Ma dove mai si era visto che una scuola paritaria si recasse in visita a una scuola statale? Si sa che in Italia il dibattito sulla scuola è così drogato che pensare a uno scambio o sistema integrato tra “pubblico” e “privato” o, meglio, tra scuole statali e scuole paritarie oggi sarebbe quasi come abbattere certi “muri” di lunga storia. Invece è accaduto che ben 39 ragazzi/e (due classi) del liceo linguistico Tommaseo di Milano (delle suore Marcelline) sono stati ospiti della scuola statale IIS De Nicola di Sesto san Giovanni. Il “miracolo” è stato reso possibile dalla mostra Swap sulla Primavera araba di Piazza Tahrir (Cairo) in Egitto allestita nella scuola De Nicola dal 9 al 13 dicembre scorsi.
Non poteva esser diversamente, dato che la mostra (Swap è l’acronimo di Share with all people che in inglese significa anche scambio) documenta fatti, volti e incontri di un’amicizia tra musulmani e cristiani copti “da non credere”, quasi impensabile in questo occidente; un’amicizia che se da sempre in Egitto c’è stata, ha passato i durissimi esami (con sangue e morti) di una rivoluzione, quella scoppiata in seguito agli eventi seguiti alla caduta di Mubarak e di Morsi (2011-2013), in Egitto.
Ad un certo punto ben 43 chiese copte sono state bruciate e molti cristiani, compresa una bimba di otto anni, crivellata di colpi a Giza all’uscita da una chiesa in cui si stava celebrando un matrimonio. Quel vincolo tra copti e musulmani non solo ha resistito alle forze utopiche insite in ogni movimento rivoluzionario di massa e agli attacchi terroristici ma si è rinnovata, è riaccaduta durante gli scontri di piazza e il violento braccio di ferro tra Fratelli musulmani ed esercito. Cristiani e musulmani hanno dato vita a qualcosa di più che la semplice costituzione di un fronte popolare o di una lotta per una causa comune. Si sono visti cristiani fare da cordone sanitario (un servizio d’ordine) a migliaia di musulmani in preghiera a piazza Tahrir per proteggerli da eventuali attacchi kamikaze o da infiltrati della polizia; così come si son visti centinaia di musulmani fare da scudi umani davanti alle chiese cristiane, per proteggerle.
Un fatto eccezionale è stato poi che alcuni studenti musulmani e le ragazze col velo del De Nicola, insieme ai loro compagni di classe italiani, si siano messi a spiegare la mostra a tutti gli altri studenti. Uno stuolo di ben 13 ragazzi/e si sono avvicendati come guide per cinque giorni di seguito per informare e comunicare le testimonianze che dal Cairo sono arrivate (finalmente) fino a noi con la mostra Swap. I “ciceroni” e i “virgilio” del De Nicola hanno accolto in una settimana ben 33 classi per un totale di 608 studenti di cui tre scuole medie di Sesto (don Milani, Forlanini, Breda) per un totale di 94 alunni, e quattro scuole superiori (Falck, Montale, Erasmo, Tommaseo di Milano) per un totale di 162 studenti. Ovviamente erano del De Nicola (ragionieri programmatori, geometri e liceo artistico) le restanti classi per un totale di 352 studenti.
Non sono solo cifre, sono dati di un movimento di contro-informazione andato in onda dal basso, per dire a tutti i giovani della città che nella Primavera araba non si è consumato unicamente uno scontro mortale, come si vuol far credere, di una lotta tra potere costituito ed estremisti islamici. Per i curatori della mostra i fatti di piazza Tahrir fanno capire che la rivoluzione è stata solo un pretesto, un mezzo per raccontare di ben altro accaduto in Egitto: si può riconoscere l’altro al di là di qualsiasi sua connotazione religiosa politica o di classe e ciò è possibile quando il proprio cuore è libero.
Infatti uno slogan di uno dei tanti graffiti di piazza Tahrir recitava: “Avere la libertà o essere liberi?”. Quando si è liberi, a che pro la pretesa violenta che l’altro sia come te? L’unità vera di popolo accade quando le identità di cui esso è composto sono vive, pensate e pubblicamente testimoniate. Non bisogna smussare o negare nulla della propria identità: essa, se vissuta come ricchezza, non cerca l’omologazione ma l’unità. Solo si si è incerti sulla propria identità si ha paura dell’altro. Tant’è che uno dei graffiti della mostra davanti al quale gli studenti in visita più si soffermavano era quello di Mina Daniel e di Emad Effat. Il primo un cristiano copto di 22 anni, blogger, leader della piazza Tarhir morto sotto il palazzo della tv nell’ottobre del 2011 e l’altro un professore musulmano dell’università del Cairo, anch’egli morto due mesi dopo: entrambi mostrano uno striscione in cui vi è scritto “Chi sarà il prossimo?” (cioè chi ammazzeranno adesso?). 65 giovani sono morti per difendere questo striscione. Quando la liberazione è un’istante di pienezza è già l’eternità. Alle cariche della polizia i manifestanti rispondevano con i colori e il pennello dei graffiti.
Anche qui un altro fatto accaduto durante la mostra esposta a scuola: una intraprendente classe dell’artistico ha riprodotto uno di questi graffiti, in cui si vede un ragazzo di piazza Tahrir, armato della tavolozza del pittore, mentre brandisce un pennello come fosse la sua arma in risposta ad un poliziotto che gli sta agitando contro, minaccioso, un manganello. Un’altra cosa accaduta davvero commovente è che gli studenti della classe del De Nicola hanno poi pensato di donare il graffito ai giovanissimi studenti di una scuola media di Sesto, la Forlanini, frequentata da un nutrito numero di studenti egiziani venuto a visitare la mostra.
Swap è stata un’occasione per conoscersi come persone ma anche come cristiani o come musulmani. Qualcuno chiedeva alle guide musulmane il significato di certi gesti o abitudini: perché porti il velo? ti obbligano? perché i copti portano il tatuaggio di una croce sul polso interno? Perché i cristiani copti festeggiano il Ramadan? E perché i musulmani vanno in processione quando c’è la festa del Mawlid ovvero della Madonna?
Un conto imparare in presa diretta, per un incontro, un altro per sentito dire dalla tv o dai giornali. La mostra ha fatto incontrare quel che l’ideologia strisciante, di cui spesso è infarcita la comunicazione dei mass-media, fa ritenere impossibile, cioè tanti fatti davvero commoventi, unici, che scaldano il cuore e che sono avvenuti in Egitto; una documentazione visibile udibile di come l’uomo — a qualsiasi latitudine viva e conviva — possa riconoscere e abbracciar l’altro uomo da vero fratello. Questo sentimento, se educato, è più forte di qualsiasi altro valore perché è il fondamento di tutti gli altri valori: l’altro è carne della propria carne, a prescindere da idee, pensieri tradizioni, religioni.
E’ così vero che durante la mostra gli stessi studenti egiziani, che prima nemmeno si conoscevano, hanno scoperto di essere un bel gruppo nella scuola e insieme ai loro coetanei italiani non solo è nata un’amicizia ma addirittura hanno fatto gruppo nell’Istituto, fieri di “fare” insieme qualcosa di bello. E che la mostra Swap abbia rappresentato un’esperienza vera è dimostrato dal fatto che le guide — vere protagoniste dell’evento — si sono dette disponibili ad aiutare le suore Marcelline di piazza Tommaseo e a dare ripetizioni gratuite o comunque incontrare degli studenti che studiano l’arabo (le guide del De Nicola lo parlano benissimo) dalle suore; sì, perché il Liceo Tommaseo ha aperto un corso di arabo…
E’ un problema aperto quello dell’utilizzo nella scuola di strumenti come quello della mostra Swap, che se nello specifico riguardano un fatto di attualità e lo scottante tema dell’interazione di culture e identità diverse, tuttavia sollecitano la scuola a non ripetere semplificazioni e massimalismi propalati dai media. In questo modo, forse, la scuola si approprierebbe di un ruolo non subordinato alla cultura dominante, attuando la propria natura di luogo di libertà invece che di omologazione.
PS. Un grazie agli studenti universitari musulmani della Cattolica che hanno realizzato la mostra. E un altro grazie alle mie guide egiziane, marocchine, cinesi, filippine e … italiane: Sara Nassar, Atika Lyassami, Habib Aly, Serena Abate, Hassan Amir, Caterina Ghidini, Francesca, Chen, Olivares, Neannaa detto Momo, Raffa, Schiavone e Mohamed Abd Elnabi.