un finanziamento straordinario di 10 milioni di euro per la partenza del sistema nazionale di valutazione e l’autorizzazione a completare il piano straordinario di assunzioni dell’Invalsi già previsto dal ministro Gelmini nel 2011.



Insomma, sembravano esserci tutti gli ingredienti per continuare la costruzione del sistema nazionale di valutazione richiesto da tutti coloro che hanno a cuore le sorti della scuola italiana.

Invece, appena la legge di Stabilità è approdata alla Commissione bilancio della Camera, il citato comma che prevedeva le risorse per l’Invalsi è caduto subito sotto i colpi del presidente Boccia, che ne ha dichiarato l’inammissibilità perché incoerente con il provvedimento in esame. 

Ovviamente, la misura può essere ancora riammessa in Aula e l’auspicio è che ciò avvenga, non perché il presidente Boccia abbia torto, ma perché l’Invalsi ha ormai urgenza di quel finanziamento e di quell’autorizzazione a completare il piano straordinario di assunzioni.



Oggi, per lo svolgimento delle funzioni che gli sono assegnate, l’Invalsi può contare su 92 persone, di cui 62 (cioè il 67 per cento del personale) con contratto  a tempo determinato, in scadenza il 31 dicembre 2014. I lavoratori a tempo determinato sono stati già più volte prorogati, sicché 32 di loro hanno un’anzianità superiore a tre anni ed alcuni annoverano fino ad una decina di anni di precariato. 

Nel quadro normativo attuale, questi lavoratori a termine non possono essere ulteriormente prorogati, soprattutto in assenza della collaterale procedura concorsuale di assunzione che dovrebbe completare il piano straordinario di assunzione del ministro Gelmini. 

Si rischia così che dal primo gennaio l’Invalsi non abbia né risorse economiche, né risorse umane per garantire l’organizzazione dei prossimi test e per ottemperare a tutti gli adempimenti previsti dalla direttiva triennale sull’autovalutazione dell’attuale ministro, tra cui, ad esempio, l’individuazione degli indicatori per l’autovalutazione delle istituzioni scolastiche.

Sebbene non sia questo il momento delle recriminazioni, può almeno essere utile ricordare che per il piano straordinario di assunzioni dell’Invalsi (come dell’Indire) del ministro Gelmini, le risorse erano state trovate e sono acquisite nel bilancio del Miur e dell’Invalsi stesso. Pertanto, c’è solo bisogno che il presidente ed il direttore generale siano autorizzati a completare un piano assunzionale bloccato per l’irresponsabile affastellamento di provvedimenti successivi al 2011 che hanno bloccato tutte le assunzioni nella Pubblica amministrazione, dimenticando che quello dell’Invalsi era un piano straordinario già coperto con risorse certe. 

Trovare le risorse finanziarie ed umane per far partire il sistema di valutazione è il primo banco di prova per il governo che vorrebbe essere ricordato come quello che ha costruito la “Buona Scuola”.