Un recente incontro con i rappresentanti delle associazioni di scuole paritarie, lodevolmente indetto da Usr Lombardia, ha definito lo stato dell’arte del Clil per esame di Stato e corsi metodologica-didattici, due nodi strettamente correlati fra loro, visto che finora i docenti delle paritarie non hanno partecipato né alla formazione linguistica (questa in sé accessibile purché il docente se la paghi o se la faccia pagare dalla sua scuola) né a quella metodologica-didattica, questa assolutamente preclusa in quanto i corsi, è risaputo, sono erogati dalle università su fondi ministeriali e su approvazione del progetto didattico delle Usr. E i fondi sono esclusivamente per i docenti Dnl (discipline non linguistiche) in servizio (e certo non basteranno, pur nella seconda tornata di corsi prevista per gennaio 2015, a coprire nemmeno il bisogno formativo dei docenti che stanno già facendo Clil quest’anno); niente è previsto per i precari, e tantomeno per i docenti delle paritarie.



Il modello della formazione non è stato rivisto in alcun modo, e si continueranno a separare formazione linguistica e metodologica (la prima è appannaggio, almeno nell’esito finale del certificato C1 da acquisire, degli enti certificatori, la seconda delle università, titolari ormai di tutta la formazione della scuola secondaria, una piccola boccata di ossigeno nel continuo calo delle immatricolazioni all’università). D’altronde, non è facoltà dell’Ufficio scolastico regionale della Lombardia, o di qualsiasi altra regione, decidere alcunché della formazione o del reclutamento dei docenti. Non in Italia. 



Quanto l’Usr ha potuto fare, in quella occasione, è stato informare, attraverso i rappresentati delle associazioni delle scuole secondarie paritarie, di quanto è stato stabilito per il Clil per l’esame di Stato, illustrando il contenuto della nota del 25 luglio 2014, il cui succo è molto semplice; il Clil, obbligo ordinamentale, deve essere verificato nell’ottica della valorizzazione degli studenti e quindi solo dal membro interno (chi può verificare il Clil), solo per quanto verrà dettagliatamente indicato nel Documento del consiglio di classe (su cosa si può verificare il Clil) e solo in terza prova o nel colloquio (quando si può verificare il Clil). Il docente Dnl interno dovrebbe essere possessore di una certificazione ad hoc, quella risultante dal certificato di lingua C1 in tasca e la frequenza del corso metodologico-didattico, ma dal momento che moltissimi (e forse sarebbe più veritiero dire “quasi tutti”) docenti delle statali non saranno certificati, l’assenza di questo titolo per i docenti delle paritarie non potrà costituire motivo di non validità dell’esame stesso. Se le commissioni saranno miste (sia esterni che interni), allora ogni commissione avrà la sua storia, e potrà anche capitare che quanto fatto nella metodologia Clil non venga chiesto, perché la materia Clil è stata assegnata ad un docente esterno. Con buona pace di tutta la riforma dei cicli. E tutto nell’assoluto rispetto della legge e delle varie note applicative. 



I rappresentanti dell’Usr Lombardia hanno anche aperto un altro filone, in occasione di quella riunione, quello relativo alla formazione Clil, il cui succo è, nuovamente, molto semplice: le scuole paritarie dovrebbero lavorare sul lungo termine, assumendo docenti che abbiano competenze linguistiche adeguate e/o provvedendo alla formazione linguistica degli stessi con corsi interni e poi… attendere che la formazione metodologica, miracolosamente, arrivi anche ai loro docenti. Ad onore dell’Usr Lombardia occorre pur dire che in quella sede è stato ribadito che associazioni professionali e/o reti di scuole paritarie possono  pagare di tasca loro un corso metodologico che duplichi il corso X gestito dall’Università Y (ad es. un corso metodologico-didattico di lingua inglese identico a quello già approvato per i docenti delle statali, ma riservato ai docenti delle paritarie), sempre che l’Università Y collabori in tal senso e che Usr dia il suo benestare. Usr si è anche proposta per rilevare il fabbisogno formativo delle scuole paritarie con un’indagine apposita.

L’intenzione dell’Ufficio Scolastico Regionale della Lombardia in sé è lodevole, soprattutto se si scoprisse che iniziative simili non spuntano come funghi nello Stivale, ma di fatto conclama nuovamente la mancata realizzazione della parità nel sistema scolastico italiano e tralascia di considerare due questioni fondamentali della scuola paritaria; la prima, che senza le rette pagate dagli iscritti la scuola paritaria non può sussistere, e tantomeno coprire le spese relative ai corsi metodologici-didattici per docenti la cui mobilità, al contrario di quelli della scuola statale, non è all’interno dello stesso sistema (la scuola statale), ma sempre all’esterno, verso altra scuola paritaria o verso lo Stato.

Tuttavia, nell’attuale sistema decisamente imperfetto di due scuole, una corpo unitario e alimentato da fondi pubblici, e l’altra corpo disgregato ed alimentato dalle rette, l’unica possibilità praticabile resta quanto indicato: uno sforzo cooperativo fra scuole paritarie volto a formare i propri docenti, nella convinzione che la loro professionalità, in un piano dell’offerta formativa di significativo spessore, costituisca quell’elemento di indiscutibile valore che anche l’indice FGA della Fondazione Agnelli non ha potuto esimersi dal rilevare.